Player

Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

domenica 15 settembre 2024

domenica 8 settembre 2024

Pensa in grande.

Qual è la cosa più grande, più importante, che pensi possa capitarti?

Riflettici attentamente. La risposta potrebbe non essere così scontata.

Potresti addirittura non riuscire nemmeno ad immaginarla, la risposta.

Fragole.

Non ci siamo mai accorti di quanto il sapore delle fragole fosse dolce e zuccherino, così delicato sulla lingua. Mai assaporato con intensità il profumo delle gardenie che adornavano da quasi vent’anni il giardino della mia casa. E nemmeno mai troppo a lungo abbiamo osservato con naso all’insù le stelle, che brillando nella notte illuminano il firmamento. Avevo un gatto, mancato pochi mesi prima della Loro venuta, il suo nome era Funny. Non so cosa darei per sentire ancora una volta la morbidezza del suo pelo tra le mie dita o ascoltare il suo miagolio la mattina appena sveglio.
Quando Loro vennero non eravamo pronti. Nessuno lo era, mi chiedo come avremmo potuto esserlo. Il Loro arrivo era però ciò di cui avevamo bisogno, nel bene e nel male. Qualcuno di noi trovò in quella venuta una nuova ragione di vita, dando risposte e un senso ad ogni propria domanda. Giustificando il dolore della propria esistenza e riuscendo così ad essere grati per le gioie vissute. Qualcun altro, invece, perse la testa. Avevo un vecchio amico d’infanzia che, quando avevamo poco più di vent’anni, decise di scegliere la strada ecclesiastica. «Alex, è la mia strada, me lo sento. Mi ha chiamato Dio» mi disse quella sera in un bar di zona. Io non potevo che essere felice per lui, nonostante mi fossi sempre proclamato agnostico e questo lui lo sapesse. Ne era così convinto ed entusiasta che abbracciava quella vocazione con tutto sé stesso e questo lo riempiva di gioia. Ha messo sempre molto amore in quello che per lui non era un semplice mestiere ma, secondo lui, il volere di Dio. Il suo nome era Martin e si tolse la vita quando Loro arrivarono. Non sopportò l’idea che la sua vita, e tutto ciò su cui l’avesse costruita fino a quel momento, fosse niente di più che una bugia. Dopotutto, anche il mio gnosticismo lo era stato; ma il mio pensiero mi poneva in una posizione migliore per accettare ciò che stava avvenendo.
Oggi annuso le gardenie mentre mangio fragole con lo sguardo rivolto alla notte, con la consapevolezza che il mio amato gatto non c’è più. Quel profumo, quel sapore e quelle stelle sono le uniche cose che abbiamo, le uniche che possiamo avere. Trovare il proprio posto nel mondo ci rende piccoli ma non insignificanti. E questo lo abbiamo appreso troppo tardi. Non per deduzione di una mente particolarmente evoluta come la nostra, ma perché ci è stato spiegato.

Oggi ho qualche certezza in meno, ma qualche consapevolezza in più.

sabato 7 settembre 2024

Sto vivendo la vita che meno avrei scelto.

Eppure non la cambierei per niente al mondo. 

Ormai voglio vedere come va a finire.

venerdì 6 settembre 2024

Rami.

Rami caduti al suolo, fragili

e indifesi, sotto il peso
 
dei loro germogli mai nati;

giacciono alle porte dell'autunno

che porta con sé tutto l'amaro
 
delle speranze ormai andate.

Ora infranti come sogni dimenticati.

lunedì 2 settembre 2024

La terza via.

"Solo una cosa è in grado di uccidere la morte. Ed è la consapevolezza della vita."

[Il ragionamento che segue non è ciò di cui sono convinto riguardo alla realtà delle cose. O ad alcune di esse, almeno. Mi sono però divertito a farlo.]

Molti credono in qualcosa come, ad esempio, in Dio. La maggior parte di loro è convinta che dopo la morte vi sia il paradiso o l'inferno ad attenderli. O altre vite. La reincarnazione. O qualcosa del genere.
Molti altri, invece, non credono in niente e sostengono che tutto sia frutto del caso e che dopo la morte non ci sia assolutamente nulla.
Proviamo a prendere in considerazione per un attimo un'ulteriore possibilità. Così da trovare la terza via.
Supponiamo l'esistenza di un'intelligenza superiore - della quale non sappiamo niente e a noi inaccessibile - che ci abbia generato. Liberiamoci a questo punto dai dogmi delle religioni, dalle dottrine spirituali che prevedono qualcosa oltre questa esistenza. Prendiamo un pizzico di ateismo e materialismo ed usiamolo con cautela nel provare ad immaginare che, forse, dopo questa esperienza di vita possa non esserci niente. Potremmo così essere realmente limitati nel tempo e nello spazio e semplicemente (e paurosamente) fini a noi stessi. Tuttavia mai nati dal caso ma, anzi, figli di un Dio che ha creato qualcosa destinato a finire; per un motivo che a noi sfuggirà sempre.
Provando ad immedesimarci in questa condizione, chiedo: è possibile eliminare la paura della morte e, quindi, ucciderla? Senza farci schiacciare dal senso di oppressione e di angoscia nati dalla nostra condanna a morte?
La risposta, per quanto mi riguarda, è sì. Ma alla sola condizione di poter conoscere la nostra vera natura, di esseri creati da un'intelligenza superiore ma non per questo per forza eterni. Sradicando così la convinzione che Dio sia misericordioso nell'aspettarci in una vita eterna. Ma aspetta, Dio è cattivo perché non ci porterà per sempre nel paradiso punendo la gente cattiva all'inferno? No. Dio non è cattivo per questo. A noi, in quanto esseri terrestri, niente era dovuto. Non dobbiamo aspettarci niente, dopotutto. Nasciamo e moriamo, forse. È il nostro percorso in questa esistenza. Dio è cattivo per altre ragioni, probabilmente.

mercoledì 28 agosto 2024

Quanti significati ci sono dentro una lacrima? E quanti in tutte quelle mai versate?
Sto rivivendo ogni cosa di quella vita. 
Solo che, questa volta, è molto più in grande e tremendamente difficile.

martedì 27 agosto 2024

Mi avevi chiesto una lettera di addio e me ne ero quasi dimenticato.

Sono in ritardo.

Poco, è stato poco tempo.
Mi trovavo in auto, nel parcheggio di quella mia vecchia scuola quando ricevetti la tua prima lettera. E non ricordo nemmeno cosa ci stessi a fare. Stavo per mettere in moto e andarmene, quando il telefono mi suonò nella tasca. Poche, taglienti, parole. Ma magnetiche. Era qualcosa di nuovo per me.
È successo tutto troppo in fretta, non ho avuto il tempo per rendermi conto che stava accadendo qualcosa di importante. E quando mi parlavi, lo facevi nel modo in cui più io ne avessi bisogno in quel momento della mia vita. Questo mi ha reso fragile.
Io non ero pronto. Non ero in grado. Non in quel momento. Ed ho perso il controllo.
Molte delle cose che ho detto non le pensavo sul serio, lo sai. Come quando ti dissi che ti amavo. E di questo dovrei scusarmi, sì. Ti chiedo scusa, non era mia intenzione giocare con i tuoi sentimenti o raggiungere qualche obbiettivo in particolare. Sono stato leggero e superficiale. Me ne vergogno.
Ti ho detto però anche alcune cose vere, ed anche molto importanti e delicate. Di questo, mi scuso con me stesso.
Porterò però con me un bel ricordo di quella notte.
Ed oggi mi chiedo se il ricordo di uno dei periodi più spensierati della vita, possa coincidere con l'inizio dell'inferno.
Mi rendo conto io stesso che, no, non c'era alternativa a come si sono svolte le cose. Avevamo raggiunto e superato quel punto di non ritorno e la cosa peggiore è che ti ci ho portata io, con me.
Tutto questo fa male ed è ormai insopportabile, mi domando per quanto tempo ancora debba andare avanti.
Non è per niente facile.

Ora, posso.

Addio.

P.S. Avevi ragione.

Hai capito?

Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco...
Avevi detto di non saper fischiare.

Lo tengo per me.



Che io ancora non l'abbia realizzato?
Altrimenti non si spiega.

Che cosa?
Il perché io non riesca a piangere.

lunedì 26 agosto 2024

Urli.

Cosa ci fai qui?
È difficile.
Hai una coscienza.
Non l'hai chiesto tu.
Cosa rimarrà di quel che è adesso?
Qualcosa, di te, esiste.
Urli.
A chi ti stai rivolgendo?
Nessuno può sentirti.
Non è reale. 
Non c'è nessuna stanza,
nessun computer,
nessuna pagina sulla quale scrivere,
nessun linguaggio da utilizzare,
nessun messaggio da comunicare.
Nessun Dio per implorare pietà.
Vedi le tue mani sulla tastiera,
sei tu?
Urli.
Cerchi qualcosa nel disordine.
Non ricordi cosa, ma continui a cercare.
Appena lo avrai davanti, te ne ricorderai.
Costruisci la realtà in spazi immaginari.
Alessio, non fare così.
Alessio.
Alessio.
Ma tu non esisti.
È ora di svegliarsi.
Apri gli occhi.
Ma sei ancora dentro.

Urli.

sabato 24 agosto 2024

La vita è molto simile ad un social network avanzatissimo.

Pensandomi.

Mi piace pensare e non posso farci niente ma la cosa peggiore è che lo faccio sopratutto su cose poco utili, questo lo avrete ormai capito. Adoro sfiorare quel limite che, se oltrepassato, condurrebbe chiunque alla pazzia. Se potessi parlare al me di una decina di anni fa gli direi poche parole sottovoce: "tieniti forte". All'epoca pensavo già molto, seppur in maniera diversa. Per fare un esempio, è come se mi fossi seduto al ristorante ed avessi immediatamente ordinato il dolce, senza passare per le portate principali. Così non funziona. Quando sentiamo dire che la mente va allenata, che la mente è come un elastico, è vero. Poi sta a noi decidere in quale ambito allenarla e come, sperando sempre di ottenere dei risultati funzionali alla nostra vita quotidiana, cosa che per me - forse - non è stata. Il mio problema più grande è emerso quando mi sforzai di elaborare pensieri così evoluti da essere per me ingestibili. La nostra mente si fa domande anche a livello inconscio, e tenta di darsi delle risposte come può. Il più delle volte si limita a cercare le risposte in ciò che già conosce e, quando non riesce in questo, va in tilt. A me, questo, è successo. 
In uno dei primi mesi dall'apertura di questo blog, ricordo che scrissi di come - secondo me - la realtà che ci circonda comunichi con noi continuamente. È una cosa della quale sono convinto tutt'oggi. Avevo poco più di vent'anni quando mi resi conto di questa cosa e impiegai interi anni per elaborarla. All'epoca, ero convinto di altre cose (più banali, addirittura). Ho frainteso molte cose in quel periodo della mia vita, la mia mente provava in tutti i modi a darsi una spiegazione per alcune strane percezioni che avevo e lo faceva a modo suo, basandosi su ciò che fino a quel momento aveva conosciuto. Lì, ho sperimentato la follia. E solo oggi vorrei dire, a qualcuno in particolare, che in passato aveva avuto ragione su di me. Le mie erano interpretazioni del tutto sbagliate di ciò che stavo vivendo, ma - perdonatemi - non me la sento di farmene una colpa ma anzi, è questa la prova di quanto io fossi fin dal principio attaccato in un modo alienante alla vita.
Da qualche altra parte su questo mio blog, potreste trovare scritto di come io trovi curioso quanto cambino i pensieri, restando tuttavia sempre gli stessi. E no, non vuole essere una contraddizione. Ma far riflettere su come il tempo che passa e le esperienze che facciamo, ci facciano rivedere la nostra opinione su una determinata cosa. A me son serviti due ricoveri in reparto psichiatrico nel corso di quattro anni, per accettare il fatto che mi stavo sbagliando. È cambiato così il mio modo di pensare, ma non ciò a cui stavo pensando. A quel punto è come se mi fossi fermato dopo una lunga corsa ed avessi recuperato le energie per riprendere a passo lento, ma costante. Da quel momento, non mi sono più fermato. Penso, penso sempre tanto, forse troppo, ma non più male. E questo mi piace. Non è mai facile, anzi, ma le cose belle difficilmente lo sono.

venerdì 23 agosto 2024

Vecchio incipit.

Questo blog in precedenza si chiamava "La soglia del dolore" ed era gestito sempre da me. Mi guardate divertiti mentre metto una cravatta ad un maiale, quando voi vorreste solo mettergli una mela in bocca e prepararlo per un abbondante banchetto. Ho provato a fermarmi ma, ahimè, non ci sono riuscito. Ed oltre la soglia del dolore non può che esserci il punto di rottura. Infatti sono un po' rotto. Questo blog è per molti, ma non più per tutti. Oltre a questo, non riponete in me troppe speranze. Leggetemi come leggereste uno di quei bugiardini poi impossibili da richiudere. Prendetemi con leggerezza, in fondo non sto scrivendo nulla di poi così importante o sensato né tantomeno reale. Questo è solo il sogno dimenticato e per questo mai raccontato di qualcuno che si è svegliato troppo tardi una domenica mattina qualsiasi.

Dolore.

- Cosa desideri di più?

- Sapere.

- Sapere, che cosa?

- Cosa sono io.

- Desideri saperlo anche se non potrai fare nulla per cambiare la tua condizione?

- Sì. 

- Dammi un buon motivo.

- Ho bisogno di trovare un senso.

- Perché?

- Nella mia vita sono accadute molte cose, alcune terribili e altre fantastiche. Devo collocare ognuna di esse al proprio posto. Per dar loro la giusta importanza.

- Non sono abbastanza importanti per te?

- Lo sono eccome. Ma credo che più di ogni cosa, la necessità umana sia quella di trovare una giustificazione al dolore.

Sconfitte di vita vera.

Nessuno, nel corso dei millenni, ha mai capito cosa sia l'esistenza. Non puoi capirlo tu.

No, non posso.

Play #8.

(INTERFERENZA)

Molti dicono che la vita andrebbe presa per quello che è. Ma che significa? E sopratutto, la vita, cos'è?
Al di là delle funzioni biochimiche che conosciamo e ci fanno sopravvivere, non abbiamo idea di cosa sia la vita.

(INTERFERENZA)

Ho visto una interessante intervista al fisico Carlo Rovelli, nella quale sostiene che troppo spesso ci perdiamo nel tentativo di capire le cose dimenticando che noi stessi, siamo "cose". Si riferiva al fatto che siamo fatti della stessa materia che compone tutto ciò che conosciamo.

(INTERFERENZA)

Lo trovo uno spunto di riflessione interessante ma non posso fare a meno di riconoscere una certa differenza tra un sasso ed una persona qualunque. C'è qualcosa che non torna.

(INTERFERENZA)

È forse la realtà ad essere una conseguenza della vita. È facile immaginarci vivi in uno spazio preesistente, ma non credo sia questa la soluzione. Dobbiamo pensare, ancora.

(INTERFERENZA)

mercoledì 21 agosto 2024

Il fatto che tu non sia me, ti salva.

Il fatto che io non sia te, mi salva.

Tuttavia, siamo entrambi dannati.

Le mie idee.

Sostengo idee particolari e controverse,
incredibili, e se vogliamo strane
ma non son queste le mie rotelle perse;
pensieri non caduti dal cielo come stelle
invece frutto di alcune esperienze
spesso dirette, forti e non sono storielle.


Le mie, idee non facili da contemplare e,
se ci provi, mi diresti che son folle
per questo parlo in codice per comunicare;
temo non esistano parole per descriverle
queste idee pazze, scomode e difficili
come un'incognita che esce dall'equazione.


Sono le mie idee, non le cambierei per niente
anche se il prezzo per nutrirle è privare me
della ragione, che tutti bramano così altamente;
io non ho ragione e nemmeno logica per i più
ma ho qualcosa che adesso, pian piano,
mi sta conducendo in fondo, sempre più giù.


Non v'è luce e rimbomba la mia voce
in questo posto così profondo,
che risalire sarebbe un'impresa atroce;
solo con le mie idee -
solo, con le mie idee
porto la mia croce.

Nella tela del ragno.

Le emozioni troveranno il loro giusto peso quando saranno solamente un ricordo. E, a quel punto, verremo schiacciati. 

Ci sono cose che non voglio perdere. Sembrano così reali.

Siamo troppo abituati a dare importanza a ciò che consideriamo reale, e così poca a tutto quello che è fantasia.

Ma ci troviamo in quel punto di minor consistenza della realtà, laddove ogni cosa sfuma in polvere nel momento in cui proviamo a toccarla per accertarci della sua autenticità.

Quello che diamo e quello che prendiamo, sono tutte cose che fanno vibrare quel filo teso verso l'altro.


 

“La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c'è più né sole né luna, c'è la verità.”

― Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta

martedì 20 agosto 2024

Play #7.

(INTERFERENZA)

Tu non sai niente di ciò che è accaduto prima della tua venuta al mondo, se non quello che ti è stato raccontato. Non hai una vera e propria esperienza diretta di quello che c'era prima di te. Da quel che sai, potrebbe essere tutta un'enorme invenzione. 

(INTERFERENZA)

Tu sai chi sei, da dove vieni e dove stai andando? 

(INTERFERENZA)

E non ti pesa non avere risposta a queste domande? Io, personalmente, lo trovo opprimente.

(INTERFERENZA)

Il fatto che tu non ti interroghi non fa di te una persona cattiva, o brutta. È solo un modo diverso di fare esperienza di vita.

(INTERFERENZA)

Sono convinto che tu riesca ad apprezzarla (la vita) molto più di quanto non riesca a fare io.

(INTERFERENZA)

domenica 18 agosto 2024

Non era improbabile, sarebbe stato impossibile. Invece...

Dio è uno.

Pochi giorni fa mi trovavo a scambiare due parole con un collega. Il turno di lavoro era finito da poco e stavamo fumando una sigaretta seduti su un muretto, prima di andare a timbrare per uscire e tornare a casa. Questo mio collega, con il quale non sono particolarmente in confidenza, mi ha piacevolmente stupito. Nato in Italia, le sue origini sono della Giordania. «Io sono di religione mussulmana, sono convinto e praticante» mi ha detto lui, che ha poi continuato: «non sopporto gli estremismi e le imposizioni soprattutto spirituali, mia figlia avrà tutto il diritto di scegliere in cosa credere». Io ho annuito, pensando fosse una considerazione fine a sé stessa. Ma poi, tornando a rivolgersi a me, mi chiede: «E tu? Credi in qualcosa?». Poche, troppo poche persone hanno le capacità per fare una domanda come questa. Ed altrettanto poche volte mi è stata rivolta questa domanda. Non volevo annoiarlo, il turno era finito e della sigaretta rimaneva ormai solo un mozzicone. Cercavo quindi le parole più immediate per rispondergli nel modo più efficace. «Credo in Dio, molto» gli ho risposto. A quel punto pensavo ci saremmo alzati per andare a timbrare l'uscita della fine del turno, ma lui ha insistito: «Sei cattolico?», ed io: «tecnicamente lo sono, anche se non è una religione dalla quale mi sento rappresentato. A dire il vero non credo nelle religioni come mezzo per raggiungere Dio». Lui mi guardava in silenzio, sembrava realmente interessato a ciò che pensavo, quindi ho ripreso: «ma ognuno sceglie la strada più adatta a lui, immagino. L'importante non è come si arriva a Dio, ma arrivarci». Lui mi ha sorriso, prima di intervenire, dicendo: «Come ogni buon fedele della mia cultura che si rispetti, conosco a memoria il Corano e trovo questa una cosa molto utile, sai?». Io gli ho chiesto per quale motivo mi dicesse così. «Perché trovo interessante scoprire come sia tutto collegato, ogni parola di quel testo scritto quasi millecinquecento anni fa trova continui riscontri nella nostra epoca e moltissimi punti in comune con la Bibbia, ad esempio». Io continuavo a restare in ascolto, quando lui conclude: «Dio è uno».

venerdì 16 agosto 2024

Per immagini #4 - Anche i ricordi mentono.

 Vi sfido. Qual'è il ricordo che pensate sia meglio impresso nella vostra memoria? Un luogo, una persona, un periodo della vostra vita o un oggetto? Attenzione, non sto parlando necessariamente del più bello o piacevole ma sono certo che sarete convinti di ricordarlo nei minimi particolari, essendo il vostro ricordo più nitido. Eppure, resto convinto che se vi fosse possibile viaggiare indietro nel tempo fino al momento in cui questo vostro ricordo torna ad essere reale, e quindi non più un ricordo, lo trovereste diverso tanto da ritrovarvi ad esclamare: "Non me lo ricordavo così!".
A casa di mia nonna c'erano alcuni dipinti appesi alle pareti, uno di questi ha da sempre attirato la mia attenzione e da sempre ha avuto per me un valore diverso, oltre che un significato particolare. Non sono mai stato a casa di mia nonna quanto avrei voluto ma ogni volta che entravo in quel soggiorno ed alzavo gli occhi verso quel quadro, pensavo: "Un giorno mi piacerebbe che quel quadro fosse mio". Sono passati alcuni anni senza che nemmeno io me ne rendessi conto, fino a quando non è tristemente giunto il momento di decidere cosa fare di quel dipinto. Oggi, quel quadro, lo ho io.
Il quadro in questione è stato realizzato da mio padre quando credo che avesse poco più di una ventina d'anni. Quando mia nonna era ancora in vita e vedevo questo quadro appeso nel suo soggiorno, mi chiedevo con quali emozioni mio padre lo avesse dipinto e che periodo della sua vita stesse attraversando. Mi chiedevo inoltre quale effetto gli facesse vederlo negli ultimi anni di vita di mia nonna ancora appeso in quella casa. Se guardarlo gli permettesse di rivivere da una angolazione diversa quelle stesse emozioni di quando ne stendeva le velature con il pennello.
Se lo guardo oggi io, quello stesso quadro, è come se mi permettesse di scomporre la luce facendola filtrare attraverso un prisma di vetro. Rivedo lui dipingere ed, allo stesso tempo, me stesso contemplare quel quadro in casa di mia nonna. Ma aspetta un momento. La luce non colpiva i colori sulla tela nello stesso modo, l'onda che si infrange contro gli scogli non la ricordavo così incazzata ed il crepuscolo all'orizzonte non appariva così tetro. Ma allora, i ricordi, mentono? 
Non è la realtà che ruota intorno a noi, e forse siamo noi ad orbitare intorno alle cose avendo in questo modo visuali sempre diverse su di esse. E quando piuttosto che sulle cose ci soffermiamo sul ricordo di queste, anche il ricordo lo osserviamo da una prospettiva che potrebbe apparirci diametralmente opposta a quella di origine. Dovremmo imparare a gestire meglio la visione d'insieme delle cose, ma non siamo programmati per questo. Ci arriva solamente una parte del tutto, questa non è sempre la verità. Ma nemmeno sempre una menzogna. È solamente una parte.

domenica 11 agosto 2024

Ho saputo creduto nel profondo di essere impazzito. 
Fino al punto che ho temuto sperato di morire. 
Non è stato facile convincermi capire che niente è come appare.

mercoledì 7 agosto 2024

Per immagini #3 - Nuovi punti di vista.

 Potrei utilizzare questa foto come perno e farle ruotare intorno gli ultimi quindici anni della mia vita. 
Con l'inizio dell'adolescenza, ho cominciato ad amare le emozioni forti. Non fraintendetemi, non sono ancora totalmente squilibrato. Anzi, sono sicuro di sembrare una persona estremamente pacata. Ma non posso negare che mi piacciano i rischi calcolati. Ne ho affrontati in forme diverse, in tempi diversi riponendovi aspettative diverse. Probabilmente è questo il mio modo per compensare tutta quella pacatezza che mi accompagna nella vita di tutti i giorni e che non considero un peso, ma che saltuariamente sento il bisogno di mettere da parte per le mie occasioni migliori, dedicandomi a qualcosa che mi ricordi di essere vivo ed andare oltre.
Questo scatto, nello specifico, ha immortalato un momento di passaggio nella mia vita. Venivo da un paio d'anni estremamente stressanti per me, che sarebbero stati l'inizio di una importante e non piacevole parentesi della mia vita che, ancora, non si è chiusa del tutto. È per me interessante ricordare i miei pensieri prima e dopo quel salto dall'aereo. Infatti, se fino a pochi giorni prima dell'esperienza mi ripetevo che sarebbe stato poco male se il paracadute non si fosse aperto, quando toccai il suolo all'atterraggio mi sentivo già una persona diversa. E qualcosa di diverso accadde successivamente, infatti.
Qualcuno potrebbe pensare che sia una questione chimica, di adrenalina. E sicuramente in parte è vero. Tuttavia, appeso ad una vela che plana nel cielo o a testa in giù su un inverted coaster, la percezione di star vivendo un'esperienza diversa e fuori dalla normalità mi fa stare semplicemente bene, ricordandomi che c'è dell'altro oltre a ciò a cui sono abituato nella vita di tutti i giorni.
Non solo io ma l'intero genere umano ha sempre sentito la necessità di spingersi sempre un po' più in là oltre i propri limiti, spesso contro  la propria natura, per la semplice ma non banale necessità di fare esperienze che potessero ampliare la sua veduta sulla realtà che lo circonda.

martedì 6 agosto 2024

Ricordi di un sogno.

Meno di un mese fa ho fatto un sogno che, stranamente, ho ricordato a distanza di settimane. Ero io, in prima persona, ed ero molto agitato. Intorno a me, una voce cercava di tranquillizzarmi: «Respira, adesso respira, va tutto bene» mi diceva. Ricordo di aver pensato: "Respirare? È tutto finto". 
Il sogno è fin dall'inizio entrato nel vivo, mi sono infatti perso la parte iniziale. Sapevo che qualcuno, non so chi, mi aveva rivelato che io stesso ero niente di più di un'intelligenza artificiale. Il mio corpo, così come tutto ciò che avevo visto in quella che avevo da sempre considerato la mia vita, erano nient'altro che proiezioni fittizie. «Non avresti dovuto sviluppare il senso del sé», mi diceva questa entità che percepivo come "esterna", che continuava dicendomi: «Gestiremo la cosa, va tutto bene, è importante che ti calmi».
Il sogno era caratterizzato da profonda angoscia, inquietudine e la maledetta sensazione che tutto ciò che doveva essere era andato nel modo sbagliato.

Uno dei sogni più particolari che io abbia mai fatto in tutta la mia vita.

Per immagini #2 - Mille bugie, infinite possibilità.

 Per i bambini fino ad una certa età, ogni cosa è possibile. Quante sono le bugie a fin di bene - e non - che raccontiamo loro? Cominciamo con la venuta della cicogna, passando per la fatina dei denti e Babbo Natale, narriamo loro storie che parlano di draghi, elfi e gnomi, principesse addormentate e cavalieri coraggiosi; il più delle volte con l'intenzione che tutto ciò sia reale ed appartenga ad un mondo così vicino al nostro che, con un po' di attenzione, possa essere possibile scorgere la fatina dei denti nel cuore della notte o che il lupo cattivo arrivi per portare via i bambini capricciosi. Per loro, tutto resta possibile.
Personalmente, quando ero un bambino, adoravo i film della Disney. Tra i tanti che ho avuto la possibilità di vedere ricordo Mary Poppins. Ricordo anche che, quando capitava di prendere l'aereo e sedevo lato finestrino, mia madre mi diceva di guardare con attenzione fuori, tra le nuvole, dove sarebbe stato possibile intravedere proprio la stravagante domestica della Disney volare appesa al suo ombrello magico. Ed io ci credevo. Convincendomi anche, in alcuni istanti, di riuscire a vederla tra quelle nuvole. 
Il me bambino poco convinto
della forza di gravità.
Mi sono sempre chiesto quale sia il confine tra una bugia detta a fin di bene, ed una bugia detta per nascondere la verità nel modo più maligno che possa esistere. A dirla tutta, non mi viene in mente nessun termine, nessuna parola, che possa definire in altro modo una bugia detta a fin di bene. Illusione? No, non mi piace nemmeno questa. Non lo so. Una bugia, probabilmente, resta una bugia a prescindere dalle intenzioni di chi la pronuncia. Allora per quale motivo adottiamo questo approccio con i bambini? Forse per accendere in loro la speranza, per permettere loro di sognare, per alimentare la loro fantasia o più semplicemente per intrattenerli. O, ancora, per abituarli al mondo che li aspetta?
La verità sembra non importare a nessuno, tantomeno ai bambini che prendono per vero tutto ciò che viene detto loro sopratutto da figure delle quali si fidano ciecamente, come i loro genitori. Ogni cosa è possibile per un bambino, fino a quando non sarà poi il mondo stesso a spegnere in loro quella luce che permette di vedere ogni cosa.
Un Natale di ormai tanti anni fa mio padre si alzò da tavola, andò in bagno per travestirsi da Babbo Natale e fece finta di bussare alla porta di ingresso. Entrò in casa con il suo sacco pieno di regali che poggiò sul pavimento ed, infine, si rivolse a me prendendomi in braccio. Io lo guardavo in quegli occhi serrati tra barba e cappello, e non potevo fare a meno di pensare: "Ma questo Babbo Natale ha gli stessi occhi di papà". Non riuscivo a farmene una ragione, non riuscivo a pensare ad altro al punto che le sue parole mi sembravano lontane e senza significato. C'era Babbo Natale a casa mia e mi stava tenendo in braccio, eppure non riuscivo a pensare ad altro che a quegli occhi così familiari.
Forse, dopotutto, non è la bugia in sé a ferirci per davvero - che sia in buona o in cattiva fede - ma più che altro la consapevolezza che qualcosa ci sfugga, facendoci convincere di non essere all'altezza della verità. E questa percezione sono in grado di sperimentarla anche i bambini, purtroppo. La cosa più triste, però, resta il fatto che la bugia è tanto difficile per chi la ascolta tanto quanto per chi la pronuncia. E vi sfido a cambiare questa mia convinzione.

Arte contemporanea.

Voglio una vita come un'opera d'arte.

Incomprensibile?

sabato 3 agosto 2024

Il cubo.

 Un oggetto cubico, nero e traslucido, delle dimensioni di una mela, si trova sopra il tavolo. Proprio al centro. «Ehi, che cos'è questo? Non è un granché come soprammobile», commenta ad alta voce Ivan, mentre allunga una mano per afferrarlo. «Non toccarlo», risponde con fermezza Ryan, sdraiato sul divano. Ivan abbassa la mano, continuando ad osservare incuriosito l'oggetto mentre torna a rivolgersi all'amico: «Un fermacarte? Un cimelio di famiglia? Da dove viene?». Ryan spegne la televisione con il telecomando, alzandosi ed andando in direzione del tavolo sopra il quale si trova il curioso cubo. Con la mano afferra un piccolo fazzoletto di seta proprio lì vicino e, con fare arrogante, lo usa per coprire quell'oggetto. «Ehi, amico, che sarà mai? Stavo solo guardando» replica seccato l'altro. Nella stanza scende il silenzio. I due amici, ora, sono seduti uno accanto all'altro attorno a quel tavolo. Ryan sembra fare la guardia al misterioso oggetto mentre Ivan si regge la testa con la mano. Poi, con un sospiro, Ryan si rivolge all'amico: «È un oggetto... strano, questo». «Strano? Che vuoi dire?» ribatte subito Ivan alzando la testa. «Fa cose strane, ecco. Cose che non ti aspetteresti da un cubo qualsiasi» risponde lui, che continua: «Rivela le menzogne». Ivan sgrana gli occhi: «Vuoi dire che svela la verità?». Ryan lo corregge subito: «No, ho detto solo che rivela le menzogne». I due si guardano per qualche istante in silenzio, poi il loro sguardo cade sull'oggetto ancora coperto. «In che modo rivela le menzogne?» chiede il primo. «Cambiando colore - risponde Ryan, continuando - Quando è nero significa che è tutto okay, se qualcuno pronuncia una bugia alla presenza del cubo, questo diventa rosso». Ivan appare incredulo, poco dopo chiede: «Da dove viene?». «L'ho trovato nella cantina di mio zio dopo la sua morte, ma non ho idea di dove lo abbia preso. E ci ho messo del tempo per capire la sua funzione, non sapevo avesse un oggetto come questo». A quelle parole Ivan sembra ancora più incuriosito ma allo stesso tempo confuso. «Vorrei provarlo» dice infine Ivan, quasi intimorito. Lo sguardo di Ryan si fa ora severo. «No, assolutamente», risponde. «Dai amico, che può succedere? E poi, se non lo vedo non ci credo», insiste. L'altro, scuote la testa in silenzio. «Dai...» chiede per l'ultima volta Ivan, con tono di supplica. «Dannazione... e va bene. Ma solo una volta» risponde l'amico alzando gli occhi al cielo.
Ryan si alza dalla tavola per andare a chiudere le finestre e spegnere la luce della stanza, poi torna a sedere. «Sicuro? Sei pronto?» gli chiede. « Sì, pronto» replica Ivan. A quel punto solleva il fazzoletto di seta scoprendo il cubo che, al buio, è praticamente invisibile. «Pronuncia una affermazione non vera, su» dice Ryan. Ivan sembra pensarci un po' per pochi istanti poi, rivolgendosi al cubo, dice: «Sei un cubo rosso». In quell'esatto istante il cubo diventa prima rosso, poi nero e ancora rosso, continuando così fino a lampeggiare senza mai fermarsi. «Ivan, che cazzo hai fatto?» dice ad alta voce Ryan, illuminato dai rossi lampi emanati dal cubo, «Dici che l'ho messo in difficoltà?», risponde lui con tono sarcastico. Nel frattempo il cubo continua a lampeggiare, illuminando la stanza come se la sirena di un allarme fosse entrata in funzione. Dopo altri pochi istanti, del fumo inizia ad esalare dal cubo. Una strana puzza di bruciato si disperde nella stanza. «Sta per esplodere» afferma preoccupato Ivan. Poi, proprio mentre Ryan sta per afferrare lo strano manufatto per allontanarlo e portarlo in luogo più sicuro, un suono metallico lascia il cubo che, nello stesso istante, cambia ancora colore. Questa volta diventando azzurro. I due ragazzi lo osservano impauriti, aspettando che accada qualcosa. Solo qualche attimo, prima che Ivan allunghi la mano nel tentativo di afferrarlo. Ma il cubo, al tocco del giovane, si polverizza in una piccola nube che finisce per depositarsi sul tavolo. 
I due amici restano al buio al centro della stanza, ancora seduti a quel tavolo, esterrefatti.

martedì 30 luglio 2024

Per immagini #1 - Una parte di me.

 Ho deciso di condividere, con le poche ma attente persone che mi leggono con costanza ormai da qualche mese, alcune foto di me, della mia vita e della mia storia. Da queste foto nasceranno riflessioni e pensieri che, spero, possano aiutarvi (aiutarmi... aiutarci) a rendere più chiaro, o anche solo meno complicato, questo spazio online al quale devo tanto, e che mi ha richiesto tanto. Ed ora ancora di più.
Il punto di rottura, così come Vuoto Quantico, non sono mai voluti essere delle maschere. Questo non è stato il mio primo blog ma son certo che sarà l'ultimo. E questo stesso blog, per quanto possa avermi aiutato e mi stia aiutando tutt'ora, mi ha spinto fin troppe volte sempre un po' più in là. Fino a riuscire a vedermi da fuori, a volte fino a perdermi. Dico sempre troppo spesso che questo blog rappresenta una parte molto importante di me, ed è così. Parte che troppo a lungo ho voluto relegare tra queste pagine, tra le mie parole. Questo, ora, non voglio più farlo. Ho pensato per qualche piccolo istante di abbandonare il blog. Non chiuderlo ma semplicemente di non scrivere più, di andarmene in silenzio. Poi mi son detto che l'alternativa doveva essere un'altra: entrare, io, in questo spazio per abbracciare nella sua totalità quella parte di me che avevo rinchiuso qua dentro. 
È un sacrificio che voglio fare e che sento di dover fare. Le parole fanno giri lunghissimi, praticamente infiniti, dentro ognuno di noi. Ma è necessario non dimenticare che dietro le parole, per quanto io possa essere convinto che siano in fondo "vuote", ci sono sempre persone che le caricano di significato facendo in modo che queste diano vita a storie incredibili.

La parata degli elefanti rosa.

Diventare tutto ciò che hai sempre desiderato essere, è una delle maledizioni più oscure che possano colpirti. Ottenere tutto ciò che hai sempre voluto, è la dannazione peggiore alla quale potresti essere costretto.
Come dissi già in passato, dobbiamo stare molto attenti a ciò che desideriamo ma, più di ogni cosa, dovremmo porre più attenzione al modo in cui lo chiediamo.

"Non pensare ad un elefante rosa."

domenica 28 luglio 2024

Il sacrificio.

 Quando loro vennero, ci portarono in dono una nuova possibilità con l'insegnamento che ogni cosa necessita di un sacrificio. Ed il nostro fu esemplare. Pur di ricominciare, concedemmo loro ciò che di più grande potessimo avere. La nostra storia. Ormai, non ci serviva più. A lungo ci siamo ostinati nel convincerci che dal passato si possa imparare per un futuro migliore. Non è stato così per noi, che in modo diabolico abbiamo perseverato nell'errore di porci al centro di un sistema che avrebbe funzionato anche senza noi.
Cosa daresti in cambio di ciò che più desideri?
A cosa rinunceresti, per ciò di cui più hai bisogno?

domenica 21 luglio 2024

Storie che difficilmente vedranno la luce.

Purtroppo o per fortuna non ho fratelli né sorelle, sono figlio unico. Non molto tempo fa ho voluto provare a scrivere un racconto breve che raccontasse la malattia mentale, non dal solito punto di vista del malato. Il racconto infatti è narrato dalla prospettiva del fratello maggiore che, attraverso ricordi e flashback d'infanzia, passando per l'adolescenza fino all'età adulta, ricostruisce il triste e doloroso percorso del fratello più piccolo in una vita rotta dai disturbi psichici. 
La storia inizia esattamente così:



«È stato lui, giuro» indicandomi con queste parole, mio fratello Nathan, mi incolpò di aver rotto un vaso in soggiorno. Nostra madre era pronta a farci una sonora ramanzina alla vista dei mille cocci infranti sul tappeto. Io non dissi nulla e mi presi quella colpa per lui, tenendo lo sguardo basso. Le urla di nostra madre scagliate con forza verso di me erano ovattate e mi sembravano così lontane; la mia attenzione era catturata dalla luce che passando tra le tapparelle semichiuse si infrangeva sui frammenti di quel vaso, facendoli brillare. 
Non gliene facevo una colpa, a mio fratello. Mi ero preso la responsabilità di quel vaso al suo posto e mi andava bene così. Gli ho sempre voluto molto bene e non ho mai potuto fare a meno di vederlo come una parte di me da proteggere e custodire. Quando nostra madre smise di gridare e se ne andò nell’altra stanza a prendere l’occorrente per ripulire, cercai lo sguardo di Nathan. Lui mi evitò, probabilmente sentendosi colpevole e vigliacco. Tremava. Io volevo solo il suo sostegno, nient’altro. 
Tornata in soggiorno per pulire, nostra madre ricominciò: «Zac, da te non me lo sarei mai aspettato, sei il fratello più grande e dovresti dare il buon esempio a Nathan». Il mio sguardo ancora fisso al suolo, con la mano cercavo quella di mio fratello, questa volta lui la afferrò e mi strinse forte. A quel punto tutto andava bene, non mi importava di niente e con una serenità spiazzante anche per me dissi con convinzione: «Hai ragione mamma, mi dispiace, non accadrà più». 
In quel momento il mio sguardo e quello di mio fratello si incrociarono prendendo forma in un complice sorriso.


Adesso devo pensare se pubblicare qualche altro estratto di questo racconto.

Prossimamente, da un'altra vita.

 


È in arrivo su questo blog una vagonata di robaccia scritta vecchia e disturbante che nemmeno la datazione al carbonio sarebbe in grado di collocare nel tempo.

Dentro e fuori.

Nell'attesa, così fuori da poter vedere il tutto dall'interno,
tuttavia così al centro che vi è il solo vuoto tutto intorno.

E poi, così dentro che all'esterno dilaga il nulla senza fine
per capire troppo tardi che ci siamo risvegliati all'inferno.

Comunicazione di servizio n°7

Comunicazione di servizio:


Sto scrivendo meno, ultimamente. Eppure, per assurdo, mi state visitando di più.
Non ho abbandonato questo posto e non ho intenzione di farlo, anzi, sono pieno di idee che al più presto porterò sul blog.
In questo periodo sono solo molto preso a sbrigare una marea di cose che riguardano la vita vera.
Mi manca scrivere sul blog ma, ripeto, sto per tornare.
Peggio per voi.


lunedì 8 luglio 2024

Stacchetto.

È da qualche giorno che non scrivo. Sto affrontando alcuni primi cambiamenti, nelle ultime settimane. Sto avendo modo di riflettere, mentre impiego il tempo facendo altre cose. Come dissi già in passato, quando non mi vedete scrivere potete immaginarmi smarrito nella realtà. Come se fosse lei stessa a risucchiarmi, a chiamarmi e a trattenermi. Questa volta lo sta facendo con forza. Ed io ho così troppa paura di dimenticarmi il come ed il perché sia finito in questo posto. Prendo fiato, respiro profondamente. Alcune immagini si sovrappongono nella mia mente, come fossero dei flash accesi nella notte. È così facile rinnegare cosa siamo stati; il fatto che sia passata una vita ci fa sentire assolti dal fatto di esserci allontanati da noi stessi. Io questo sbaglio non voglio più farlo. Guardo in faccia la vita e la ringrazio per avermi salvato anche questa volta, alcune cose rimangono però indelebili ed è giusto sia così. Mi massaggio le tempie cercando la concentrazione necessaria ad aggiustare un tiro che ho effettuato molto tempo fa.

Non è facile. Ma è quel che mi serviva.

Sto riflettendo.

sabato 29 giugno 2024

Antenati.

Le scimmie sono animali estremamente intelligenti. Discendiamo da loro, dicono. Leggevo un articolo, qualche settimana fa, non ricordo su quale testata, che parlava proprio di questo. Condividiamo con i primati gran parte del nostro genoma. Nel corso degli anni sono stati molti gli studi che hanno tentato di aprire un canale di comunicazione con scimmie come oranghi, gorilla e scimpanzé. Leggevo che, le scimmie, sono in grado di comunicare con noi attraverso un alfabeto appositamente studiato per loro, arrivando ad apprendere centinaia di vocaboli che poi riutilizzano per esprimere addirittura i loro stati d'animo e le loro emozioni. Insomma, comunicare con le scimmie sarebbe possibile. Eppure, leggevo sempre sullo stesso articolo, non hanno mai posto domande a noi esseri umani. Questa cosa ha suscitato una curiosità enorme in me e ci ho riflettuto a lungo. Le scimmie apprendono, si confrontano e si esprimono ma non riescono a porre domande. Perché?
Mi sono detto che deve necessariamente essere la nostra facoltà di astrazione a renderci possibile l'immaginazione di altro, e quindi aprire scenari, ipotizzare e muoverci in base alla curiosità. Ma poi... 
Ho letto un altro articolo, sempre sulle grandi scimmie. Questa volta, veniva posta l'attenzione sulla loro capacità di curarsi e auto medicarsi tramite rimedi naturali, proprio come avremmo fatto noi agli albori dell'umanità. 
Questo è strano, non trovate?

Ci vorrà un chiodo. (Parte 3)

Le Norne erano divinità dell'antichissima mitologia norrena. Il termine "Norn" può essere tradotto dal norreno come "Colei che bisbiglia un segreto". Erano tre, ed erano loro a decidere le sorti ed il destino di tutti gli uomini viventi.

Ho deciso di cimentarmi nella realizzazione di tre tele per ognuna delle tre divinità e, ovviamente, lo faccio a modo mio.

"La destinataria", la terza Norna da me reinterpretata e dipinta. È colei che ascolta il segreto sussurrato da "La rivelatrice".
La carnagione pallida, quasi bianca, in un volto scavato da un dolore inatteso e che sgorga in una lacrima di sangue. Gli occhi spalancati e fissi nel vuoto, cercano nell'osservatore un appoggio, la condivisione della sofferenza. A lungo La destinataria ha bramato la verità sul segreto eppure, ora che le appartiene, non è poi così certa di riuscire a sostenerla e custodirla. Sarà poi L'oppositrice a farle cenno di non parlare, allo stesso tempo conscia dell'insostenibile peso che La destinataria dovrà portare.
La vuota saturazione dei colori è indicativa del trauma che ha scosso la protagonista dell'opera, che sprofonda in uno sfondo scuro, come se tutto intorno a lei perdesse ora consistenza, realtà e valore.


Titolo: Le Norne n° 3 di 3 - La destinataria
Artista: sconosciuto
Tecnica mista su tela
Dimensioni: 30 x 60 cm
Anno 2024
 

mercoledì 19 giugno 2024

Connessioni.


 È l'esatto istante in cui avviene una connessione sinaptica.
Ma dall'altra parte dell'obiettivo c'era il Sole che si intravedeva tra i rami degli alberi, giuro.

Punto e a capo.

ATTENZIONE:

IL POST CHE SEGUE FA UN USO SCONSIDERATO DELLE VIRGOLETTE.
TIPO "COSÌ".
NON FATELO A CASA.

Chi mi legge e chi mi conosce sa di quanto io creda fermamente in "altro", oltre a tutto questo. 

Da troppi anni ormai do molte cose per scontate, anche questa mia cieca "fede". Negli ultimi tempi sto facendo un lavoro introspettivo un po' diverso dal solito, con l'intenzione di fare un viaggio a ritroso nel mio credere e in quelle che ormai sono diventate, forse purtroppo, convinzioni. Quindi chiedo, "com'è iniziato tutto?".

Per mia fortuna affondo da sempre radici in un terreno "neutro". Sono cresciuto vedendo, da una parte, mia madre. Lei, fortemente spirituale ma mai "religiosa". Dall'altra, mio padre, tendenzialmente ateo anche se, conoscendolo, dubito non abbia una spiritualità propria. Oltre al battesimo e ad i sacramenti cattolici fino alla Cresima, non mi è mai stato imposto nulla dal punto di vista religioso. Oggi mi chiedo il perché di questa imposizione, ma non posso fare a meno di vederla come un tentativo di "inclusione" nei miei confronti da parte dei miei genitori. Purtroppo veniamo da generazioni che non hanno potuto fare a meno di vedere il cattolicesimo come il sentiero più "normale" da seguire ed impartire ai propri figli.

Fin da molto piccolo mi chiedevo il perché ed il come esistesse "questo" piuttosto che "niente". Non passò molto tempo prima che iniziai a chiedermi perché invece di "questo" non potesse esistere "altro".

Conosco a memoria alcune delle preghiere più gettonate durante le messe domenicali, tuttavia il Dio cattolico mi è sempre stato un po' antipatico e non sono mai riuscito a credere nemmeno nella possibilità che un Gesù storico possa essere vissuto nel passato della nostra storia. Qualcosa, durante le lezioni di catechismo, mi diceva continuamente che stavamo studiando un'enorme menzogna ma qualcosa di "reale" e "vero" doveva pur esserci.

Avevo forse meno di una decina d'anni quando venni ricoverato in ospedale per quella che successivamente si rivelò una stupidata ma ricordo un'episodio molto particolare avvenuto alla fine di quel ricovero. Il giorno delle dimissioni, infatti, ero pronto per lasciare il reparto ospedaliero e mio padre mi lasciò da solo con la valigia nei pressi dell'infermeria (presumo lui fosse andato a ritirare la lettera di dimissioni, o non so dove) ed in quel momento da solo, avvolto nel più strano silenzio, avvenne qualcosa di curioso. Sentii alcune voci, presumibilmente di bambini che, in coro, mi chiedevano: "vuoi giocare con noi?".  Mi guardai intorno, non c'era nessuno, ero solo. Eppure, quelle voci, le avevo sentite chiaramente. Non diedi troppo peso alla cosa, che comunque mi toccò per la prima volta ad un livello che mai avevo sperimentato prima di quel giorno. È stato quell'episodio, probabilmente, che ha cominciato a suscitare in me un interesse smodato verso tutto ciò che non riesco a spiegarmi.

Nominavo spesso la "vita". Non la capivo. Avevo la strana e costante sensazione che la vita, appunto, non fosse la "normalità" ma che fosse invece una condizione da "sperimentare", nel senso più stretto del termine. Mi interrogavo con insistenza sulla morte, chiedendomi cosa fosse e non riuscendo a fare a meno di vederla come un "ritorno" a qualcosa di dimenticato.

In quegli anni usciva il film The Truman Show con Jim Carrey. Erano gli anni in cui per poche lire si noleggiavano i film da Blockbuster. Ricordo che una sera lo vidi in televisione insieme ai miei genitori e quel film mosse ancora qualcosa in me, facendomi riflettere su quale potesse essere la reale natura della condizione umana e radicando in me la consapevolezza che proprio come per Truman Burbank ci dovesse essere una realtà più ampia fuori da qui. Realtà misteriosa ed inimmaginabile, oltre che inaccessibile.

Mi ha sempre affascinato la scienza e le risposte che è in grado di dare ma le ho sempre riconosciuto dei limiti enormi, soprattutto per l'estremo scetticismo e materialismo con cui a quei tempi affrontava temi a me cari come l'esistenza di altre forme di vita intelligenti oltre alla nostra, ad esempio. A quell'età, non sapendo come meglio immaginare "loro", gli "altri", credevo fermamente negli alieni come piccoli mostriciattoli grigi con grandi occhi neri a bordo di dischi volanti.

Poco tempo dopo accaddero alcune cose nella mia vita, molto concrete e reali, che mi confermarono ciò che fino a quel momento avevo sempre pensato: la verità ama nascondersi ed è necessario un continuo lavoro di ricerca. Ho vissuto istanti in cui mi sentivo per davvero come avrebbe potuto sentirsi Truman mentre sfiora con il palmo della mano il fondale del set in cui si trova rinchiuso da sempre a sua insaputa. E per quanto duro possa essere stato il colpo ho realizzato che, le risposte, prima o dopo arrivano.

Ho vissuto l'età dell'adolescenza fino alla prima età adulta come un umanesimo personale. Ero molto centrato su me stesso e convinto che le risposte che cercavo, e che mi servivano, si sarebbero dovute trovare necessariamente dentro di me. È stato un medioevo dell'anima, un periodo cupo spiritualmente parlando perché più mi concentravo a scavare dentro e più, fuori, accadevano cose alle quali non sapevo dare una risposta. La sensazione è quella di aver rubato del tempo alla mia ricerca, durante quegli anni. Di essermi accampato a lungo ai bordi del sentiero che stavo percorrendo. 

Qualcosa, fortunatamente, mi diede uno scossone una decina di anni prima di questo post. E, dopo quegli avvenimenti, la mia visione della realtà e della vita non è più stata la stessa. Tuttavia, è come se ogni singolo passo percorso sul sentiero fin dall'inizio di questa mia vita fosse stato utile a portarmi nell'esatto punto in cui mi trovo oggi. La cosa che mi spaventa è che non posso sapere quanto ancora io debba camminare. Non posso sapere nemmeno se ci sarà mai un punto di arrivo, purtroppo. Ma sono certo che più avanzo e più c'è da contemplare e questo, per una persona come me, è già un buon motivo per non fermarsi.

martedì 18 giugno 2024

Il mio salto concettuale.




Titolo: Oltre la soglia
Artista: sconosciuto
Tecnica mista su tela
Dimensioni: 50 x 70 cm
Anno 2019



Titolo: Salto concettuale
Artista: sconosciuto
Tecnica mista su tela
Dimensioni: 40 x 60 cm
Anno 2022

Non me lo aspettavo.

Qualcosa sta cambiando, su questo piano.
Intravedo adesso una luce che prima non c'era. 
È un po' come fare un salto nel vuoto, ora. 

Mi riprometto di mantenere la mia mente aperta.

In fondo, volare è una caduta continua intorno alla Terra.

Ci vorrà un chiodo. (Parte 2)

Le Norne erano divinità dell'antichissima mitologia norrena. Il termine "Norn" può essere tradotto dal norreno come "Colei che bisbiglia un segreto". Erano tre, ed erano loro a decidere le sorti ed il destino di tutti gli uomini viventi.

Ho deciso di cimentarmi nella realizzazione di tre tele per ognuna delle tre divinità  e, ovviamente, lo faccio a modo mio.

È "La rivelatrice", la seconda opera. Si tratta della Norna che rompe il patto, quella che rivela il segreto. È la divinità più logorata tra tutte, perché troppo a lungo ha nascosto la verità. Il suo corpo color azzurro, che anche in questo caso rimanda al colore dello spirito, lascia spazio sfumando ad un volto color cenere, dalle fattezze inquietanti e che ben poco hanno di divino. Il trittico completo non è ancora visibile ma "La rivelatrice" è raffigurata nell'esatto istante successivo alla sua rivelazione. Il volto scavato e stanco, impietrito, dallo sguardo vuoto, trova un accenno di sorriso liberatorio, dopo essersi sbarazzata del peso del segreto. Vediamo la protagonista in primo piano, a mezzo busto, di profilo su uno sfondo che anche anche in questa occasione vuole ricordare il male presente nella realtà non divina. 



Titolo: Le Norne n° 2 di 3 - La rivelatrice
Artista: sconosciuto
Tecnica mista su tela
Dimensioni: 30 x 60 cm
Anno 2024

Questo quadro lo regalerò a breve a qualcuno.

lunedì 17 giugno 2024

Ci vorrà un chiodo. (Parte 1)

Le Norne erano divinità dell'antichissima mitologia norrena. Il termine "Norn" può essere tradotto dal norreno come "Colei che bisbiglia un segreto". Erano tre, ed erano loro a decidere le sorti ed il destino di tutti gli uomini viventi.

Ho deciso di cimentarmi nella realizzazione di tre tele per ognuna delle tre divinità  e, ovviamente, lo faccio a modo mio.

Ho realizzato la prima opera che ho intitolato "L'oppositrice". Lei è infatti colei che non rivela, andando contro la sua natura. In quanto divinità, è conscia del suo potere e della sua immensità. La immagino tanto vicina a me da potermi rivelare i segreti di questo mondo ma lei preferisce tacere, portando la mano sulle labbra in segno di silenzio. Sul volto una malinconica espressione, quasi dolorante, raffigura tutta la stanchezza di chi porta il peso della verità. Lei non tace per dispetto, fa silenzio per non gravare su chi potrebbe ascoltarla, facendosi carico di tutta la sofferenza che nessun altro potrebbe sopportare. L'oppositrice ha una carnagione azzurra, limpida. Il colore associato allo spirito, alla parte più profonda di ognuno di noi. Delineata da linee e segmenti duri, spezzati, di color nero. È questo indice della forza divina che custodisce il segreto. La vediamo in primissimo piano sovrastare uno sfondo acceso, color rosso, simbolo della sofferenza terrena e umana di cui si fa carico. Perché si oppone? Perché stanca di reggere il gioco di un Dio cattivo nei confronti di un'umanità ignara. 




Titolo: Le Norne n° 1 di 3 - L'oppositrice
Artista: sconosciuto
Tecnica mista su tela
Dimensioni: 30 x 60 cm
Anno 2024

Questo quadro lo regalerò a breve a qualcuno.

domenica 16 giugno 2024

Dall'altra parte.

«Così non funziona, non funzionerà» dice una figura femminile nell’ombra. «Funzionerà, dobbiamo dargli tempo» risponde un uomo davanti ad un computer. «E se non dovesse funzionare?» ribatte lei. «Il fallimento non è contemplato, ci stiamo preparando a questo esperimento da ormai trent’anni, non dipende tutto e solo da Paolo», replica l’uomo ancora intento a smanettare al pc. Lei: «Possiamo comunicare con lui durante lo stato di sonno, questo ci pone già ad un buon punto» ma l’uomo la interrompe: «Alt, possiamo parlare con lui ed è vero. Questo non significa che stiamo comunicando, è ancora inconsapevole e dorme ancora molto, molto profondamente». Lui si accende una sigaretta, aspirando e poi proiettando una nuvola di denso fumo contro il monitor. Alle sue spalle, la donna, guarda lo stesso monitor riprodurre l’immagine di Paolo mentre dorme nel proprio letto, inconsapevole di essere osservato. «Non riesco a credere che lo stiamo facendo sul serio» commenta lei. L’uomo accenna un ghigno sul volto, prima di rispondere: «Non stiamo ancora facendo niente, stiamo solo osservando. Sarà lui a dover fare il lavoro più importante e…», «E più difficile» conclude la donna. In quello stesso momento si avvicina alla scrivania un uomo in divisa: «Dottore, direttive dall’alto. Mi chiedono di farvi prendere visione e firmare per accettazione e, dopo questo, procedere con le istruzioni», dice il militare facendo scivolare il documento sul tavolo, prima di congedarsi. Lo sguardo della donna si allunga curioso in direzione di quel foglio di carta, sul quale riesce a leggere chiaramente:

 

Progetto: Futurum Perfectum
Il soggetto non riporta segni di amnesia irreversibile, il quadro cerebrale è conforme con il sostentamento dell’operazione in corso. Procedere con sperimentazione sul soggetto in esame fino a nuovo ordine. 

La direzione scientifica. 

«Cosa significa questo?» chiede lei. L’uomo, sventolando quel documento, risponde: «Che Paolo ha tutte le capacità per ricordare».

È tempo di gatti.

- Cosa pensi del tempo?
- Il tempo? Un figlio di puttana. Logora ogni cosa. 
- Quello che intendevo era... Cos'è, il tempo?
- Ah. Bé, è una convenzione per organizzare la successione di eventi, stati o cose. Qualcosa del genere.
- Nei giorni scorsi ho fatto una riflessione nuova, sul tempo. 
- Di che si tratta?
- Vedi, mi chiedevo se il tempo non fosse altro che una sorta di plug-in della coscienza. 
- Non capisco. 
- Percepiamo il tempo perché abbiamo una memoria, capisci cosa voglio dire?
- Quindi il tempo non esisterebbe senza la memoria?
- La memoria funziona attraverso processi cognitivi e cerebrali, il cervello di un gatto non è come il nostro e dubito i gatti abbiano la nostra memoria e, quindi, la nostra percezione del tempo.
- Certo, ma non dimenticare la paura.
- La paura?
- La paura, sì. È una delle emozioni più universali che accomuna gli esseri viventi. La paura nasce dal pericolo della morte e di una fine. Anche i gatti hanno paura della morte, della fine del loro ciclo vitale. Hanno quindi, sicuramente, una loro percezione del tempo.
- È proprio a questo che volevo arrivare. Non credo possa esserci una definizione universale né tantomeno una percezione comune, del tempo.
- Certo.
- Sai, inizio a pensare che non siamo noi a scorrere su di una linea temporale, ma che sia il tempo stesso a fluire in noi attraverso la nostra coscienza, passando per la memoria.

Chissà come percepisci questa realtà.

 

martedì 11 giugno 2024

L'ora di religione.

Non saprei, alzo gli occhi al cielo e mi chiedo cosa non stia funzionando.

Pochi giorni fa scorrevo le news sullo smartphone e mi è capitato sott'occhio questo articolo de Il Post, leggendone il titolo non ho potuto fare a meno di aprirlo.

Per chi non avesse voglia di leggerlo tutto, potrei riassumere dicendovi che tratta dell'ora di religione nelle scuole di ogni fascia d'età. 

Sono tendenzialmente contrario all'ora di religione nelle scuole di un Paese che si professa laico. È la contraddizione, che a me non piace. Ma questo è un ragionamento già masticato, digerito e addirittura rigurgitato. Com'è infatti specificato nell'articolo sopra citato, è la legge italiana ad imporre tutt'oggi un'insegnamento della religione impostata sulla dottrina della Chiesa. Diverso sarebbe se parlassimo dell'ora di insegnamento delle religioni di tutto il mondo. L'insegnamento della religione nelle scuole dovrebbe prefiggersi l'obbiettivo di ampliare la conoscenza e la visione dei giovani di tutte le età, riguardo alle molteplici interpretazioni di Dio. La scuola italiana, in questo senso, non sta facendo informazione e formazione, vuole invece fare opera di conversione. Sarebbe interessante studiare le principali religioni della storia, partendo dalle loro origini per comprenderle meglio fino ai giorni nostri ed avere così una visione d'insieme più ampia sul rapporto che l'umanità ritiene di avere con Dio.

Leggevo inoltre, alcune settimane fa su un altro articolo del quale ho perso il link, che le generazioni più recenti si stanno allontanando da Dio. L'articolo era mal posto, perché quel che voleva intendere è che sono sempre meno i giovani che ricevono i sacramenti o che più semplicemente si sposano nelle chiese secondo il rituale cattolico. Nonostante la mia visione delle cose, entro abbastanza spesso nelle chiese e mi accorgo continuamente che queste sono piene di gente ormai anziana, di un'altra generazione. Io, di questo, sono contento perché la mia sensazione è sempre quella di trovarci oggi in un medioevo spirituale.

Ecco. Se nelle nostre scuole ci si ponesse l'obbiettivo di dare ai ragazzi le basi per sviluppare in autonomia un proprio pensiero, senza che questo diventi un dogma, e una propria visione di Dio, credetemi, faremmo un importante balzo spirituale nel giro di pochi decenni. Balzo di cui abbiamo un disperato bisogno, dal mio punto di vista. Dio non lo si insegna, nessuno ce lo presenta o ce lo raccomanda, non si compra e non si vende. È il percorso di ognuno di noi che, in un modo o nell'altro, prima o poi, ci porta a Dio. E questo percorso, come dissi già in passato, lo decide proprio lui.

"La scelta è solo tua, non si vive per accontentare gli altri."

Dal film Alice in Wonderland


Datemi un buon motivo. Me ne basta uno soltanto. Io, ormai, non riesco più a vederlo.


sabato 8 giugno 2024

Sono noioso.

La gente che mi conosce e mi vive quotidianamente è stanca marcia di sentirmi fare sempre gli stessi ragionamenti, stufa di non riuscire a rispondere alle mie solite domande impossibili. Io stesso mi rendo conto di essere petulante, ripetitivo e noioso. Convivo con me stesso da una vita e se non mi conoscessi abbastanza basterebbe uno sguardo allo specchio per pensare di avere a che fare con una persona drammaticamente cerebrale, nel senso più brutto del termine. La mia stessa psicologa, in una delle nostre ultime sedute, provava a farmi riflettere su quanto possa essere costruttivo e funzionale, e quanto invece no, rimuginare su dilemmi esistenziali. Alcune delle persone che mi conoscono, compresa la mia psicologa, mi ripetono di quanto io sia una persona pericolosamente sensibile. Certo, interrogarsi nel profondo è caratteristica dei sensibili ed è un'abitudine che alimenta questa sensibilità. Sensibilità che sono arrivato a disprezzare, quasi. Ma sul ragionamento che la mia psicologa voleva far nascere in me, non ho nulla da ridire. Anzi. Mi sono posizionato sempre in prima linea nel sostenere che la vita sia il paese dei balocchi degli ignoranti. Coloro che ignorano, infatti, senza porsi troppe domande, sono probabilmente quelli che riescono a prendere il massimo da questa esperienza di vita. Qualcuno sosteneva che sia impossibile vivere la vita e comprenderla allo stesso tempo, ed è così. Qualcun altro ha tuttavia detto che una vita compresa equivale ad una vita vissuta. Ecco, io considero questa affermazione valida tanto quanto la prima. Ed anche di più, della prima. Io ho tutto ciò che dovrei desiderare, tutto quello che potrei avere, eppure c'è una parte in me che soffre per la mancanza di qualcosa che non riesce nemmeno ad immaginare con il potere dell'astrazione. Più volte mi sono interrogato sulla percezione di questa mancanza. La parola "mancanza" deriva dal latino "mancus", che potremmo tradurre come debole in qualcosa, carente, ma anche storpio. Non so, queste parole mi riportano ad una totalità mancata, appunto. Come posso sentire la mancanza di qualcosa che non dovrei nemmeno essere in grado di pensare? Eppure sono certo che qualcosa c'è, ed io mi sforzo sempre troppo nel tentativo di raggiungere questo qualcosa. 

Tutto, intorno a noi, racconta la nostra storia in mezzo al nulla.


Lontani.


 

Qualcosa ci ha toccati entrambi.

giovedì 6 giugno 2024

 Non sono riuscito a risparmiarmi nemmeno questo. 



Potete ascoltarlo QUI.

mercoledì 5 giugno 2024

Entropia.

Più ci interroghiamo, più cerchiamo. 

Più cerchiamo, più troviamo. 

Più troviamo, meno capiamo.

Eresia!

- Non ho mai capito la matematica, sai?
- Com'è possibile? Sono semplicemente... Numeri.
- Può darsi. Ma sai cosa pensavo?
- No, che cosa?
- Tu credi nella teoria del Big Bang, sbaglio?
- No, non sbagli. Trovo sia l'unica teoria plausibile sulla nascita dell'Universo. 
- Quindi sostieni che ogni cosa sia nata da questa grande esplosione?
- Non è propriamente così. Immaginare il Big Bang come una grande esplosione è fuorviante, mi segui?
Voglio dire, immaginalo più come un limite oltre il quale non possiamo osservare e comprendere.
- Quindi, stai dicendo che oltre questo limite la fisica e la matematica a noi conosciute smettono di funzionare?
- Non possiamo saperlo in effetti, non possiamo vedere oltre quel limite. 
- Però... Utilizziamo la matematica per decifrare il mondo e l'Universo?
- Sì, la matematica è uno dei linguaggi dell'Universo.
- Non so.
- Che cosa?
- Se l'Universo è costruito sulla matematica, mi viene da pensare che questa debba esistere anche fuori da esso. Non pensi?
- E se invece la matematica fosse nata con l'Universo stesso?
- In quel caso sarebbe limitata tanto quanto noi. 
- Che vuoi dire?
- Leggi come quella di Lavoisier, o il secondo principio della termodinamica, ad esempio, trovano un punto preciso, minuscolo ed apparentemente insignificante nella storia dell'Universo nel quale... Semplicemente non valgono. Stando almeno alla teoria del Big Bang. 
- Stai dicendo che la matematica sia in realtà un'invenzione?
- La matematica ci è di grande aiuto. È fondamentale.
- E allora?
- Penso solo che la matematica sia il più grande bluff dell'Universo.

martedì 4 giugno 2024

Oblivion.

Dobbiamo spingerci oltre, sempre con molta cautela. Stando attenti a non farci male. Superare i confini per guardare un po' più in là. Voglio che nei miei occhi si rifletta qualcosa di nuovo. Pensieri diversi, nella mia mente. Idee originali. Ho bisogno di un nuovo centro per bilanciare il rumore con il silenzio, la paura con la quiete. Un posto sicuro in cui lasciarmi vivere senza il timore che l'abbandono diventi resa e senza che la calma venga scambiata per il nulla. Tutto questo c'è, lo so. Siamo solo chiusi dentro. 

Rumore.

domenica 2 giugno 2024

La teoria delle stringhe.

"Sarebbe curioso se alla fine fossi tu, a riscoprirti di strette vedute mentali."

Rileggere il me di troppi anni fa, come fosse un'altra persona. Dopotutto è passato abbastanza tempo perché ogni cellula del mio corpo si rigenerasse, almeno questo dovrebbe rendermi una persona diversa da quella che ho letto in questi giorni. Come ho già detto, anche su questo blog, trovo curioso come anche le convinzioni ed i pareri cambino rinnovandosi nel corso del tempo, restando tuttavia gli stessi. Questo concetto non sarà di facile comprensione per molti, probabilmente non riesco a spiegarlo in maniera migliore. In fondo, nemmeno all'epoca sapevo raccontare meglio di quanto faccia oggi la mia storia. Mi sono rivisto perdere la ragione, il senno e tutto quanto, in parole povere. Avevo perduto anche la mia considerazione per la grammatica e la corretta sintassi, quando oggi sono queste le uniche cose a me rimaste. A distanza di tutti questi anni, lo ammetto. Solo ora. Avevi ragione. Mi ero sbagliato. Avevo preso un abbaglio colossale. Non ero riuscito fin da subito a mettere a fuoco la situazione. Questo mi fa riflettere su quanto tempo io abbia perso, rincorrendo idee sbagliate costruite su false convinzioni. Nonostante questo, non posso farmene una colpa. La mia mente ha sempre tentato di aggrapparsi a tutto ciò che aveva sempre conosciuto fino a quel momento. Non ero pronto, a quei tempi. Sfido chiunque a trovarsi pronto a qualcosa del genere. Oggi non sono pronto ugualmente, mi sono però abituato a tenermi forte.

Torno indietro, da quel ragazzo di vent'anni, e in un abbraccio gli sussurro poche parole all'orecchio.

sabato 1 giugno 2024

CARICAMENTO CONSAPEVOLEZZA IN CORSO...

Può bastare.

"È rimasto poco e niente, del suo passaggio sul pianeta Terra. E quel poco rimasto, è stato dai più dimenticato.
La sua casa esiste ancora. Alcuni anni dopo la sua morte vi ha vissuto una famiglia dell'Est Europa fuggita a quella che oggi conosciamo come la terza guerra mondiale. In quel piccolo appartamento al quinto piano di una cittadina del Nord Italia, quella famiglia aveva trovato il proprio rifugio sperando in un nuovo inzio, prima che i mercenari facessero irruzione portando solo dolore e morte. 
Dopo tutto questo, e prima della nostra venuta, quella stessa abitazione veniva avvolta da piante e germogli infestanti, dai fiori così rossi che sembravano pregni del sangue in cui affondavano le radici. Abbiamo raccolto quei fiori e li abbiamo studiati, catalogati ed infine riprodotti. Quel fiore, che noi chiamiamo Sang du Passage, è oggi l'emblema presente sulla nostra bandiera. Bandiera che issiamo con onore e rispetto su questo pianeta. 
Ma c'era dell'altro. Era rimasto un diario. Quel diario raccontava una storia. La storia del suo tentativo e del nostro fallimento. Di come abbiamo sbagliato, della nostra corsa contro il tempo. Di come ci ha chiamati e non siamo stati in grado di rispondere. Della resa di un'intera specie, giunta alle porte del proprio inferno. E quel diario, oggi, parla a noi di storie mai ascoltate, ancor meno credute e troppo spesso incomprese. Racconta a noi però la storia prima della nostra storia, donandoci forza e speranza necessarie a ricostruire. Non partendo dalle macerie, ma iniziando questa volta dalle coscienze.

È rimasto poco e niente del suo passaggio sul pianeta Terra. Ma per noi può bastare."

Lo scrigno.

Ho aperto uno scrigno sepolto dieci anni fa. 
Ci ho trovato dentro solo le mie vecchie prospettive ed una melodia che diceva di non arrendermi.
Preoccupante.

mercoledì 29 maggio 2024

01001110011011110110111000100000011010000110000101101001001000000110001001101001011100110110111101100111011011100110111100100000011000110110100001100101001000000110100101101111001000000111010001110010011000010110010001110101011000110110000100100000011010010110110000100000011011010110100101101111001000000110110001101001011011100110011101110101011000010110011101100111011010010110111100101110

On air.

- Mi scusi signore, posso farle alcune domande?
- Certamente.
- Volevo chiederle, sacrificherebbe la sua vita intera in nome di un bene collettivo?
- Credo dipenda da cosa ci sia in gioco, probabilmente sì. 
- E mi dica, se scoprisse nel corso della sua vita che la sua esistenza fosse stata sacrificata a prescindere dalla sua volontà in nome di questo bene collettivo, cosa penserebbe?
- Sarebbe un'ingiustizia.
- Per quale motivo?
- Perché non sarei stato interpellato, ovviamente.
- Forse non avrebbe capito, non crede? Voglio dire, il bene collettivo molte volte sfugge alla vista del singolo individuo. Cosa mi dice di questo?
- Che mi chiedo chi possa arrogarsi la presunzione di decidere per le vite degli altri. 
- E avrebbe voluto farlo lei, signore?
- Senta, vada a fare questi discorsi da un'altra parte. Ho cose più importanti a cui pensare.

Da un altro mondo, per ora è tutto. La linea allo studio.


Mi brucia il cervello.

"Basta, basta, basta."

L'infelicità è la forma che prende la consapevolezza dell'esistenza di altro.