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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

mercoledì 19 giugno 2024

Punto e a capo.

ATTENZIONE:

IL POST CHE SEGUE FA UN USO SCONSIDERATO DELLE VIRGOLETTE.
TIPO "COSÌ".
NON FATELO A CASA.

Chi mi legge e chi mi conosce sa di quanto io creda fermamente in "altro", oltre a tutto questo. 

Da troppi anni ormai do molte cose per scontate, anche questa mia cieca "fede". Negli ultimi tempi sto facendo un lavoro introspettivo un po' diverso dal solito, con l'intenzione di fare un viaggio a ritroso nel mio credere e in quelle che ormai sono diventate, forse purtroppo, convinzioni. Quindi chiedo, "com'è iniziato tutto?".

Per mia fortuna affondo da sempre radici in un terreno "neutro". Sono cresciuto vedendo, da una parte, mia madre. Lei, fortemente spirituale ma mai "religiosa". Dall'altra, mio padre, tendenzialmente ateo anche se, conoscendolo, dubito non abbia una spiritualità propria. Oltre al battesimo e ad i sacramenti cattolici fino alla Cresima, non mi è mai stato imposto nulla dal punto di vista religioso. Oggi mi chiedo il perché di questa imposizione, ma non posso fare a meno di vederla come un tentativo di "inclusione" nei miei confronti da parte dei miei genitori. Purtroppo veniamo da generazioni che non hanno potuto fare a meno di vedere il cattolicesimo come il sentiero più "normale" da seguire ed impartire ai propri figli.

Fin da molto piccolo mi chiedevo il perché ed il come esistesse "questo" piuttosto che "niente". Non passò molto tempo prima che iniziai a chiedermi perché invece di "questo" non potesse esistere "altro".

Conosco a memoria alcune delle preghiere più gettonate durante le messe domenicali, tuttavia il Dio cattolico mi è sempre stato un po' antipatico e non sono mai riuscito a credere nemmeno nella possibilità che un Gesù storico possa essere vissuto nel passato della nostra storia. Qualcosa, durante le lezioni di catechismo, mi diceva continuamente che stavamo studiando un'enorme menzogna ma qualcosa di "reale" e "vero" doveva pur esserci.

Avevo forse meno di una decina d'anni quando venni ricoverato in ospedale per quella che successivamente si rivelò una stupidata ma ricordo un'episodio molto particolare avvenuto alla fine di quel ricovero. Il giorno delle dimissioni, infatti, ero pronto per lasciare il reparto ospedaliero e mio padre mi lasciò da solo con la valigia nei pressi dell'infermeria (presumo lui fosse andato a ritirare la lettera di dimissioni, o non so dove) ed in quel momento da solo, avvolto nel più strano silenzio, avvenne qualcosa di curioso. Sentii alcune voci, presumibilmente di bambini che, in coro, mi chiedevano: "vuoi giocare con noi?".  Mi guardai intorno, non c'era nessuno, ero solo. Eppure, quelle voci, le avevo sentite chiaramente. Non diedi troppo peso alla cosa, che comunque mi toccò per la prima volta ad un livello che mai avevo sperimentato prima di quel giorno. È stato quell'episodio, probabilmente, che ha cominciato a suscitare in me un interesse smodato verso tutto ciò che non riesco a spiegarmi.

Nominavo spesso la "vita". Non la capivo. Avevo la strana e costante sensazione che la vita, appunto, non fosse la "normalità" ma che fosse invece una condizione da "sperimentare", nel senso più stretto del termine. Mi interrogavo con insistenza sulla morte, chiedendomi cosa fosse e non riuscendo a fare a meno di vederla come un "ritorno" a qualcosa di dimenticato.

In quegli anni usciva il film The Truman Show con Jim Carrey. Erano gli anni in cui per poche lire si noleggiavano i film da Blockbuster. Ricordo che una sera lo vidi in televisione insieme ai miei genitori e quel film mosse ancora qualcosa in me, facendomi riflettere su quale potesse essere la reale natura della condizione umana e radicando in me la consapevolezza che proprio come per Truman Burbank ci dovesse essere una realtà più ampia fuori da qui. Realtà misteriosa ed inimmaginabile, oltre che inaccessibile.

Mi ha sempre affascinato la scienza e le risposte che è in grado di dare ma le ho sempre riconosciuto dei limiti enormi, soprattutto per l'estremo scetticismo e materialismo con cui a quei tempi affrontava temi a me cari come l'esistenza di altre forme di vita intelligenti oltre alla nostra, ad esempio. A quell'età, non sapendo come meglio immaginare "loro", gli "altri", credevo fermamente negli alieni come piccoli mostriciattoli grigi con grandi occhi neri a bordo di dischi volanti.

Poco tempo dopo accaddero alcune cose nella mia vita, molto concrete e reali, che mi confermarono ciò che fino a quel momento avevo sempre pensato: la verità ama nascondersi ed è necessario un continuo lavoro di ricerca. Ho vissuto istanti in cui mi sentivo per davvero come avrebbe potuto sentirsi Truman mentre sfiora con il palmo della mano il fondale del set in cui si trova rinchiuso da sempre a sua insaputa. E per quanto duro possa essere stato il colpo ho realizzato che, le risposte, prima o dopo arrivano.

Ho vissuto l'età dell'adolescenza fino alla prima età adulta come un umanesimo personale. Ero molto centrato su me stesso e convinto che le risposte che cercavo, e che mi servivano, si sarebbero dovute trovare necessariamente dentro di me. È stato un medioevo dell'anima, un periodo cupo spiritualmente parlando perché più mi concentravo a scavare dentro e più, fuori, accadevano cose alle quali non sapevo dare una risposta. La sensazione è quella di aver rubato del tempo alla mia ricerca, durante quegli anni. Di essermi accampato a lungo ai bordi del sentiero che stavo percorrendo. 

Qualcosa, fortunatamente, mi diede uno scossone una decina di anni prima di questo post. E, dopo quegli avvenimenti, la mia visione della realtà e della vita non è più stata la stessa. Tuttavia, è come se ogni singolo passo percorso sul sentiero fin dall'inizio di questa mia vita fosse stato utile a portarmi nell'esatto punto in cui mi trovo oggi. La cosa che mi spaventa è che non posso sapere quanto ancora io debba camminare. Non posso sapere nemmeno se ci sarà mai un punto di arrivo, purtroppo. Ma sono certo che più avanzo e più c'è da contemplare e questo, per una persona come me, è già un buon motivo per non fermarsi.

Okay, ma com'è possibile?