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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

martedì 23 gennaio 2024

Una panchina (una a caso).

L'abbiamo vista attraversare le stagioni, eppure nella mia mente è avvolta da un forte ma gradevole profumo di pioggia appena scesa. Circondata dalle foglie rossastre e scricchiolanti di un autunno inoltrato di ormai diversi anni fa. Sovrastata da alberi spogli ma sempre imponenti, che la custodiscono da molto tempo prima che noi la trovassimo. Ed incorniciata da un cielo così limpido e pulito in un'aria cristallina e frizzante. 
Porta su di lei ancora i segni di tutte quelle promesse che ci siamo fatti, senza poi riuscire a mantenerle, e che le abbiamo imposto a forza con la lama di un coltello che mai avremmo dovuto maneggiare. Ha origliato silenziosamente i nostri segreti. Ed ha poi riso forte, vedendoci sabotare con le nostre stesse mani i progetti e gli obbiettivi che ci eravamo prefissati in sua compagnia. Ha conosciuto tutte le versioni di noi, troppo spesso incassando con dignità i miei pugni pieni di rabbia e facendo impattare su di lei le tue lacrime da coccodrillo. Luogo di mille partenze senza meta, perché infine sempre lì ci ritrovavamo con noi stessi. Ma comunque sentiero  di viaggi incredibili ed interminabili. Troppe volte ci siamo aspettati reciprocamente in quel posto, quando non sapevamo più dove cercarci. 
Non so tu ma io, spesso, ci passo davanti tutt'oggi. In una nuova veste, con nuovi pensieri. Ed ogni volta che la vedo, credimi, non posso fare a meno di vedere l'ombra di ciò che siamo stati. 
Spero solo che le panchine non imparino mai a parlare. 

L'infelicità è la forma che prende la consapevolezza dell'esistenza di altro.