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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

domenica 21 luglio 2024

Storie che difficilmente vedranno la luce.

Purtroppo o per fortuna non ho fratelli né sorelle, sono figlio unico. Non molto tempo fa ho voluto provare a scrivere un racconto breve che raccontasse la malattia mentale, non dal solito punto di vista del malato. Il racconto infatti è narrato dalla prospettiva del fratello maggiore che, attraverso ricordi e flashback d'infanzia, passando per l'adolescenza fino all'età adulta, ricostruisce il triste e doloroso percorso del fratello più piccolo in una vita rotta dai disturbi psichici. 
La storia inizia esattamente così:



«È stato lui, giuro» indicandomi con queste parole, mio fratello Nathan, mi incolpò di aver rotto un vaso in soggiorno. Nostra madre era pronta a farci una sonora ramanzina alla vista dei mille cocci infranti sul tappeto. Io non dissi nulla e mi presi quella colpa per lui, tenendo lo sguardo basso. Le urla di nostra madre scagliate con forza verso di me erano ovattate e mi sembravano così lontane; la mia attenzione era catturata dalla luce che passando tra le tapparelle semichiuse si infrangeva sui frammenti di quel vaso, facendoli brillare. 
Non gliene facevo una colpa, a mio fratello. Mi ero preso la responsabilità di quel vaso al suo posto e mi andava bene così. Gli ho sempre voluto molto bene e non ho mai potuto fare a meno di vederlo come una parte di me da proteggere e custodire. Quando nostra madre smise di gridare e se ne andò nell’altra stanza a prendere l’occorrente per ripulire, cercai lo sguardo di Nathan. Lui mi evitò, probabilmente sentendosi colpevole e vigliacco. Tremava. Io volevo solo il suo sostegno, nient’altro. 
Tornata in soggiorno per pulire, nostra madre ricominciò: «Zac, da te non me lo sarei mai aspettato, sei il fratello più grande e dovresti dare il buon esempio a Nathan». Il mio sguardo ancora fisso al suolo, con la mano cercavo quella di mio fratello, questa volta lui la afferrò e mi strinse forte. A quel punto tutto andava bene, non mi importava di niente e con una serenità spiazzante anche per me dissi con convinzione: «Hai ragione mamma, mi dispiace, non accadrà più». 
In quel momento il mio sguardo e quello di mio fratello si incrociarono prendendo forma in un complice sorriso.


Adesso devo pensare se pubblicare qualche altro estratto di questo racconto.

Okay, ma com'è possibile?