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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

mercoledì 28 giugno 2023

Ossimoro.

È vero, le parole non possono spiegare tutto e l'ho sempre pensato. 
Fa però quasi paura come tutto possa ridursi a poche parole.

Ah... Pure?

Questa è una lettera ad una persona che è stata "presente" nella mia vita negli ultimi anni e che oggi, in un certo senso, non c'è più. 
Le nostre strade si sono divise così come si erano intrecciate: 
nel niente. 


Buonasera Dottore,

adesso le avrei chiesto come sta. Lei mi avrebbe risposto in modo affannato che era molto preso ed indaffarato. Ora me la immagino molto stressato ed ugualmente impegolato nel suo lavoro. Lavoro al quale, dal mio punto di vista, è sempre stato molto dedito. Fin troppo? Non saprei, ma a dire il vero ho sempre avuto la sensazione che lei abbia voluto fare troppo. Sempre, in ogni caso. Mi riferisco alla sua area di competenza. Quella che io non capirò mai. Quella che sembra una caccia alle streghe. E con me l'ha fatto con una dedizione estrema fin dall'inizio. Portando avanti una battaglia che non aveva nemmeno voluto lei, avendone comunque sposato la causa. Credendoci fino alla fine. Eppure, proprio alla fine, ha mollato la presa. Facendoci cadere entrambi. Sono passate già diverse settimane da quando questo è successo ed ho avuto modo di rifletterci sopra. Arrivando alla conclusione che nel momento in cui lei molla la presa io cado all'indietro, in una caduta che potrebbe durare un'altra vita. Come se al gioco dell'oca mi fosse stato imposto di tornare alla casella iniziale mentre lei abbandona il tavolo. E quindi mi chiedo quale senso avesse per lei questa partita. Che devo continuare a giocare, io. 

Accendo un jukebox dandogli un colpetto con la mano. 

Parte Mad World di Gary Jules.




Non voglio risultare logorroico e petulante in questo blog, quindi non ripeterò ancora una volta come mi hanno fatto sentire questi lenti anni. Tuttavia vorrei farla riflettere sul come dovrei sentirmi ora. Mi rattrista sapere di non essere il solo ma in questo momento non mi importa degli altri. Ognuno le cose le vive a modo proprio ed è giusto così. Questo per dire che mi aspettavo qualcosa di diverso da parte sua nei miei confronti. Ecco, le vorrei dire questo. Lei mi risponderebbe in tecnicismi per me incomprensibili che alla fine mi lasciano con un bel niente sul palmo della mano. Non ci siamo conosciuti nei nostri migliori ruoli, attraverso i quali abbiamo comunque dato la parte più brutale di noi. 
Auguro di non aver lasciato in lei i segni che lei ha lasciato in me. Per questo sono un po' contento di come siano andate le cose. Fa strano non vedere più i suoi quadri o i suoi libri in quella stanza. Ma sono sempre e solo riuscito a percepirla così com'è realmente ora: vuota. 
Cose come la cordialità e la gentilezza, umanamente parlando, restano. Così come il bollino Chiquita che mi ha incollato sulla fronte in uno dei nostri momenti più divertenti. 

Le auguro di stare bene almeno quanto me. 

Un caro saluto. 

Io

martedì 27 giugno 2023

Matrioska.

Spero tu non faccia mai l'errore di attraversare la tua esistenza senza trovare del tempo per farti delle domande. Vorrei tu possa mantenere per sempre questa tua curiosità di adesso. Senza diventare mai assuefatto ed insensibile alla più semplice vista di una nuova alba. 

Mi hanno riversato in te, forse senza setacciarmi troppo. Se ti dico che vedo molto di me in te, ti spaventi? A me fa un po' di paura, ora che ci penso. Ma no, non ci sto pensando ora. Ho sempre pensato che la nostra eredità genetica non sia rappresentata solo dal colore degli occhi o dai lineamenti del volto. C'è dell'altro. Ci vengono tramandati anche i ricordi sotto forma di emozioni e sensazioni. Di questo ne sono sempre stato convinto. Sono residui che restano incastrati nel codice genetico. E ce li trasciniamo per una vita chiedendoci il perché. Io potrei avvertire distintamente emozioni o sensazioni che non sento mie. 

Un giorno di qualche anno fa mi trovavo a lavoro e sono stato vittima di una rapina a mano armata. Spero di non essere frainteso se dico che trovarsi con una pistola puntata alla testa è un'emozione che tutti dovrebbero provare, anche se non lo augurerei a nessuno. Ad ogni modo quella sensazione così forte, così drammatica e così paurosa non era nuova per me. Eppure, prima di quel giorno, non mi ero mai trovato in una situazione tanto estrema. 

Quell'emozione era già in me. 


lunedì 26 giugno 2023

Un treno per dove i pensieri fanno male.

Trovo pazzesco come cambino così velocemente le idee, le convinzioni, a volte i giudizi ma soprattutto le opinioni sulle cose o persone. E nonostante tutto i pensieri riescano a restare sempre uguali. 

Un paio d'anni fa uno psicologo mi chiese se ritenevo di avere pensieri intrusivi. Io non afferrai al volo la domanda quindi gliela rilanciai come una palla. Lui sembrò non prenderla bene, sistemandosi il colletto della camicia con disagio. Non era mia intenzione in quel momento ribaltare i ruoli (me ne guardo bene ed oltretutto non ne sarei in grado), volevo solo capire cosa volesse dire con quella domanda. Si limitò invece a spiegarmela: «Intendo pensieri che si presentano nella sua vita di tutti i giorni senza un reale richiamo.» Io rimasi qualche attimo in silenzio aspettandomi dell'altro ma quel silenzio creò un certo disagio in entrambi. «Dottore - dico infine io, sospirando - come riconosco i pensieri intrusivi?» Cala ancora una volta il silenzio. Poi specifico «A volte mi capita di pensare a cose brutte, spesso terribili. Eppure le mie riflessioni mi portano sempre da qualche parte.» Lo psicologo fa un'espressione curiosa, ora è lui ad aspettare spiegazioni. «Voglio dire... Il pensiero è intrusivo se lo si lascia entrare, accomodare in salotto e prendere possesso della mente» rispondo. Lui annota con premura sul suo taccuino (Ah! Se quel taccuino sapesse parlare!) Poi mi chiede «E lei cosa fa con questo genere di pensieri?» Tra la sua domanda e la mia risposta mi sopraggiunge alla mente un'immagine di me mentre prendo un formale ma conviviale tè con i miei pensieri peggiori, rispondo però con un sintetico «Li osservo.» È per me infatti l'unico modo per tenerli a bada. Se questi si presentano alla porta della nostra mente ritengo sia perché vogliano comunicarci qualcosa. Qualcosa che possiamo stare ad ascoltare semplicemente, con distacco. Quand'ero poco più che un bambino mi capitava molto spesso di vedere entrare tra i miei pensieri immagini brutte o di provare sensazioni spiacevoli, vivevo queste cose con repulsione, paura, una sorta di fobia e questo perché mi ci aggrappavo. Trovo più sensato lasciarli scorrere e guardarli come si guarderebbe un treno sfrecciare sui binari. Il treno sposta l'aria con forza, dobbiamo solo stare attenti a non farci spostare.

domenica 25 giugno 2023

Facciamo finta.

Siamo per davvero padroni al cento per cento delle nostre scelte, e totalmente responsabili delle nostre azioni? È una domanda sulla quale mi interrogo spesso e che mi son sentito fare centinaia di volte nella mia vita. Non voglio auto-assolvermi da niente, tantomeno giustificare il comportamento degli altri. Trovo solo strano che ci sia una teoria per ogni cosa e la previsione millesimale del movimento fra i corpi celesti nell'universo, ma non possediamo ancora la giusta chiave di lettura per l'esistenza. Siamo imprevedibili. Non credo nel libero arbitrio e non mi stancherò mai di ripeterlo. Mi lascia molto a pensare il fatto che i due momenti più importanti della nostra vita (nascita e morte) non dipendano da noi. È una commedia. Ed essere messi davanti ad una presunta "scelta" tra questo o quello non fa di noi persone "libere". Mi viene in mente la famosa scena nel film Donnie Darko nella quale il protagonista si trova a dover classificare le emozioni in buone o cattive, sapendo che c'è dell'altro oltre a questi due estremi.



sabato 24 giugno 2023

Pensieri tra le scintille.

Qualche giorno fa ero intento a completare un lavoro di carpenteria insieme ad un collega. Mancava poco meno di un'ora alla fine del turno e mentre lavoravamo si chiacchierava del più e del meno. Mi raccontava in particolare della fede ortodossa di sua moglie. Lui cattolico convinto. I due hanno una figlia in età scolastica alla quale hanno impartito una fede cattolica. Mi son chiesto: chi avrà deciso questa cosa? «Mia figlia ha già fatto battesimo, comunione e cresima» ha continuato lui. Poi ha parlato di una compagna di scuola di sua figlia che avrebbe i genitori che seguono i Testimoni di Geova. «Ma tu pensa, come si può insegnare una religione come questa ad una bambina? È ovvio che poi non prenderà più i sacramenti.» A quella affermazione detta con tanta convinzione mi sono trattenuto dall'alzare gli occhi al cielo ed esclamare: "Mioddio." Invece - come il più delle volte - ho semplicemente annuito e continuato ad ascoltare sempre più curioso e tristemente divertito. «Secondo me non è giusto imporre una religione ai bambini piccoli» ha continuato a spiegare lui, mentre a me torna in mente la figlia con l'intera collezione di sacramenti cattolici. 

Le religioni, tutte, creano confusione. Ci distolgono dalla ricerca e non solo. È come se lanciassero fumogeni sul nostro percorso, impedendoci di vedere. La religione ti da un seme che non germoglierà mai. E non voglio essere negativo, cinico o pessimista. Le religioni hanno la tendenza a non farci porre troppe domande. Si ostinano però da duemila anni a raccontarci la stessa storia per farci imparare qualcosa che memorizziamo alla lettera. La religione, e mi riferisco al legame con Dio, è invece tutt'altra cosa. Un legame, un rapporto, una relazione sono tutte situazioni che prevedono uno scambio. Non voglio andare troppo oltre. Quando ascolti in loop non c'è spazio per la curiosità. Nel silenzio, invece, avvengono le cose più potenti dell'universo. Ritengo che le religioni si facciano  in quattro per farsi ascoltare quando parlano di Dio, piuttosto che mostrarti come trovarlo davvero. Ti vogliono convincere che è lì anche se non riesci a vederlo. Questo mette in uno stato di confusione. 

Le religioni sono istituzioni vere e proprie e queste hanno dinamiche interne che si ripercuotono all'esterno, oltretutto sono formate ed appunto istituite da persone. Questa confusione che in maniera del tutto naturale si viene a creare allontana dalla vera salvezza, dalla verità che continua ad essere nascosta. Dio gioca a nascondino con ognuno di noi. Non è lui a nascondersi perché sta ancora contando. E continuerà a farlo per darci l'illusione spensierata di una partita tutta da giocare, ma che invece abbiamo perso in partenza. Dio non è buono. Questo toglitelo dalla testa. Anzi, facciamo così, togliamoci dalla testa il concetto di buono e cattivo. A Dio piace andare oltre e segue la politica del fine che giustifica i mezzi, ma non comprendiamo nessuno dei due. Questo perché l'illusione della scelta ci fa sentire in un mondo aperto, quando in realtà siamo in gabbia. 

Il mio collega riprende a smerigliare un pezzo d'acciaio. Dopo poco si interrompe e torna a rivolgersi a me chiedendomi «Ho ragione o no?»

Mioddio. 


giovedì 22 giugno 2023

Sogno di una torrida notte estiva.

«Allora Alex, come si sente? Mi dica un po'.» Apre la conversazione il dottor Stanley rivolgendosi al paziente e giocherellando con la penna di fronte a quest'ultimo. «Stanco... Sono molto stanco.» Risponde Alex con tono provato. «Mi parli di questa stanchezza. Insomma, come si manifesta e come la fa sentire.» Alex sembra rifletterci un po'; in quel momento prendeva quella stessa stanchezza e se la strappava dal petto nel tentativo di guardarla da lontano. In questa immagine mentale si lascia andare ad una smorfia di dolore, infine: «Mi fa sentire inutile... Perché in questa condizione non posso fare nulla. E non saprei in che altro modo spiegarmi - afferma mentre prende un respiro rassegnato, poi continua - Cercare un senso è un sintomo psicotico, Dottore?» Il medico appare incuriosito ed allo stesso tempo turbato da quella domanda. Non sapendo come rispondere si sbilancia in un sorriso silenzioso, prima di cambiare argomento. «Si sente in balia di qualcosa?» Alex prende qualche istante prima di rispondere, passando al setaccio le parole da usare per esprimersi con quelle più sottili ma infine, sottovoce: «Sento che qualcosa di cattivo si è impossessato di me.»

mercoledì 21 giugno 2023

La gestalt della solitudine.

La solitudine non è essere soli. Non credo si tratti nemmeno di uno stato conseguente a quest'ultima condizione. Personalmente mi è capitato molto spesso di sentirmi solo anche quando circondato da persone per me importanti ma difficilmente mi sento in solitudine con queste. Prediligo la solitudine che, a orecchio, mi suona tanto di beatitudine. La solitudine può portare il più delle volte noia. Per le persone più estreme la noia porta uno stato di sovraccarico mentale, il cosiddetto overthinking non sempre vano, sono infatti i più audaci a creare dalla noia. Siamo troppo poco abituati a stare da soli con noi stessi. A molti fa paura, anche giustamente. Stare da soli non è per tutti. Ci vuole molto coraggio ed i mostri sono sempre dietro l'angolo. Per questo nella solitudine ogni guerra diventa santa. Perché siamo portati a vedere solo noi stessi. Ci vuole occhio critico, distacco e una logica (che andrà perduta) per affrontare la parte più profonda di noi. Ogni giorno una battaglia all'ultimo sangue, nel tentativo di infliggere un colpo mortale, ma che mai lo è. Dopo si esce sempre un po' più sconfitti, ma mai vinti del tutto. Con la costante sensazione che la morte debba sopraggiungere da un momento all'altro, in una linea temporale infinita. Per molti sarebbe una tortura caotica. Qualcuno ci riconosce qualcosa nel caos, invece. E riesce ad afferrarne qualche tassello sparso qua e là, ricomponendo un puzzle che restituisce un'immagine sempre più leggibile ma mai completa. 

martedì 20 giugno 2023

Il viaggio in un Soffio #3 - Segreto.

Ehi, basta piangere adesso. Dobbiamo rimanere lucidi.

Avverto molta tristezza in questo posto.

Non è tristezza quella che stai respirando.

È qualcosa che non hai mai sentito prima. 

E cosa?

Malinconica nostalgia di qualcosa che sai di sapere 

ma che non riesci a ricordare.

Di cosa stai parlando?

Chiediti in maniera chiara e serena chi sei.

Risponditi in modo onesto e aperto.

Io... non credo di ricordarlo.

Parlo proprio di questo. 

È questo il motivo per il quale 

non ricordiamo con esattezza 

come abbiamo fatto a trovarci qua.

Abbiamo dimenticato. Come abbiamo potuto?

Non lo so ma nel tempo mi sono fatto l'idea 

che è più probabile ci abbiano fatto dimenticare.

Chi potrebbe essere stato? 

La domanda più importante è: perché?

E qual è la risposta?

È un segreto. Per quello non vogliono che ricordiamo.

Non puoi dirmelo?

Lo sto ancora scoprendo. 

Una volta ho trovato questo pezzo di carta. Guarda, leggi qui.

"Conosci te stesso."

Esattamente. Il segreto è conoscersi. 

Ed è molto più di un segreto, è una chiave per aprire la porta. 

Come posso conoscermi se non ricordo chi sono?

Interrogandoti, naturalmente.


Continua...

lunedì 19 giugno 2023

Con la sensazione che un grande ed antico meccanismo fosse tornato in funzione, dopo tanto tempo all'improvviso, facendo tanto rumore. 

domenica 18 giugno 2023

Cinema.

Le parole non sono in grado di spiegare tutto. Nè tantomeno di raccontare qualcosa. Per questo adoro il cinema. Con una semplicità spiazzante riesce a trasmettere nel giro di pochi frame al secondo un'idea, una sensazione o una situazione. E questa è una cosa molto difficile da fare attraverso le parole. Lasciano troppo spazio all'interpretazione perché fanno percorsi diversi all'interno di ognuno di noi, prima di arrivare. Ci affidiamo tanto a loro. Avevo una maestra alle scuole elementari che sosteneva che in un ipotetico duello tra una persona che conosceva dieci parole contro un'altra che ne conosceva ben cento avrebbe vinto sempre quest'ultima. Potrebbe essere l'ottima base per un ragionamento che potrei sviluppare, ma non lo farò perché mi basta dire che si comunica a diversi livelli dal mio punto di vista. Ad ogni modo il cinema è quello più immediato, chiaro ed efficiente oltre che molto versatile. Potrei fare un primissimo piano ad una parola tipo facendo così senza che tuttavia la maggior parte delle persone riesca veramente ad apprezzarlo, o studiarlo per comprenderlo. Invece l'immagine (fotografia), sopratutto in movimento (cinema), ti restituisce un feedback quasi simultaneo facendo scaturire emozioni in chi guarda reali, che sanno di empatia. Perché spesso le abbiamo immaginate o, non di meno, vissute. Il cinema è uno specchio mentre la parola un simbolo da interpretare. Se uso le parentesi (in questo modo) è perché voglio darti un'ampia visuale della scena. Quanto ci piacciono le colonne sonore dei film che più amiamo? Perché è un ulteriore canale di comunicazione sfruttato dal cinema: il suono. Nello specifico la musica, oltre che le voci nei dialoghi. E la musica nei film è un po' come rendere poesia una prosa, mettendola in rima baciata. 

Personalmente spesso mi sento in una sala cinematografica vuota se non per la presenza di un unico altro spettatore che, però, è seduto proprio davanti a me. Impedendomi la visione del miglior film che io abbia mai visto. 



 


Una canzone che sento molto mia. 

Qualcosa di Jago.

Jago percorreva a passo stanco una strada non battuta da quelle che gli sembravano almeno cinque o sei ore. Si era infatti messo in cammino prima che il sole svegliasse la città. L'ultima volta che aveva avuto modo di guardare un orologio questo segnava le quattro e venticinque della notte. Ora il sole era già alto e con un'aria saccente picchiava su di lui. In uno scenario quasi onirico dove delle enormi pale eoliche, nascendo da prati sconfinati, svettavano tagliando il cielo. L'unico suono a portata d'orecchio era il rumore degli scarponi del giovane uomo contro il terreno nudo di un sentiero che sembrava non finire mai. In un modo a dir poco irreale, un' eclissi che portava con sé una penombra più tetra del buio. Infine, in un tuono, la pioggia. In pochi istanti Jago era fradicio. Oltre alla stanchezza, la paura e ed i mille pensieri che riempivano quella che era una vera e proprio fuga, l'acqua gli scorreva addosso pesante, inzuppando i vestiti e questo lo demoralizzava ulteriormente. Camminava a sguardo basso da ormai almeno due chilometri quando, alzando lo gli occhi, una vecchia casa diroccata gli compare davanti come un miraggio. Pensando di potervi trovare riparo dall'acqua che il cielo gli riversava addosso, taglia per il prato allontanandosi dal sentiero in direzione della fatiscente abitazione. Giunto a pochi metri da questa, un branco di cani randagi ne viene fuori in direzione di Jago. Non hanno un'aria propriamente rassicurante anzi, ringhiano e sbavano.  Lui pietrificato prova a farsi venire in mente la cosa più sensata da fare. Decidendo allora di indietreggiare con molta calma. I cani fermano la loro avanzata, sedendosi. Ora iniziando ad abbaiare. Lui continua la sua dignitosa resa in silenzio e in una calma quasi divina, anche se dentro il diavolo stava giocando con lui. I cani continuano ad abbaiare rumorosamente, ma restano al loro posto. Intanto Jago aveva ripercorso le sue orme all'indietro, tornando ad attraversare il sentiero che aveva abbandonato, oltrepassandolo nella parte opposta e continuando ad indietreggiare. I cani rabbiosi erano ora un puntino lontano agli occhi del ragazzo, che sta riuscendo a rasserenarsi dallo spavento. 
Proprio in quell'istante si rende conto che aveva anche smesso di piovere ed il sole stava timidamente tornando allo scoperto. La ritirata viene bruscamente interrotta dai suoi stessi passi che sbattono contro qualcosa. Un guardrail. Jago rimane piacevolmente colpito nel ritrovarsi al bordo di una strada. Anche se sembrava deserta decide che la avrebbe seguita, pensando che lo avrebbe portato da qualche parte. Dopo almeno due ore il suono di un motore si avvicina dall'orizzonte, lasciando intravedere un'auto nera che diventa sempre più grande. Jago, moralmente a pezzi, alza a fatica il braccio in segno di autostop. L'auto accosta a lui. Il riflesso del vetro oscurato rifletteva il suo volto stanco quando, infine, si abbassa. Una voce maschile, dall'abitacolo, lo invita a salire a bordo entrando da dietro. Una volta sul sedile posteriore Jago si rende conto che è una famiglia. Una "normalissima" ma allo stesso tempo "improbabile" famiglia. Il signore alla guida un uomo dalle linee e dai colori mediterranei del sud. Al suo fianco, sul sedile del passeggero, una donna bionda e dagli occhi così chiari da sembrare di vetro. Seduto dietro, di fianco a lui, un bimbo di non più di otto anni. Con capelli rossi e lentiggini. Quando gli chiesero dove voleva essere portato, Jago risponde che ogni centro abitato sarebbe andato bene purché avesse potuto bere un po' d'acqua. La sete lo stava infatti asciugando. Dopo un'altra ora di auto, nessuno al suo interno ha pronunciato una parola. Jago stava per assopirsi quando il mezzo si ferma. Oltre il finestrino intravede l'insegna di un bar. Scendendo dall'auto rivolge lo sguardo al suo interno e, con un accenno di sorriso, ringrazia quella strana famiglia per quel passaggio. 
Varcando la soglia di quel bar, un ricordo lo assale con prepotenza. Gli viene in mente di non avere con sé alcun soldo. Quando nella notte si era messo in viaggio si era infatti liberato di ogni cosa. Documenti, telefono, soldi. Si era semplicemente chiuso alle spalle la porta di casa ed era uscito, decidendo che non sarebbe più tornato. Si chiede quindi come avrebbe potuto comprare dell'acqua. In quel momento l'impulso di mettere una mano nella tasca dei pantaloni per scoprire con stupore di trovarci qualche moneta. Com'era possibile? Ponendosi poche domande per quella fortunata scoperta, si avvicina al barista per chiedere con la bocca asciutta e arida semplicemente "acqua". Ma qualcosa di intravisto alle spalle del barman lo immobilizza in un'espressione di curiosità. Vede infatti una cabina telefonica. Si chiede allora cosa sarebbe stato meglio fare. Utilizzare quei pochi spiccioli per dissetarsi e continuare la sua fuga disperata o piuttosto servirsene per fare una telefonata e chiedere aiuto? Sguardo basso in direzione della mano che racchiude quei pochi soldi, poi un respiro profondo. Pochi istanti dopo le monete risuonano cadendo all'interno della gettoniera del telefono pubblico. Alza la cornetta portandola all'orecchio con molta fatica, in un vero e proprio sforzo fisico. Compone un numero. Il telefono, dall'altra parte, suonerà per sempre.

venerdì 16 giugno 2023

Il mio lato sottovento.

Mi ritengo una persona semplice, forse banale ma, attenzione, non facile. C'è una parte importante di me che sa alcune cose ma ancora non riesce a spiegarle, proprio perché inspiegabili. Oltre che incredibili. Ogni volta che prova a dare aria alla bocca, una di quelle cose muore andando dimenticata per sempre nel silenzio. Il segreto sta nel mantenere in vita il segreto. Quindi quella parte di me non può fare altro che scrivere. È infatti l'unico modo per dare realtà a qualcosa di estremamente irreale, tuttavia così vero da mettere in crisi anche le menti più equilibrate ed elevate. Un mio lato che ho scoperto semplicemente girandomi attorno nel tentativo di andare oltre. Questa parte di me della quale sto scrivendo la abbiamo tutti, è una cosa molto più antica della comparsa del pollice opponibile nei primati. È una logica che non fa alcun tipo di razzismo spirituale, religioso, filosofico o scientifico: l'origine. E mi viene in mente l'immagine di un foglio bianco, nuovo, vuoto, pronto per essere scritto. Oppure il viso di un bambino che inizia a dire le sue prime parole, imparando a parlare giorno dopo giorno. Quando ho scoperto questa zona del mio essere sono rimasto spiazzato. Di una confusione crescente che semina panico. Ci siamo guardati a fondo e a lungo, chiedendoci chi avrebbe attaccato per primo. Poi la pace. Ed è arrivata solo attraverso la rassegnazione per entrambi del tempo che cicatrizza. Ma il segno di una coltellata sfiorata, quello resta. 

Cantastorie.

Qualsiasi cosa tu stia facendo in questo preciso istante, quell'attimo intorno a te racconta continuamente la stessa storia: la tua. Devi saper sentirla e soprattutto comprenderla. Sentiamo troppo spesso questo bisogno di sentirci esterni alla realtà. Nel frattempo pensiamo di godere di una prospettiva privilegiata e ci prendiamo la presunzione di stare a guardare, il più delle volte. Non mi piace parlare di realtà, perché è proprio lì in cui tutto si confonde. Non mi riferisco mai a lei se non nel senso più profondo ed assoluto del termine. Questo per non perdere eccessivamente il contatto con me stesso. Più pensi al sogno, e più perde consistenza. E tu con lui. È tutto in bilico, in un precario equilibrio e la chiamiamo realtà. Ci vuole una certa sensibilità per comprendere determinati ragionamenti ma poi sono gli stessi che, a me, me la hanno fatta disprezzare. Un po' come quando provi a leggere l'orologio in un sogno. Più cerchi e più trovi ma, allo stesso tempo, ti allontani dalla verità. Siamo come nuvole, nemmeno il tempo di riconoscerne una forma che ci vedi già qualcos'altro. La tua realtà parla a te, di te. Non spremerti troppo nel tentativo di comprenderla, se prima non hai trovato la chiave di lettura per leggerti dentro. Il rischio sarebbe quello di passare un'esistenza tra mille storie sentendone tutta la stanchezza addosso, ma senza che nessuna di queste racconti veramente qualcosa di te. 



giovedì 15 giugno 2023

È un po' come se si fosse realizzato tutto ciò che io abbia pensato, immaginato e sognato. Nel bene e nel male. Perché i desideri che Genio concede ad Aladdin sono proprio tre? Per limitare i danni, probabilmente.

mercoledì 14 giugno 2023

Si spengono le luci.

Il ciclo della vita per come la conosciamo si conclude con la morte e la morte è parte integrante del percorso di ognuno di noi. Ho sempre pensato si ponesse fin troppo poca attenzione a questo step, l'ultimo, di questa nostra esperienza terrena. Non voglio limitarmi a parlare della cessazione delle funzioni biochimiche vitali.
Pochi anni fa è venuta a mancare mia nonna. Poche ore dopo essersene andata mi trovavo con mio padre a prendere un caffè e, non ricordo come ma posso immaginarlo, la conversazione si è spostata sull'ipotesi di qualcosa oltre questa vita. Si spengono le luci e non c'è più niente. È stato questo il pensiero che gli è uscito dalla mente, in quel momento per lui così doloroso. A quelle parole mi è stato impossibile trattenere una smorfia. Conosco tante persone che non si interrogano sul cosa sia effettivamente la morte. Molte non vogliono nemmeno sentirne parlare, tantomeno pensarci. Non voglio vedere questo discorso dalla prospettiva distorta della sofferenza. Ma parlo dell'esatto istante in cui smettiamo di essere quello che riteniamo di essere da quando abbiamo memoria. Non sei il tuo nome, la tua età, il tuo sesso o il tuo lavoro. Non sei il corpo. Sei molto di più, con un bagaglio. Questa è una cosa che ho sempre sentito molto forte. Diffido da chi sostiene che la morte porti con sé ogni parte di noi. C'è qualcosa che rimane, non parlo di fantasmi (che io immagino più come "detriti psichici") mi riferisco invece all'essenziale di noi. Anima, coscienza, chiamala come preferisci. E questo valore ridotto ai minimi termini si sposta. Non voglio convincerti di niente, anche perché sempre più spesso ultimamente temo che che oltre all'illusione della morte possa esserci l'inganno della vita. Ma questo è un altro discorso. 



martedì 13 giugno 2023

Per ammazzare il tempo.

Mi massaggio le tempie. Come a volere stimolare il parto di un nuovo pensiero. Pensa, pensa. Cerco un'idea per una risposta, una soluzione o un'illuminazione. Mi sto spremendo per calcolare un valore infinito, sapendo che qualsiasi valore io possa pensare non sarà mai abbastanza. Consapevole che stai giocando una partita infinita con la mia mente. Tu mi dici cercami, non trovami. Questo mi ci son voluti degli anni per comprenderlo. Eppure non ho mai smesso di cercare perché lo sai, è una mia caratteristica. Da sempre ed in modi diversi mi chiedo quale debba essere considerata la cosa più elevata che possa fare un essere vivente. Oggi continuo a rispondermi che è la ricerca stessa. Finalizzata alla conoscenza. E non esclusivamente di cosa ci possa essere oltre ma parlo di costruire una consapevolezza di noi stessi in quanto singoli. Fondamentalmente siamo soli. Tutti. Siamo soli insieme. Il nostro percorso di vita è nostro e lo percorriamo da soli. Le persone che abbiamo intorno le abbiamo, appunto, intorno. La domanda più potente non è Chi sei? ma Chi sono io? Una spinta vitale che ci fa saltare in noi stessi, oltre noi stessi. Facendoci fare una elegante piroetta a mezz'aria davanti ad un pubblico cieco.





Una serie tv che mi ha preso molto. 

lunedì 12 giugno 2023

Mayday, mayday, mayday.

Qui Sierra - Oscar - Foxtrot - Foxtrot - India - Oscar. 

Mi ricevete? Passo. 


Sesto senso.

Ci sono alcuni periodi in cui sperimento delle percezioni veramente molto forti, intense e reali. Che danno vita a sensazioni concrete. Questi periodi di intensa attività percettiva si manifestano in questa mia vita da sempre, in maniera ciclica. Ricordo che quand'ero un bambino provavo in me sensazioni molto forti in quelli che percepivo essere cicli molto lunghi. No, non mi riferisco alla relatività del tempo. Parlo invece del me che sta facendo un percorso da quando è nato (come il tracciato di un rollercoaster). Ed ogni volta che passo dal "VIA" l'emozione è sempre molto più forte della volta precedente. E vado sempre più veloce. Una cosa sempre più intensa e frequente. Oggi, molto spesso ormai, ho delle sensazioni  che mi mangiano vivo per lunghi periodi. Che sento in me come potrei percepire un mio organo qualsiasi (il cuore, per esempio) anche se non riesco a vederlo: so di averlo e basta. Queste sensazioni sono concrete, tangibili e reali almeno quanto te (dal mio punto di vista). Non sempre sono sensazioni belle, né tantomeno facili da sentire dentro. Sono per me come delle incombenze, come doversi ricordare di prendere una medicina periodicamente (ad esempio). Alcune sono anche piacevoli, nitide, luminose, quasi mistiche. Capitano volte in cui non le sento mie. Quando succede è come se un cinese si svegliasse una mattina scoprendo di saper parlare la lingua swahili. Qualcosa di mai visto. Le accomuna tutte una cosa: il brivido. Molto simile ad una scarica elettrica e che mi risale il dorso. Quando la sento so che la mia coscienza sta lavorando in maniera diversa alla tendenza dell'intero ciclo. È come se oltre ad essere, prendesse anche vita. Quello che fa, quindi, è crescere. Soprattutto nel piano verticale. Si eleva. Mentre, sul piano orizzontale, si propaga come un'onda concentrica. La cosa particolare, a volte drammatica, è che queste sensazioni causano emozioni. Alle quali siamo morbosamente attaccati perché l'emozione ci da "qualcosa". È da questo che ognuno di noi dovrebbe staccarsi, senza però perdere il buon senso. Non vivere le emozioni, ma osservarle. Scegliere quelle che ci piacciono e, solo dopo, decidere se viverle o no. Serve un livello di evoluzione notevole (non il mio). Quando piangi perché non sai esprimere qualcosa che hai dentro, fai bene a piangere. Il problema non sono le lacrime, dovresti però distaccarti dal dolore che crea questa difficoltà di comunicazione. È questa la condizione umana: sentire il male delle lacrime che ti scavano il viso, e non riuscire a guardarle scorrere. 

 

domenica 11 giugno 2023

Vecchio sogno ricorrente #2

Tutt'oggi faccio molto spesso un sogno. Questo si presenta il più delle volte allo stesso modo: dopo un falso risveglio. Raramente con varianti minime.

Una figura femminile mi sussurra qualcosa all'orecchio e d'un tratto ogni cosa mi è chiara. Mi riprometto di ricordarmi le parole appena sentite una volta sveglio. Tocco allora qualcosa intorno a me (quasi sempre una parete di cemento) per rendermi conto se la situazione è reale. 

Mi sveglio con la sensazione di aver mandato in tilt il sogno. 

Non ricordando più il messaggio. 


Ti ho strappato un petalo.

Era notte ed era sempre un po' oggi. Eravamo stanchi e il silenzio intorno. In dormiveglia quando per una delle nostre primissime volte ho stabilito con te un contatto mentale elevato e pulito. Poche volte mi son sentito compreso e quando capita avviene sempre con molta fatica e titubanza da parte mia nel lasciarmi andare. Tuttavia è come se fossi riuscita a vedere nitidamente una parte di me. Una molto importante, oltretutto. Non voglio negare che la cosa mi ha spaventato un po' in un primo momento, lasciandomi spiazzato. Non me lo aspettavo. Ovviamente questo tipo di contatti durano meno di un impulso elettrico ed è giusto così, altrimenti vivremmo perennemente nell'altro. Rido con te e ti dico spesso che hai un brutto rapporto con le parole ma quella sera con le tue più semplici sei riuscita a dare voce ad una delle mie storie. Quella che non ho ancora scritto, tra l'altro. Ho trovato curioso, piacevole che me la abbia raccontata proprio tu. Però allo stesso tempo anche dispiaciuto ed inquietato che tu mi abbia raccontato proprio questa. Ci sono cose che sento che non augurerei a nessuno anche se la maggior parte delle gente non sarebbe in grado di notarle, oltre che non sapere cosa farsene. Ma nonostante questo sono mie e mie devono restare. Anche al prezzo di sentirmi incompreso per il resto della mia esistenza. Però è stato bello, per un attimo, aver trovato un perfetto equilibrio in noi. Ma questi pensieri fanno male e vedo il mio dolore riflesso nelle tue lacrime. È questo il costo dell'amore secondo me. Oltre la relazione, qualunque essa sia. La sofferenza. 

(Ti porgo un bicchiere di pessimo brandy, ma so che non apprezzi gli alcolici.) 



Il ragno pensieroso.

Sto tessendo la mia tela

dice il ragno pensieroso.  

La articola con cura, 

 ed è pure velenoso.

Dovresti averne paura,

più tesse e più diventa ambizioso.

Con le prede che cattura 

non le mangia, per lui è solo un gioco. 

Spesso le osserva, senza premura

e solo alla fine gli fa la puntura.

Il suo veleno è un pensiero, 

che sembra un sogno

 fin troppo vero. 




venerdì 9 giugno 2023

Il viaggio in un Soffio #2 - Presenze.

 Vuoi andare ancora più a fondo?

Esatto. 

E perché?

È la sola cosa che possiamo fare arrivati a questo punto.

Soffio...

Sì?

Sento una presenza.

Ti ci abituerai. Questo posto è pieno di presenze.

Ci faranno del male?

Non so risponderti, purtroppo.

So che per il momento si limitano ad osservarci.

E tu, come sei finito qua dentro?

Stavo cercando e mi son smarrito.

Non ricordo con esattezza. 

Cosa ci succederà adesso?

Non saprei dirtelo, io sto aspettando.

Qualcosa dovrà pur succedere. 

Fai tante domande tu, eh?

Ho solo paura... Vorrei piangere.

Piangiamo insieme, allora. 


Continua...

 Ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale, ovviamente. 

La chiara cura per una malattia non specificata.

Parliamoci chiaramente se lo vogliamo davvero ma, se non lo vogliamo, possiamo continuare a prenderci in giro. Un po' come se mi fosse stato diagnosticato un brutto male e per questo avessi visto la fine della mia vita correre verso di me a tutta velocità. La spinta vitale mi avrebbe portato ad anni di terapia nel timido tentativo di salvarmi. Dovendomi convincere del fatto di avere non un problema, ma il problema. Come se avessi atteso, ogni giorno, la morte. E dopo essere stato per anni intimorito, spaventato, mortificato e "curato", arriva uno specialista qualunque a sussurrarmi che la diagnosi potrebbe essere inesatta. Sarebbe una situazione grottesca, a parer mio. Sarebbe come non mettere un accento sulla coniugazione del verbo essere. Ho imparato cosa significa essere marchiato. Vedendomi chiudere in faccia delle possibili porte, oltretutto. Ho sperimentato la vergogna, la paura. Mi sono annullato senza volerlo, per questo. Non mi vergogno di dire che alcune volte ho desiderato di morire, per questo. Quasi dieci anni sono tanti. Troppi. Come un ostaggio, collocato nell'esatta metà della distanza che separa il bene dal male. Sempre in bilico sulla soglia del dolore. Situazione che potrei paragonare alla peggior tortura vietnamita. Finito sul mercato nero delle menti, dove l'illusione regna su un popolo di corpi. Dimenticando le persone. Sminuendole, per poi calpestarle. Senza un briciolo di rimorso, in nome di un ordine senza buon senso. Contro natura. Recluso a forza in spazi chiusi dove la luce non arriva. Un posto in cui il tempo si misura in sigarette che bruciano. Dove la notte non si dorme, né tantomeno si sogna, per le urla in lontananza che, disperate, chiedono: aiuto. Vogliono curare un male facendoti ammalare. Vogliono costruirti rompendoti nell'anima. C'è qualcosa di fondamentalmente malato in tutto questo. Ci intravedo una logica irrazionale. Come se mi avessero avvelenato la vita ed ora mi spacciassero l'antidoto. 

giovedì 8 giugno 2023

Vivere o essere vivi.

Quello che voglio provare a fare è esprimere un pensiero troppo sottile, quasi impalpabile. 
Non è una caratteristica intrinseca della vita essere "viva".
Nel senso che ritengo esistano vari livelli, piani e dimensioni di vita. 
Se parti dal presupposto che essere vivi significhi esclusivamente avere un battito cardiaco attivo o tuttalpiù un'attività cerebrale minima, allora no. Rimuovi. 

Reset. 

Essere un organismo in perfetto equilibrio omeostatico, è vivere. 
Possedere una coscienza che si interroga sulla propria condizione, e sulla propria reale esistenza, quello è essere vivi. 
Un'organismo qualsiasi cercherà per forza di creare un equilibrio funzionale alla sua esistenza e la propria esperienza della realtà.
Un vero e proprio attaccamento alla vita. Un legame. 
Una coscienza viva e sopratutto evoluta sarà portata ad esplorare la quasi totalità dei piani di coscienza, oltre che quelli d'esistenza. Non sviluppando un reale istinto vitale, anzi, staccandosene. Rendendola però, paradossalmente, più viva. Mi segui? Provo a spiegarmi meglio: come fossero alieni, lontani da casa. In viaggio per l'esplorazione in nome di un bene più grande e parlo di concetti come la curiosità, il sapere, il conoscersi. La verità. 
Siamo esseri tridimensionali ed emotivi, per questo molti di noi fanno un'esperienza di vita complessa. Le emozioni causano sensazioni. Il dolore di un lutto, la sofferenza fisica, sono entrambe cose che puoi percepire con i cinque sensi. Sul corpo. 
Ma il solletico generato dalla curiosità mi causa un sorriso (la verità è pace). 
Spesso sentiamo dire che è tutto collegato. Non è propriamente così, sarebbe più corretto dire che è tutto sovrapposto. Ma non è di altrettanto semplice comprensione. Tutto ciò che può esistere c'è, ma non è detto che viva. Son sicuro che ti senti più vivo del tuo animale domestico. Proprio perché in grado di interrogarti. La mente viva ed in grado di andare oltre, trova sempre nuove risposte alle domande. Svincolandosi dai pregiudizi e dalla morale. Non eliminandoli, ma lasciandoli semplicemente indietro. Come sempre gli stessi alieni che, voltandosi, vedono il loro pianeta lontano nello spazio e nel tempo. 
Esistono forme e modi diversi di vivere, così come ce ne sono altrettanti di essere vivi. Vedo la forza vitale come un'enorme molla carica. Questa molla, può estendersi e contrarsi ed una volta sganciata potrà raggiungere tutte le dimensioni a lei possibili. 
Un albero è una forma di vita assolutamente diversa da quello che potrebbe anche solo essere un insetto che ci cammina sopra. Quando dicevo che mi piace pensare di avere una dignità particolare, scherzavo davvero. Non riesco a pensarlo. Mi rendo conto che ci sono in gioco forze più forti di noi. Chissà quante sono state le vite vissute all'interno della nostra esistenza. Ed in quante esistenze viviamo. Ed essere vivi non implica necessariamente la paura della morte come prezzo da pagare. Ma di questo parlerò un'altra volta. 

Vi lascio con un video, il trailer di un film molto bello e che, con una delicatezza unica, sfiora il mio ragionamento.





Ghostwriter.

Per alcuni anni ho lavorato ad un romanzo. È partito tutto come un esorcismo. Avevo una storia da raccontare (non la mia) ed ho voluto provarci. Ho sempre pensato la storia funzionasse, si delineava un buon thriller psicologico con una aggiunta di questo e quello. Con qualche colpo di scena buttato qua e là. Incorniciato in una profonda catarsi.  Con dei personaggi così vivi da sembrare reali. Un protagonista banale. E, per non farmi mancare nulla, una bella morale col fiocco. 

Ne ho scritto intensamente, fino a quasi farmi sanguinare le dita contro la tastiera. Ho smesso di lavorarci pochi mesi prima di questo post. Chiedendomi ad ogni singola battuta quale parte di me stesse raccontando quella storia (che ripeto, non è la mia). Eppure dovevo raccontarla, era una cosa più forte di me. E più scrivevo e più mi rendevo conto che, no, non era di me che parlava. Questo mi lasciava con un po' di amaro in bocca e qualche pensiero incastrato tra le sinapsi, tipo per quale motivo io dovessi raccontare proprio quella storia se non mi riguardava. 

Ero arrivato al punto in cui scriverne non mi piaceva più. Eppure ho continuato a farlo. Poi, ad un certo punto, ho avuto un' pensiero che mi ha portato a fermarmi. Il mio romanzo è incompleto*. È un delitto, questo. Per il semplice fatto che è l'aborto di un'idea. Un best seller mancato? No. Semplicemente un'idea. Ed a me è sempre piaciuto raccontare storie vere. 

*Quel che rimane.


Il viaggio in un Soffio #1 - Scendiamo.

 Soffio, dove siamo?

Non lo so, davvero, non lo so. 

Come siamo finiti in questo posto? È tutto buio...

Non chiedermelo. Te lo avevo detto: ci saremmo persi in due.

Persi... Che significa? Come esco da qui?

Non credo si possa uscire. Non fino ad ora. 

Non resta che proseguire. 

Ma sei pazzo? E dove andiamo?

È tutto confuso qua, sembra tutto una contraddizione!

Una contraddizione? No, no.

È solo un paradosso. 

Proseguiamo.

E dove possiamo andare?

Scendiamo, ovviamente.

Sempre più giù. 


Continua...




 

mercoledì 7 giugno 2023

Il silenzio di Dio.

[Tema di oggi: Il silenzio di Dio]


Il rapporto con Dio è una cosa molto intima e personale. 

Tutti gli ci rivolgiamo, in un modo o nell'altro. 

Che ci piaccia o no, nel bene e nel male.


Dio una volta parlava a tutti, 

tutti lo sentivano ed in molti ne chiacchieravano.

Questo perché troppa gente si è sempre limitata a sentirlo.

Ho sentito la voce di Dio! 

Andavano poi in giro ad urlare. 

Personalmente, non ho mai sentito nessuno dire:

Ho ascoltato le parole di Dio. 

Probabilmente è perché, chi l'ha fatto davvero, è ancora troppo impegnato ad ascoltare. 

Dio una volta parlava a tutti, 
poi ha deciso di non svendere più le sue parole. 
Il giorno in cui la verità venne meno, decise di diventare muto. Per non unirsi alla menzogna.  
Sfilò la sua voce 
dalla sua stessa bocca, 
facendola spirare 
tra le labbra 
come un soffio.



Soffio Entropico non vuole essere una maschera perché non lo è. 

Si tratta solo della parte più profonda e buia di ognuno di noi. 

Non quella che nascondiamo, ma quella che non sappiamo nemmeno di avere.

La soglia del dolore è invece la piega tra il bene ed il male. 

Silenzio.

Silenzio. Lo senti?



Diffido da chi non apprezza il silenzio, da chi ne è impaurito e mortificato, e per questo tende a riempirlo a tutti i costi con niente. Silenzio. Una parola dal suono muto. Si conclude con una vocale chiusa, come se oltre non ci dovesse essere nient'altro. 
Eppure quanto c'è dietro ad un silenzio! 
Il silenzio è il suono elevato all'infinito, una dimensione nella quale ogni parola resta possibile senza tuttavia venire sprecata. È lo scrigno delle idee migliori, dei segreti più inquietanti, dei pensieri più folli. È il miglior abito da sera della verità. È il brano musicale scritto da un'intelligenza superiore. È il principio, è la fine. È la colonna sonora del miglior film mai girato. Il sottofondo del dialogo interiore. È il tuo piatto preferito, quello che condisci come vuoi tu. È l'acqua che ti disseta dopo una faticosa giornata di lavoro. È la forza di alzare muri, fino a costruire castelli. È spesso una prigione, ma può essere anche una condanna. Troppe volte la miglior risposta. 

Silenzio. 

Non voglio sentire nient'altro, questa sera. 

"Io credo che la morte sia solo una porta."


 

L'orizzonte degli eventi.

Ti chiedo di essere preparato a rimettere in discussione ogni tua convinzione, a spostare drasticamente ogni tuo punto fermo. A rivedere anche il più calcificato dei tuoi dogmi. Spogliati di tutte le tue credenze, sgancia da te le superstizioni e rinnega la tua fede. Uccidi chi pensi di essere, lavati dal sangue avvelenato del tuo ego e, infine, inginocchiati. Con le mani giunte a coprire il volto, non provare vergogna per il tuo delitto, non sentirti in colpa. In questo posto vige una morale nuova, appena nata. 
Sto vivendo in una maniera così dannatamente distaccata, e lo sai anche tu. Anche se mostro il contrario. Tuttavia mi interessa poco quello che le persone possano pensare di me, questo perché ormai riesco solamente a percepire come mi sento. C'è un posto nello spazio e nel tempo in cui tutto collassa, anche il ricordo di ciò che siamo stati. Come dissi una volta, viviamo di ricordi per costruire ricordi. Tutti noi ci portiamo dietro un bagaglio, il più delle volte pesante e superfluo. Troppo spesso logoro e fatiscente. E con questo fardello, in ogni singolo istante, sfondiamo la trama della quotidianità oltrepassando il futuro. Che poi, altro non è se non ricordi ancora da sperimentare. Ho letto un articolo nel quale veniva spiegato di come siano le stesse aree del cervello ad attivarsi, a prescindere dal fatto che stiamo ricordando il passato o immaginando il futuro. Questo dovrebbe farti pensare. Esiste solo il qui ed ora, è minuscolo e fugace, intangibile e difficilmente sperimentabile fino in fondo (ci vuole molto allenamento) ma è immenso. 
Scrollati di dosso l'idea che un giorno sarai questo o quello, che un giorno farai questa cosa o quell'altra. Vivi e muori in questo giorno, come nel film The Gray. È un concetto più semplice di quanto si possa immaginare ma abbiamo la mente satura di nozioni che, fondamentalmente, non servono a niente. L'orizzonte è sempre un po' più distante ma ricorda, lo stai osservando da quello che è l'orizzonte per qualcun'altro. 

martedì 6 giugno 2023

Il motivo per cui scrivo.

Perché mi sembra la cosa più sensata da fare da molti anni a questa parte. 
Devo in qualche modo seguire una traccia di me, per paura di smarrirmi. 
Per una forse insensata paura di dimenticare. Una necessità, in pratica.
Tra le pagine di questo spazio sperduto nel web posso ritrovarmi ogni qualvolta io senta il bisogno di farlo. In ogni momento in cui qualcosa distoglie la mia attenzione dal seguire quel rosso filo che ho intercettato con fatica e che seguo ormai da molto tempo. 
Ma è ad ogni modo anche un mezzo per veicolare un messaggio, anche se con molte difficoltà. 
È come se fosse stato instillato in me un nuovissimo ed esclusivo linguaggio verbale. Con una grammatica, un lessico ed una logica tutta sua. Niente di mai visto fino ad oggi. Mi viene quindi impossibile tradurlo a te, che cerchi di comprendere ciò che voglio dire tra le righe, mi segui? 
Parlo per immagini, non saprei come altro farlo. 
Scrivo, scrivo ma non sai quanto le parole mi abbiano stancato. Non ne ho molte, dopotutto, e sono sempre le stesse. Provo però a riempirle sempre di contenuti diversi, dando loro significati nuovi, spesso apparentemente illogici. Sono stanco, demoralizzato e deluso dalle parole. 
Mi sembra di non vedere nulla se non sabbia a perdita d'occhio ed io (la mia mente inizia a delirare) mi vedo dall'alto come un minuscolo granello all'interno di una clessidra. 
La scrittura ha inoltre un potere troppo spesso sottovalutato: crea. Nel momento in cui scrivi un pensiero qualsiasi, quel pensiero che era tale fino ad allora si svincola da te e diventa a tutti gli effetti qualcosa nel mondo che stai sperimentando: un simbolo che racchiude un'idea. Uno scrigno dal contenuto preziosissimo. 
Conosco poche cose forti come la scrittura, ed ancora meno così deboli come le parole. La chiave è in chi scrive, mi dico. 
Sarà per questo, forse, che riesco ad amare (presuntuosamente) solo le mie parole. Perché le ho fatte nascere, le ho viste crescere. Le ho nutrite, altre volte ci ho fatto a botte. Ma restano mie. 


lunedì 5 giugno 2023

Da questo momento, questo blog, è un po' nelle mani di tutti. La cosa si fa inquietante.



Hai detto "interessante"?

Vecchio sogno ricorrente #1

Per un determinato periodo della mia vita, piuttosto lungo, ho avuto un sogno ricorrente:

Sono un passeggero a bordo di un aereo di linea in volo. Sono in dormiveglia e lascio sprofondare la testa nello scomodissimo poggiatesta della poltrona. D'un tratto, un silenzio irreale mi riporta alla realtà del sogno facendomi rendere conto che non sento più il rombo dei motori. Si sono spenti. Vengo preso dal panico. Mi giro portando la visuale alle mie spalle, lungo il corridoio centrale, per rimanere sotto shock nel vedere il resto dei passeggeri tranquilli, sereni. L'aereo picchia in caduta libera, prossimo all'impatto. 

Mi sveglio. 



 

Una sana necessità di chiarezza.

La voglia di sapere non è sempre indice di una sana necessità di chiarezza. Il più delle volte si tratta di una curiosità fine a sé stessa.


Trovo paradossale e snervante il fatto di non sapere assolutamente nulla di cosa io fossi prima di venire al mondo. Tantomeno cosa succederà nel momento in cui smetterò di esistere. Mi è chiaro di essere immerso in qualcosa nel quale non so nuotare*. Oltre che una condanna a morte, sembra tanto qualcosa che sa di tortura. Ma potrebbe anche essere qualcosa di onirico, un sogno. Siamo qualcosa di piccolo, potremmo essere il fragile pensiero di un’idea appena nata nella mente di un bambino che gioca al piccolo chimico. No, non sono pessimista anzi, mi piace pensare di avere una dignità particolare (scherzo). Tuttavia quello che mi fa davvero ben sperare è che quel bambino, in quanto superiore, debba essere necessariamente buono - ma non è da dare per scontato. In ogni caso siamo semplicemente fottuti. Ma possiamo pregare, se volete. 


Ho letto qualcuno chiedere quale fosse l’aspetto più drammatico della condizione umana. L’ho trovata una domanda molto profonda e ben posta, allora ho provato a darmi una risposta. Ho subito pensato al dolore, alla sofferenza, e mi son detto che tutto deve avere un senso. Ho pensato ai due momenti più importanti di ogni essere vivente. La nascita e la morte, mi son venuti in mente. Ed hanno una cosa in comune, ossia che non dipendono da noi, soprattutto la prima. Mi verrebbe da pensare che il disegno finale non sia dei più idilliaci. Ad ogni modo, per rispondere alla domanda, mi sento di dire che la condizione umana è drammatica proprio per via della sua condizione di perenne ignoranza. Ignoriamo qualsiasi cosa. La nostra mente è limitata e, non sapendo cosa altro fare, si accontenta di poco. Molto poco. Viviamo una realtà così volutamente razionale, ordinata, che rispetta delle regole il più delle volte paradossali e, per questo, disordinata. Di non immediata comprensione. Non stiamo capendo un cazzo, in parole povere. Ma possiamo pregare, se volete. 






Annego.

sabato 3 giugno 2023

To my Ghost.

Ciao, è da tanto che non ci sentiamo. 

Sono molte le cose che ti vorrei dire. 

Non vorrei correre però il rischio di annoiarti, ancora. 

Come in un dejavù scriverò ora cose che potresti non comprendere, ma sono le sole che ho per te.

Ormai non provo più a capire (bugia). Ma non potrò mai smettere di cercare un modo per uscirne. Io non lo voglio spiegato. Lo voglio contemplare da fuori. Già lo sento parte di me. E non è stato facile per me, in tutti questi anni, lo sai. Come son certo non lo dev'essere stato per te, in un modo o nell'altro. Ci sono stati alti e bassi, anche momenti molto, molto belli ed importanti, per me. Come son certo sarà stato per te. Io devo solo dar loro un senso, collocarli nella propria dimensione all'interno dell'assoluto. Trovare una dimensione nella quale collocare me. Trovare un equilibrio tra tutto e niente. Per schivare un altro "qualcosa." Ed io che mi sento immobile. Ho avuto dei problemi in passato, e lo sai. Come sai che li sto avendo adesso. Tutto si trasforma in poco tempo mentre tutto scorre, andiamo velocissimi. Ci propaghiamo come onde. Ogni onda è nuova, tuttavia sempre la stessa. È uno specchio nel quale ci siamo rivisti forse entrambi, reciprocamente. In un modo che ha fatto tanta paura. 

Mi chiedo come tu stia. Cosa sia rimasto. Non ti auguro nemmeno una piccola parte di quello che in me è rimasto di te. La sua pesantezza. Non passerei tutto il dolore e la paura in me, nemmeno al mio peggior nemico in guerra. Mi sono colpevolizzato tanto, forse troppo, penso però che nessuno dei due lo abbia voluto davvero. Se non altro mi piace pensarlo. Mi hai comunque lasciato tanto, che nel tempo sto imparando a gestire. Anche se non mi lascerò mai andare all'idea che esista un gioco senza fine. Questa non è vita. 

Credimi se ti dico che spero tu stia bene.

Nell'attesa, attendo. 

Un caro saluto. 

Io.

venerdì 2 giugno 2023

Tutti abbiamo già scritto quella lettera che non avremmo mai il coraggio di far recapitare, vero?

Qualcuno disse che una guerra alcune volte, purtroppo, può essere necessaria. 
Mi chiedo a chi, a cosa. 

Ho diverse bozze, molto personali più che cerebrali /spirituali, che probabilmente pubblicherò.

giovedì 1 giugno 2023

Bozza bizzarra.

Ho visioni nelle quali vedo me in ogni mia possibile esistenza, simultaneamente. Vedo anche i colori del buio. Vivo di sensazioni, non sempre belle. Quasi mai mie. Percepisco il suono del silenzio. Vedo oltre la trama.

Faccio tutte queste cose, sono solo un po' andato. Rotto. 

Algoritmo.

Il Karma. 

È per tutti 

un benefattore 

meritocratico. 

Il Karma. 

È per me un gioco 

sadico,

diabolico. 

Un inganno. 

Un algoritmo.


Dovremmo prendere consapevolezza del fatto che la vita, anche se nostra, non ci appartiene.

Ma sei vera? (Dal vecchio blog)

Questa è forse la domanda che io pongo più spesso a molte delle persone che inziano a relazionarsi con me. O per lo meno che ci provano. E comunque non sono poi molte. Ad ogni modo tendo ad assicurarmi che le persone che mi si approcciano siano autentiche. Reali. Vere. Non pilotate. Non manovrate. Vivo su un enorme palcoscenico il cui regista, ogni giorno, manda in scena muovi personaggi. Non sono le comparse che mi preoccupano, ma piuttosto quelli che attraversano le quinte, per ritrovarsi sul palco, con la presunzione di voler fare i protagonisti. Il copione non è mai troppo diverso, ogni volta. La sceneggiatura è scritta al contrario, come in uno scritto di Leonardo Da Vinci. I dialoghi sono pungenti come un coltello e le scene sono sarcasticamente pirandelliane. Spesso ciniche. Le maschere del teatro dirigono i lavori mentre il regista se ne sta seduto su una sedia che porta il suo nome dando direttive a queste. Ed io ormai sto al centro del palco, non guardo nemmeno più quello che mi accade intorno. Cambiano le scene, cambiano le scenografie, resto impassibile. Con lo sguardo cerco il pubblico davanti a me ma la luce dei fari è accecante e non mi consente di vedere nulla. Presumo e temo, però, che non ci sarà mai un applauso finale. Nessuno lancerà rose sul palco. Non per me che, lo ammetto, non sono mai stato un grande attore nonostante i miei vani tentativi di fare il commediante. Non firmerò autografi. Nessuno mi riconoscerà per strada per la mia performance sul palco. O forse faranno solo finta di non riconoscermi. Non ho mai cercato la notorietà. Sono un tipo al quale piace stare in disparte. Vorrei solo spegnessero le luci per vedere com’è in realtà il teatro, vorrei solo calasse il sipario per smettere di trattenere il respiro. Vorrei il pubblico tornasse a casa dalle loro famiglie. Vorrei che le comparse, gli attori, buttassero il copione. Vorrei il regista si renda conto del suo flop teatrale e andasse a dedicarsi ad altro, magari all’ippica. Vorrei non dover più chiedere a chiunque Scusa, ma sei vera? E mi chiedo come dannazione non abbia fatto a chiederlo a te, che probabilmente mi avresti detto di andare a fare queste domande da un’altra parte. Ma tu non sei vera. Puoi negarlo?

La stanza bianca. (Dal vecchio blog)

E trovarsi, seduti uno di fronte all’altra, a parlare guardandosi negli occhi. In una stanza bianca. Forse è l’unica cosa che avrei voluto da te. Avrei così tanto da chiederti, e tu avresti così tanto da dirmi, che una vita non ci basterebbe. Ma come dicesti tu sarebbe bello incontrarsi, un giorno, con la sensazione di essersi già incontrati magari in una vita passata. E sarà forse allora che sazierai la mia fame di verità. Ne ho bisogno. Ma nonostante tutto resto tutt’ora così dannatamente fisico e materiale, troppo saldamente ancorato a questo mondo, a questa dimensione, a questa vita, che io ho bisogno di risposte ora. Non domani, non tra un anno o tra vent’anni. Qui. Non in un’altra vita. Anche se è vero che sto imparando ad aspettare questo non significa che tu debba approfittartene. Ho bisogno di qualcosa di forte anche io, qualcosa che tu stai custodendo troppo gelosamente in uno scrigno al quale non vuoi farmi accedere. La chiave o la serratura? Non entrambe, hai detto. Ma hai mai pensato che io e te potessimo completarci vicendevolmente? Che io sia la chiave e tu la serratura? O viceversa. Non so quanto questo importi. Quello che conta è il contenuto. O sbaglio? E allora dove sei? Perché hai lanciato il tuo messaggio in bottiglia nella corrente della mia esistenza? Perché tutto questo? Vedo te che mi aspetti, forse impaziente, dentro quella stanza bianca. Ed io fuori, che tento in tutti i modi di raggiungerti. Tu, forse, potresti aprire quella porta, farmi entrare. Ma non lo fai. Perché? Cosa mi sfugge? Dove sbaglio? Chissà se in quella stanza, con te, c’è almeno un orologio che segni la stessa ora che segna il mio. Sai, da quando ti ho incontrata ne porto sempre uno al polso. Chiedendomi se il lento stillicidio di un tempo che non passa mai ha lo stesso lento scorrere del tuo. Chissà, se un giorno, riusciremo mai a raggiungerci. Chissà. 

L'infelicità è la forma che prende la consapevolezza dell'esistenza di altro.