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lunedì 31 luglio 2023
Cos'è l'arte?
domenica 30 luglio 2023
Conversazione di vita vera. (Dal vecchio blog)
Sai quante possibilità si realizzano nell'infinito?
Non fare questi discorsi a me.
Cercasi disperatamente Tavor.
sabato 29 luglio 2023
Il circo Demurr 2.0
A distanza di dieci anni propongo una rivisitazione di un brevissimo racconto scritto da me e dal titolo "Il circo Demurr".
Il pubblico applaude con forza ed il battito di mani sfuma nel buio delle luci che tornano ad affievolirsi fino a spegnersi del tutto. Torna il silenzio, ricomincia l'attesa. In quel buio e in quel silenzio, dei movimenti vicini a Ben gli fanno capire che il suo papà è tornato a sedersi accanto a lui. Non riesce a prestargli attenzione perché incantato dallo spettacolo che sta per iniziare. Nel buio un ruggito e più lieve la voce ferma di un uomo che da ordini alla bestia, infine le luci si accendono illuminando la scena: un domatore ed i suoi tre leoni.
L'uomo agita nell'aria una lunga frusta imponendo un percorso agli animali tra ostacoli e salti, alla vista del pubblico stupito ed entusiasta. I leoni concludono la loro esibizione al centro del circo, su di una pedana dove con un forte ruggito in coro sembrano volere l'attenzione del pubblico. Il domatore si sta infatti accingendo all'ultimo numero della sua esibizione nel quale inserirà la sua mano tra le fauci di uno dei feroci felini. Si porta quindi ai piedi dell'animale e con una mano gli accarezza la criniera.
Il leone apre voracemente la bocca ed in uno scatto si piega verso il braccio del suo addestratore afferrandolo. Poi, con una feroce brutalità inizia a scuotere furiosamente la presa strattonando l'uomo a destra e a sinistra. Quest'ultimo, oltrepassato dal dolore, esala uno straziato lamento chiedendo aiuto. La segatura al suolo diventa una poltiglia pregna di sangue. Nessuno verrà in soccorso del povero circense che morirà dopo pochi istanti davanti agli occhi di tutti. I leoni escono infine dalla scena, sulla quale torna l'ombra.
Negli occhi di Ben il terrore. In un surreale silenzio si chiede cosa sia successo. Non riesce a parlare. Vorrebbe piangere ma non ci riesce, vorrebbe abbracciare il suo papà ma il suo corpo è come paralizzato dallo shock. Si chiede come faccia il resto del pubblico a rimanere così impassibile davanti alla scena appena vista. «Vuoi dei popcorn?» gli chiede sottovoce il padre chinando verso di lui la testa ed allungandogli il cartone contenente il mais. Il piccolo, ancora tremante, non riesce a pronunciare una parola.
Quando le luci tornano ad accendersi, al centro del circo non v'è traccia dell'uomo fatto a pezzi. Il sangue sul terreno è scomparso. "Qualcuno deve averlo pulito" pensa tra sé il piccolo Ben. La situazione sembra tornare quasi normale e per un attimo il bambino ha pensato di essersi immaginato ogni cosa. Poi una musica viene diffusa nell'ambiente dagli altoparlanti e in un gesto naturale gli viene da alzare lo sguardo in direzione del suono, vedendo così tre acrobati appesi ai trapezi posizionati in alto.
Questi iniziano a volteggiare, saltando da una corda all'altra sospesi in un vuoto di almeno una dozzina di metri. L'esibizione cattura Ben, che la guarda estasiato. Saltano, fanno piroette a mezz'aria, si prendono l'un l'altro proprio quando stanno per cadere verso il basso. Quando, ad un certo punto, uno degli acrobati perde la presa di un compagno. Cadendo a peso morto verso il terreno. Lo sguardo del giovane segue il corpo dell'atleta precipitare in una caduta agitata fino a tonfare sul duro terreno nudo, dove resterà immobile.
Gli altri due uomini ancora impegnati nella loro performance come se nulla fosse hanno tutta l'attenzione degli spettatori mentre invece, quella di Ben, è fissa sul cadavere dell'uomo appena caduto a terra. Si accorge che una pozza di sangue si sta irraggiando da quel corpo, inzuppando ancora una volta la segatura del terreno di sangue. Lo spettacolo dei trapezisti si conclude in un applauso del pubblico ed i due rimanenti uomini del circo escono dalla visuale. Il corpo inanimato del defunto circense resta immobile.
Ancora una volta nell'oscurità questa volta il piccolo impaurito riesce a portarsi le mani al volto per coprire la vista a quella scena insopportabile per lui. «Voglio andare a casa... » pensa, trattenendo le lacrime e con il viso tra le mani. Nemmeno suo padre sembra accorgersi delle brutalità che stanno avvenendo in quel posto. Abbassa la testa verso le ginocchia rannicchiandosi in una posizione che lo rende simile ad una pallina di stagnola accartocciata. D'un tratto una mano sulla schiena e la voce del padre che gli chiede se voglia o no dei popcorn.
«Guarda Ben, stanno entrando i clown!» incoraggia poi il figlio che, piano piano, torna ad alzare lo sguardo davanti a lui. Tre pagliacci si punzecchiano tra di loro facendosi scherzi e dispetti divertenti. Sono tutti colorati ed hanno dei buffi vestiti. Uno di loro porge una scatola ad uno degli altri clown, facendogli segno di aprirla. Questo, incuriosito, ne apre il coperchio. Dalla scatola un guantone da boxe smolla fuori andandolo a colpire proprio sul muso e facendolo cadere a terra sotto le risate di un pubblico divertito. Poco dopo si rialza, si massaggia un bernoccolo sulla fronte e poi tira fuori dalla tasca del largo cappotto una pistola ad acqua.
Puntandola contro il suo amico burlone, preme il grilletto. Dalla pistola parte un vero colpo da fuoco che fa secco il povero clown. Ancora con la pistola ad acqua in mano e stupito da quello che avevo fatto, guarda la pistola con stupore chiedendosi come abbia potuto verificarsi una cosa simile. Per sincerarsi spara quindi un altro colpo, uccidendo questa volta l'ultimo suo collega. In preda al delirio il clown ancora armato punta la pistola verso il buio che avvolge gli spettatori. Con un occhio chiuso ed uno aperto per prendere la mira, punta in direzione del piccolo Ben.
Il piccolo indifeso e ghiacciato dal terrore torna a coprirsi il volto preso dalla paura. Un forte boato lo fa sussultare, ma non accade nulla. Intorno a lui ancora il silenzio. Decide di scoprirsi gli occhi per vedere poco dopo il clown steso a terra in una pozza di sangue con la pistola ancora in mano. Ben questa volta piange a singhiozzi, gli manca l'aria. Riprende padronanza del suo corpo e si gira verso il padre in cerca di sicurezza. Nell'ombra lo cerca.
Accanto a lui, però, suo papà non c'è. Vi è seduto un clown, che con aria incuriosita guarda il bambino. Ben inizia a tremare alla vista di quegli occhi impregnati di sangue, cerchiati di vernice rossa, su una pelle bianca come il latte. Una bocca che sbava si socchiude e sospira e, prima che cali di nuovo il buio, gli chiede: «Ben, li vuoi i popcorn?»
venerdì 28 luglio 2023
In questo momento, dietro le quinte:
Non capirei e non merito di sapere come si faccia a sorridere con la morte nel cuore.Indietreggio e mi inchino davanti a tutta questa verità.
Non capirei.Non merito di sapere.
Avrei preferito una coltellata in piena schiena durante il sonno piuttosto che vederti prendere il tè con i miei fantasmi più antichi e stanchi.
giovedì 27 luglio 2023
mercoledì 26 luglio 2023
Sottomondo.
Segnali di fumo.
domenica 23 luglio 2023
Cuciamo idee addosso alle persone che fanno parte della nostra vita. Le vestiamo delle nostre aspettative, accessoriandole con i nostri sogni come fossero nastri di seta brillantati. Oppure le specchiamo nei nostri incubi peggiori facendole suonare come pianti terrorizzati. Prima ancora di voler bene ad una persona amiamo l'idea che ci siamo fatti di quest'ultima. Il più delle volte questa è carica di significato oltre ogni previsione. Rifletto molto spesso ormai da tempo che, io, per l'altro non sono nient'altro che un'idea. E questo non è male, considerato il fatto che un'astrazione è la somma delle parti che compongono l'intero. Un po' come se potessi vedermi dall'esterno con occhi diversi ed una consapevolezza del tutto. Localizzarmi e prevedere la mia traiettoria nella vita e nel cosmo. È oltretutto una visuale su di me che non riesco ad avere, perché ovviamente abituato (costretto?) a vedermi da dentro. Il problema è che un'idea è quasi sempre soggettiva e tristemente contaminata da pregiudizi e moralismo. Magari per qualcuno che mi legge senza conoscermi potrei essere semplicemente "quello che scrive" o, per chi mi conosce meglio, "quello là, che fa quel lavoro, che ha quella famiglia, che fa quelle cose". Voglio dire che nessuno conosce nessuno per davvero, mai. Conosciamo tuttalpiù una parte di quella persona. Il più delle volte combacia con quella di cui abbiamo più bisogno. Le persone le costruiamo noi. Dal punto di vista della persona esiste l'io nella sua totalità, magari non sempre pienamente conosciuta ma sicuramente presente nell'insieme. Alla vista degli altri siamo frammentati. Passiamo attraverso un contagocce.
Tutto questo credo ci renda tutti sempre un po' più soli.
Disturbo spirituale.
sabato 22 luglio 2023
Silenzio radio.
Qui Sierra, Oscar, Foxtrot, Foxtrot, India, Oscar.
Ci addentriamo in area ostile.
Percepiamo un pericolo.
Chiediamo supporto e annunciamo silenzio radio fino a nuova comunicazione.
Passo e chiudo.
Amnistia.
Io, in fondo, ce l'ho un po' con Dio.
Nello stesso identico modo in cui Lui ce l'ha con me.
Ci punzecchiamo da sempre ed oggi siamo arrivati al punto in cui ci prendiamo a coltellate, aprendo larghe ferite in entrambi.
Parlo di un Dio bambino, che sa essere dannatamente cattivo nella sua innocenza e nella sua ingenuità.
Ma anche tanto fragile ed indifeso alla furia di un soffio del Diavolo.
Siamo cresciuti insieme facendoci giocosi dispetti, passandoci al volo una bomba innescata da tempo.
Passando del tempo anche solamente a fissarci, muovendoci in sincronia.
E quindi cambiando.
Conoscendoci sempre di più, in fondo, sempre più giù.
Fino a perdere il contatto con la superficie, fino a non vedere più la luce.
E nel buio lottiamo, silenziosamente ci lanciamo maledizioni.
Una guerra scatenata.
Una diplomazia velenosa.
Tattiche sleali.
Armi proibite.
A sua immagine e somiglianza mi dipingo il volto con vernici che ricordano pitture indigene.
Tamburi risuonano melodie di un conflitto che avanza.
All'alba di un giorno qualunque.
Alla luce di un sole tiepido.
Bagnato da una pioggia acida.
Chiedo amnistia.
Non so perché, mi viene però in mente questa canzone:
giovedì 20 luglio 2023
Roulette russa.
Con premura e rammarico muove il dito contro il tavolo, tenendo il tempo e battendo il ritmo di una sola nota. Un suono martellante in grado di far salire l'ansia fino a sincronizzarsi con il battito cardiaco. Una finestra aperta sul freddo grigiore del mese di Febbraio congela la stanza. Il suo pesante respiro condensa davanti al suo stesso volto stanco e immobile. Nella mente naufraga allontanandosi dalla sponda, trovandosi in un mare aperto che diventa oceano. Nel frattempo l'altra mano pende quasi morta raso terra con un'arma da fuoco nella presa. Un vecchio revolver con esclusivamente un colpo nel tamburo. Piano piano si solleva all'altezza della tempia dove la canna fredda poggia sulla pelle tiepida. Davanti agli occhi le immagini di una vita e come suono una melodia nera, appeso al muro un orologio che fa tic tac scandendo il passare del tempo prima della scelta. In balia della resa chiede scusa, trema e spera che la sua dipartita abbia più senso della sua esistenza intera. Dalla sua nemmeno più la sfortuna al che sgrilletta con impazienza ed in un forte suono finisce la sua pena. In un lago rosso ora il suo corpo giace freddo ed inanimato, e con lui tutte le preoccupazioni e le paure se ne vanno. Con titubanza l'anima si stacca uscendo da quel foro insieme al fumo dell'unico colpo andato a segno, in una vita passata a prendere la mira senza mai fare un centro. Sul tavolo una lettera scritta con la penna nera, ormai anche quella è pregna del sangue della sua coscienza che non si legge nemmeno una sua firma. Sarà solo la scientifica che disponendo l'autopsia riconoscerà qualche brandello di pietà mista ad umanità incompresa, in quel gesto che racconta la mediocrità di una sconfitta attesa.
martedì 18 luglio 2023
Girotondo.
domenica 16 luglio 2023
mercoledì 12 luglio 2023
Fumo del passato.
Una notte come tante di diversi anni fa. La tv che parlava, trasmetteva il telegiornale della notte. Con la porta aperta per fare girare un po' l'aria calda di quell'estate. L'insonnia che batteva forte sulle tempie scandiva attimi interminabili. Mi lasciavo andare quindi nel modo in cui più mi piaceva.
Era una mia fragilità. Non riuscivo a vederlo come un "problema", mi ci sono voluti degli anni. Eppure era la compagnia che più preferivo a quei tempi. Mi permetteva di vedermi e quindi di centrarmi. Non saprei in che altro modo spiegarlo.
Il suono delle cicale sugli alberi, qualche moscerino che svolazza. L'odore della notte buia e quel sapore così forte in bocca da far grattare la gola. Le palpitazioni aumentavano, riuscivo a sentire distintamente il sangue scorrermi nelle vene. Il mio corpo si rilassava.
Prendevo distanza da me stesso e tutto ciò che mi ruotava attorno, riuscivo a contemplare ogni cosa dall'esterno senza lasciarmi trascinare dai pensieri. Questi scorrevano come una goccia d'acqua sul finestrino di un treno in corsa.
Stavo andando lontano con nessuna intenzione di fermarmi. Qualsiasi direzione stavo prendendo, la percorrevo velocissimo. Mi solleticava la mente, avrei voluto in quel momento assaporare ogni attimo di quel viaggio. Non riuscivo a fermarmi.
Il bisogno di vedere le cose da prospettive nuove e diverse mi portava all'estremo. Volevo raggiungere a tutti i costi quella visuale privilegiata che mi avrebbe permesso di tuffarmi poi in picchiata contro la mia immagine, schiantandomici contro a tutta velocità.
E ci avevo preso l'abitudine, perché mi piaceva sentirmi in quel modo. Vedere le cose in quel modo. Sentire il mondo in quel modo. Era un momento di leggerezza del quale non volevo privarmi, ma che poi così leggero non era perché ogni volta la mia mente andava lontano e non riuscivo a starle dietro.
Passavano i mesi, che diventavano anni. E non riuscivo a farne a meno. Era l'appuntamento fisso con un mondo parallelo, al di fuori del quale non ero più io. Ogni volta andavo sempre più il là ed ogni volta ne tornavo diverso, non riuscivo più a trovarmi fuori da quell'atmosfera.
Avevo costruito una gabbia per tenermi al sicuro e non avevo intenzione di uscirne. Quegli spazi inziavano a starmi stretti e a puzzare di vecchio e logoro. Con i palmi stretti sulle sbarre di quella prigione guardavo il mondo chiedendomi quale fosse il dentro e quale il fuori.
Non c'era più niente. Non restava più nulla.
Avvolto da un fitto fumo denso mi lasciavo andare come un pianista che improvvisa e suona ad orecchio.
Game over.
martedì 11 luglio 2023
domenica 9 luglio 2023
Tutto per colpa della Luna.
venerdì 7 luglio 2023
Interruttore.
Sistema di recupero della memoria: ON.Recupero delle informazioni in corso...
giovedì 6 luglio 2023
Insonnia.
È tardi. Siamo gli unici a non dormire in questo posto. Agonizziamo nel lento scorrere del tempo, in una gabbia fatiscente e vuota che odora di rabbia. Evitiamo di incrociare i nostri sguardi, non reggeremmo di vedere riflessa negli occhi dell'altro un'ulteriore sconfitta. Quando capita che ci guardiamo lo facciamo con l'imbarazzo di accorgersi ciò che siamo diventati. Siamo fragili oltre che deboli e stanchi. L'insonnia ti toglie ogni cosa, anche i sogni. Ti da tuttavia la silenziosa pazienza per apprezzare le sfumature del cielo che si accende. Così tardi, così presto. Sembra tutto così lontano nella notte, soprattutto le preoccupazioni. Come se la notte fosse un mondo a parte, una realtà parallela. Le nostre vite sono rimaste nella parte del mondo che ora è illuminata. Qui, nell'ombra, è rimasto quello che siamo per davvero. Per quanto possa essere buia, una notte insonne qualsiasi, porta chiarezza su dettagli che solitamente non vengono colpiti dalla luce del sole. E tutto si lascia contemplare nel silenzio, da lontano, in quella terra di nessuno che non è ieri e non è domani. Ma sempre oggi. Abbiamo gli occhi chiusi, ti allungo la mano e non la vedi. Tu di ghiaccio nella notte non ti fai trovare. Alzo le spalle, mi accendo una sigaretta e trovo invece la calma. Gioco col caos e ne seguo l'ordine. Mentre tu immobile, mi fissi. Arriva l'alba, suona la sveglia e devo alzarmi per andare a lavoro.
mercoledì 5 luglio 2023
Satcom 121.5 Mhz
Tower, qui Sierra - Oscar - Foxtrot - Foxtrot - India - Oscar.
Non possiamo rientrare alla base. Ci siamo persi e non riceviamo.
Passo.
martedì 4 luglio 2023
Gaslighting.
sabato 1 luglio 2023
Psicosi sparse.
Mi chiedo se sia più coraggiosa la paura del nulla o la convinzione dell'infinito. Nel dubbio, scelgo il delirio.
Questo ragionamento è per molti ma non per tutti, ma io lo sbatto proprio qua sul blog. Alla luce del sole. Agli occhi di chiunque.
Ci sono certi momenti in cui vorrei non credere in niente. Sentire il pieno controllo di me e della mia individualità. Dal punto di vista di un ateo (nel senso più ampio possibile) esiste solo l'individuo nella sua fragilità ed in bilico sul caos mentre schiocca in un battito di ciglia cosmico. Tralasciando che anche questa potrebbe essere una credenza più che una convinzione; trovo che vivere con questa idea porti queste persone ad un livello superiore, in un certo senso. Dico spesso che diffido da chi non crede in niente ma solo perché percepisco la loro come una visione limitata della realtà, resta tuttavia quella più funzionale all'esistenza. Nel momento in cui accettiamo e crediamo nell'esistenza di altro, entrano in gioco dinamiche complesse che sollevano domande e dubbi. Non parlo della cieca fede in un dio che giudica e nemmeno dell'esistenza o meno del paradiso e dell'inferno. Queste cose le lascio ad altri. Mi riferisco invece all'istante in cui prendi coscienza del fatto che regna un'equilibrata follia in ogni cosa. Ed è un attimo da lì a perdere la ragione. Quando intravedi il disegno, quando riconosci dei pattern nella tua vita di tutti i giorni e capirai che sarà così fino alla fine della tua vita, a quel punto non resta che tenersi forte.
Da giovane ho attraversato un periodo in cui ero convinto che qualcuno volesse farmi del male. Oggi mi lascio andare all'idea che ci sono in gioco forze più antiche di qualsiasi altra cosa. Forze alle quali non possiamo sottrarci, un po' come essere soggetti alla forza di gravità. È inevitabile.
Mi avevano detto che ero pazzo, che avevo enormi problemi. Ho provato rabbia, paura. Uno sgradevole senso di inutilità. Perché le cose che abbiamo in testa possono essere reali tanto quanto l'ambiente che ci circonda. Io ho lasciato che fosse affondato in me un coltello, che sentivo andare sempre più in profondità. E non potevo fare altro che guardare e sentire quel dolore farmi a brandelli. Oggi, invece, riesco quasi a gioirne. E questa ferita gocciolerà sempre un po' ma non m'importa. Da qualche parte doveva pure entrare, qualunque cosa sia. Che mi porta a guardarmi dentro e a riconoscermi fuori.
Allego di seguito una canzone. Più chiaro di così...
L'infelicità è la forma che prende la consapevolezza dell'esistenza di altro.
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Un'abitudine collettiva, diventata con il passare dei millenni una vera e propria dinamica comportamentale umana consolidata, come può ...
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(INTERFERENZA) Come se stessi guardando un film e, invece di seguire le vicende del protagonista che si snodano nella trama, mi fossi concen...
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L'abbiamo vista attraversare le stagioni, eppure nella mia mente è avvolta da un forte ma gradevole profumo di pioggia appena scesa. Cir...