Player

Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

mercoledì 29 maggio 2024

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On air.

- Mi scusi signore, posso farle alcune domande?
- Certamente.
- Volevo chiederle, sacrificherebbe la sua vita intera in nome di un bene collettivo?
- Credo dipenda da cosa ci sia in gioco, probabilmente sì. 
- E mi dica, se scoprisse nel corso della sua vita che la sua esistenza fosse stata sacrificata a prescindere dalla sua volontà in nome di questo bene collettivo, cosa penserebbe?
- Sarebbe un'ingiustizia.
- Per quale motivo?
- Perché non sarei stato interpellato, ovviamente.
- Forse non avrebbe capito, non crede? Voglio dire, il bene collettivo molte volte sfugge alla vista del singolo individuo. Cosa mi dice di questo?
- Che mi chiedo chi possa arrogarsi la presunzione di decidere per le vite degli altri. 
- E avrebbe voluto farlo lei, signore?
- Senta, vada a fare questi discorsi da un'altra parte. Ho cose più importanti a cui pensare.

Da un altro mondo, per ora è tutto. La linea allo studio.


Mi brucia il cervello.

"Basta, basta, basta."

La cosa che più mi fa paura e mi demoralizza è che potrebbero volerci ancora interi anni, decenni. Secoli. 

martedì 28 maggio 2024

Premo il tasto "Smooth".

Vedo persone con mesh ancora troppo poligonali.

Alt.

- Viviamo in quattro dimensioni? 
- Così dicono.
- E quali sarebbero?
- Tre spaziali, interconnesse con una temporale.
- Ah.
- Già.
- Ma sai cosa pensavo?
- No, cosa?
- E se in realtà vivessimo in cinque dimensioni?
- Questa la voglio spiegata.
- Pensaci, quanti sono i sensi con cui percepisci la realtà?
- Continua.
- Forse tutto questo non ci appartiene, ed in realtà siamo esseri superiori rinchiusi in un campo per noi limitato, mi segui? 
- Qual è il ruolo del tempo nel tuo ragionamento?
- Il tempo, be', è il limite stesso. Dopotutto, abbiamo un'idea dell'infinito anche se è un concetto che non appartiene alla nostra attuale condizione.
- Cos'è l'infinito? 
- Un'idea, un simbolo, una parola, un'astrazione... Eppure è in noi.

Mi chiedo con insistenza quanto ci sia di mio in tutto questo, e quanto tutto questo mi appartenga. 

Ogni cosa, se vissuta troppo, perde integrità, senso e quindi valore. 
Succede con tutto. 
Oggetti, cose.
Amori.
Pensieri.
Anche l'esistenza.
È come se l'occhio umano, osservando sempre più in profondità, scomponesse le cose.

lunedì 27 maggio 2024

Il rasoio di Occam.

Mi ha sempre divertito il principio del rasoio di Occam. Per chi non ne fosse a conoscenza, si tratta dell'idea che nell'ambito di risoluzione di un problema qualsiasi la soluzione più semplice debba essere necessariamente quella valida. Dovrebbe essere un metodo per non complicarsi l'esistenza, o qualcosa del genere, in parole molto povere. L'uomo ha, nel corso dei secoli, alzato sempre più l'asticella delle pretese nei confronti della ricerca. Inutile girarci intorno: studiamo la realtà per conoscerla il più possibile, e mi sento di poter dire con serenità che il fine ultimo possa essere riconosciuto nella ricerca di Dio. Dio non è di certo semplice e con il rasoio di Occam lui ci si fa la barba. Ditelo a Galileo Galilei che ha dovuto inventare il telescopio per confermare la teoria copernicana eliocentrica, in un mondo dove alzando gli occhi al cielo era più "semplice" immaginare che fosse il Sole a ruotarci intorno, piuttosto che viceversa. Oppure, ancora, potremmo chiedere a Thomas Young come avrebbe svolto i suoi esperimenti nell'ottocento con le conoscenze, le intuizioni e le tecnologie che permisero cent'anni dopo di dimostrare il dualismo onda-particella della luce. Il rasoio di Occam è un pretesto per i materialisti di portare avanti  un establishment scientifico ormai consolidato, perché di questo si parla. Il rasoio di Occam è l'arma usata dall'istituzione scientifica per tagliare quel filo che può portarci alla verità, alla conoscenza e alla consapevolezza. Stiamo parlando di un'antica arma medievale.

Pantomima #1.

La memoria tira brutti scherzi e con me ci gioca,
in questa sera mentre accendo una candela
e con simboli a me ignoti racconto la mia storia.

Non mi trovo in punto di morte e non sono sofferente,
non nel corpo ma più che altro mentalmente
al punto che sia forse meglio io scriva ciò che ho in mente.

Scrissi già di questa fiamma che ora illumina la stanza,
 divampa ed arde, è tuttavia impossibile per chiunque
vederci chiaro, anche solo intravedervi abbastanza.

Ma la cera già si squaglia e sul foglio bianco cola
che mi chiedo quanto basterà per scrivere di me qualcosa,
prima che la luce muoia divenendo ancor più fioca.

Senza timore di essere frainteso mi affretto a raccontare,
è già successo che io non sia stato compreso
e di questo non mi voglio più preoccupare.

Come tre decadi addietro si accendono le luci,
su questo palco senza spettatori e illustri critici,
entro in scena e spero la fiamma abbastanza bruci.

domenica 26 maggio 2024

Le guerre sono il gioco di qualcun altro.

Deathbed.

Tutti, ne sono sicuro, pensiamo a quando prima o poi arriverà il nostro momento. Io, in quell'istante, me ne andrò con il pesante rammarico di non essere riuscito a trovare qualcosa che mi ha chiamato per tutta la vita.

sabato 25 maggio 2024

Play #6.

(INTERFERENZA)
Alcune di queste cose, per quanto difficili e complesse, mi permettono di incoronare di arroganza e presunzione altre cose che faccio e che dico, o che non faccio e che non dico.
(INTERFERENZA)
In fondo, questa, è una realtà: non saprò mai come sarebbe stata la mia vita senza. E questo ragionamento vale per tutti, per qualsiasi cosa.
(INTERFERENZA)
Non voglio giustificarmi, ma sono abbastanza certo che le cose sarebbero andate diversamente e sarebbero tutt'ora diverse. Son io che mi sto sabotando? La mia è solo una resa. Spassionata, disarmante e piena di schifosa umanità.
(INTERFERENZA)
Ancora pochi giorni ed aprirò un piccolo vaso di Pandora. Sarà come trovare un piccolo forziere con alcune delle mie cose smarrite e dimenticate nel corso della mia vita. Chissà che a distanza di anni, con una consapevolezza diversa, io non sia in grado di leggere qualcosa che prima non ero nemmeno in grado di vedere.
(INTERFERENZA)
"Giuro solennemente di non avere buone intenzioni".
(INTERFERENZA)

Errore diplomatico.

Avevo a disposizione tante parole,
scelsi però quelle meno adeguate.
Se solo io mi fossi espresso meglio,
la triste guerra sarebbe stata evitata.

Problem solving.

Analizziamo 
fino alla comprensione
identificando 
per intera la questione 
del problema
valutando una soluzione
che sia in grado
di un'efficace conclusione.
Quel senso dell'umorismo così acceso e tagliente mi fa pensare. 

giovedì 23 maggio 2024

È tutto così sottile, impalpabile. Tutto sfuma, mentre pensieri inquietanti prendono sempre più consistenza.

mercoledì 22 maggio 2024

domenica 19 maggio 2024

Tutto okay.

Questa è una di quelle sere in cui i pensieri sono più martellanti del solito. Sarà probabilmente anche colpa del mal di testa. Soprattutto ultimamente ripenso a cose vecchie, molto vecchie. Alcune cose della mia infanzia ad esempio, ma non solo. E tutto non può che sembrarmi, ancora una volta, incredibilmente curioso e bizzarro.
C'è stato qualcosa, nel corso della mia storia, che non è andato come sarebbe dovuto andare e questa è per me una consapevolezza ormai consolidata. Nel corso degli anni sono anche riuscito a mettere a fuoco e ad individuare alcuni di questi elementi. Nonostante qualcosa sia andato nel verso storto, resta tutto tristemente perfetto. 
Non so voi, ma fin da piccolo guardavo il mio riflesso nello specchio chiedendomi per quale motivo io avessi proprio quei lineamenti del viso o per quale motivo i miei occhi fossero proprio di quel colore. La genetica, sì. E quando la scoprì iniziai ad interrogarmi sul perché i miei genitori fossero proprio quegli individui, e non altre persone. A quel punto andai ancora più indietro, nelle loro storie prima della mia venuta al mondo e le trovai così perfette per me, nonostante non siano state sempre belle. Anzi. 
Ma è così facile immaginare una vita diversa? Per me no. E questo mi fa paura. Ed oltre la paura c'è anche il senso limitante di inadeguatezza di quando mi guardo intorno e vedo i volti delle persone che mi circondano aspettarsi qualcosa da me.
Percepisco tutto così perfetto da sembrare quasi costruito come una scenografia su di un palcoscenico. Essere me è difficile, per me. Ma, purtroppo o per fortuna, non riesco ad immaginare altro. Il mio ruolo è diverso. Lo è sempre stato.

Il modo più efficace perché un segreto resti tale è dimenticarlo.

Molte delle cose che crediamo di ignorare risiedono già in noi.

Il guaio è quando, invece di dimenticare qualcosa, la perdiamo.

sabato 18 maggio 2024


Radici.




Preghierina.

Caro Dio,

so che hai molte cose alle quali pensare ed io, a quanto pare, non sono tra le tue priorità.

Ti sono comunque grato per tutto ciò che mi hai sempre dato e mi stai dando. 

Non posso però fare a meno di non riconoscere l'utilità dell'intelligenza di tipo esistenziale. 

Non serve a niente chiedersi il perché di tutto questo, del prima, del dopo, del dentro, del fuori e di cosa io sia e di come certe cose si manifestino in questa mia esperienza di vita. Non serve proprio a niente. Non solo non ha alcuna utilità ma è addirittura troppe volte logorante. 

Avrei preferito un'intelligenza emotiva, logica o motoria più sviluppate. Invece mi è toccato tutto questo.

Fa lo stesso.

Amen.

Come esco da questo posto?

Difficoltà di comunicazione.

 


Questa breve clip, estrapolata da uno dei film per me più importanti, ha svariate chiavi di lettura.
Ritengo che ognuno possa interpretarla e coglierne qualcosa in base al proprio livello di consapevolezza.

Mano alzata.

Spiegamelo ancora, continuo a non capire.


C'è una storia dietro la storia.

venerdì 17 maggio 2024

A testa bassa.

Quale pena sto scontando, mi chiedo.
Devo aver fatto cose terribili. 
Devo essere una persona orribile. 
Continuo a pagare, non mi tiro indietro.
Ma, almeno, mostrami il mio delitto.

mercoledì 15 maggio 2024




















io


















Solo per i più coraggiosi.

La tragedia umana è la costante ricerca di approvazione dell'altro. Quella continua necessità di completarsi non è lo scopo ultimo della nostra esistenza, dal mio punto di vista. Questo è, oltretutto, un concetto mal posto. Perché non si tratta mai di completarsi, in quanto chiediamo sempre qualcosa all'altro. Qualcosa in più, non quello che ci manca per ritrovare la nostra totalità. L'errore successivo è quello di sperare troppe volte che la nostra totalità, il nostro sistema, si debba chiudere automaticamente con chi ci sta affianco in un modo o nell'altro. Mi piace visualizzare gli individui come degli insiemi. Dovremmo coltivare rapporti, legami e relazioni solo in virtù dell'intersezione che ne nasce dall'unione. Se è vero che la mia libertà finisce dove inizia quella dell'altro, allora, non dovremmo mai sentirci nella posizione di pretendere, ma nemmeno chiedere con cortesia, nulla a chi sta con noi. Ho sentito troppe volte dire che possiamo prendere dagli altri ciò che sanno darci, nulla di più. Questa cosa è vera ed è questo ad essere il qualcosa in più, del quale dobbiamo accontentarci senza cadere nella trappola di voler cambiarlo. Poi, certamente, dobbiamo avere un'onestà intellettuale tale che ci permetta di determinare se quel qualcosa ci piace o no, se ci fa bene o addirittura non ci stia danneggiando. Mai, mai e poi mai chiedere dell'altro. È come se il giorno del mio compleanno io mi aspettassi un regalo da una persona a me cara. Immagino che mi andrebbe di ricevere qualsiasi cosa, da questa persona. Ma qualora il regalo non sia di mio gradimento di certo non le chiederei di andarlo a cambiare e di portarmi qualcosa che non sia nemmeno alla sua portata. Ognuno di noi ha dei limiti, delle cicatrici che forse nemmeno conosciamo, e sono queste i confini delle nostre capacità relazionali. Non sarebbe giusto buttare sale su una cicatrice, pur di spingere una persona ad andare oltre. Vogliamo parlare di amore? L'amore è una cosa per pochi, un lusso. È terribilmente difficile amare, provare del bene in maniera assolutamente sincera, onesta e pulita. Il più delle volte è anch'essa una trappola. Cose paurose sono state fatte per amore di qualcosa o qualcuno, nella storia e non solo. Purtroppo l'amore non è quasi mai ciò che diamo, ma più che altro quello che ci aspettiamo. "Ti amo perché mi fai stare bene" o "Non ti amo più perché mi fai stare male", queste sono scusanti per le nostre emozioni o non-emozioni. Ed è di quelle che ci dobbiamo preoccupare, è quello che abbiamo dentro che dobbiamo coltivare e che dobbiamo interrogare. "Dimostrami che mi ami" non è una frase, è una pistola puntata contro il cuore. Abbiamo già, tutti noi, problemi di comunicazione che nemmeno possiamo immaginare. Figuriamoci dover spiegare o dimostrare l'amore. La differenza tra una carezza ed un pugno la conosciamo tutti, spero. Ma la verità è che l'amore non lo si trova e non è una scoperta, ma un'invenzione umana. Così la vedo io. 

martedì 14 maggio 2024

Sottovoce.

Nella vita quotidiana sono una persona silenziosa.
Mi piace ascoltare le stronzate di chi mi circonda.

"Parlami di questo muro".

Per una vita sono andato a sbattere contro un muro. 
Oggi sto cercando di abbatterlo. 
Senza più curarmi del male che mi faccio. 
Chi mi conosce e legge, non immagina. 
Chi legge senza conoscermi, non può sapere.
Ma quel muro deve crollare.

Partiamo dalle basi.

«Dopo tutto questo» dissi, «paragona la nostra natura, in rapporto all’educazione e alla mancanza di educazione, a una condizione di questo tipo. Immagina dunque degli uomini in una dimora sotterranea a forma di caverna, con un’entrata spalancata alla luce e larga quanto l’intera caverna; qui stanno fin da bambini, con le gambe e il collo incatenati così da dover restare fermi e da poter guardare solo in avanti, giacché la catena impedisce loro di girare la testa; fa loro luce un fuoco acceso alle loro spalle, in alto e lontano; tra il fuoco e i prigionieri passa in alto una strada, e immagina che lungo di essa sia stato costruito un muretto, simile ai parapetti che i burattinai pongono davanti agli uomini che manovrano le marionette mostrandole, sopra di essi, al pubblico.»

«Vedo» disse.

«Vedi allora che dietro questo muretto degli uomini portano, facendoli sporgere dal muro stesso, oggetti d’ogni genere e statuette di uomini e di altri animali di pietra, di legno, foggiate nei modi più vari; com’è naturale alcuni dei portatori parlano, altri tacciono.»

«Strana immagine descrivi» disse, «e strani prigionieri.»

«Simili a noi» dissi io. «Pensi innanzitutto che essi abbiano visto, di se stessi e dei loro compagni, qualcos’altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte?»

«E come potrebbero» disse, «se sono costretti per tutta la vita a tenere la testa immobile?»

«E lo stesso non accadrà per gli oggetti che vengono fatti sfilare?»

«Sì.»

«Se dunque fossero in grado di discutere fra loro, non pensi che essi chiamerebbero oggetti reali le ombre che vedono?»

«Necessariamente.»

«E se la prigione avesse un’eco dalla parete verso cui sono rivolti, ogni volta che uno dei portatori parlasse, credi penserebbero che a parlare sia qualcos’altro se non l’ombra che passa?»

«Per Zeus, io no di certo» disse.

«Insomma questi prigionieri» dissi io «considererebbero la verità come nient’altro che le ombre degli oggetti artificiali.»

«è del tutto necessario» disse.

«Osserva ora» io dissi «che cosa rappresenterebbero per costoro lo scioglimento dai loro legami e la guarigione dalla loro follia, se per natura accadesse loro qualcosa di questo genere. Quando uno fosse sciolto e improvvisamente costretto ad alzarsi, a girare il collo, a camminare, ad alzare lo sguardo verso la luce, tutto questo facendo soffrirebbe e a causa del riverbero non potrebbe fissare gli occhi sugli oggetti di cui prima vedeva le ombre; che cosa credi risponderebbe, se qualcuno gli dicesse che prima vedeva semplici illusioni, e che ora, più vicino all’essere e rivolto verso oggetti dotati di maggiore esistenza, vede in modo più corretto, e se inoltre, mostrandogli ognuno degli oggetti che sfilano, gli chiedesse che cosa è, e lo costringesse a rispondere? non credi che sarebbe in difficoltà e riterrebbe che ciò che vedeva prima era più vero di quel che adesso gli si mostra?»

«Molto di più» disse.

«E se ancora lo si obbligasse a rivolgere lo sguardo verso la luce stessa, non proverebbe dolore agli occhi, e non si volgerebbe per fuggire verso ciò che può guardare, non penserebbe che questo è in realtà più chiaro di quanto gli viene mostrato?»

«Proprio così» disse. «E se poi» dissi io «lo si portasse via con la forza, su per la salita aspra e ripida, e non lo si lasciasse prima di averlo trascinato alla luce del sole, non soffrirebbe forse, non protesterebbe per essere così trascinato? ed una volta giunto alla luce, gli occhi abbagliati dal suo splendore, potrebbe vedere una sola delle cose che ora chiamiamo vere?»

«No di certo» disse, «almeno di primo acchito».

«Avrebbe dunque bisogno, penso, di assuefazione, per poter vedere le cose di quassù. Prima potrebbe osservare, più agevolmente, le ombre, poi le immagini riflesse nell’acqua degli uomini e delle altre cose, infine le cose stesse; di qui potrebbe passare all’osservazione dei corpi celesti e del cielo stesso durante la notte, volgendo lo sguardo alla luce degli astri e della luna con maggior facilità che, di giorno, al sole e alla sua luce.»

«E come no?»

«E finalmente, penso, potrebbe fissare non già le parvenze del sole riflesse nell’acqua o in luoghi estranei, bensì il sole stesso nella sua propria sede, e contemplarlo qual è.»

«Necessariamente» disse.

«E allora giungerebbe ormai, intorno al sole, alla conclusione che esso, oltre a provvedere alle stagioni e al corso degli anni, e a regolare ogni cosa nel mondo visibile, è anche in qualche modo la causa di tutto ciò che essi vedevano nella caverna.»

«è chiaro» disse «che a quel punto giungerebbe a queste conclusioni.»

«Ma allora, ricordando la sua precedente dimora e il sapere di laggiù e i suoi compagni di prigionia, non credi che sarebbe felice del proprio mutamento di condizione, e compiangerebbe gli altri?»

«Certo.»

«Quanto poi agli eventuali onori e lodi che i prigionieri si tributavano reciprocamente, quanto ai premi conferiti a chi scorgeva più acutamente le ombre che passavano, e meglio ricordava quali di solito venivano prime, quali ultime e quali contemporaneamente, e su questa base indovinava più efficacemente il futuro passaggio, pensi che egli sarebbe ancora desideroso di ottenerli e invidioso di quelli che ricevono onori e potere fra i prigionieri, o piuttosto, condividendo quel che dice Omero, preferirebbe di molto “esser bifolco, servire un padrone, un diseredato”, e sopportare qualsiasi prova pur di non opinare quelle cose e vivere quella vita?»

«Così» disse «credo anch’io: tutto accetterebbe di soffrire piuttosto che vivere in quel modo.»

«Rifletti ancora su questo» dissi io. «Se costui, ridisceso, si sedesse di nuovo al suo posto, non avrebbe forse gli occhi colmi di oscurità, venendo di colpo dal sole?»

«Certo» disse.

«Ma se dovesse di nuovo discernere quelle ombre e disputarne con quelli che son sempre rimasti in catene, mentre vede male perché i suoi occhi non si sono ancora assuefatti, ciò che richiederebbe un tempo non breve, non si renderebbe forse ridicolo, non si direbbe di lui che, salito quassù, ne è tornato con gli occhi rovinati, e dunque non val la pena neppure di tentare l’ascesa? e chi provasse a scioglierli e a guidarli verso l’alto, appena potessero afferrarlo e ucciderlo, non lo ucciderebbero?»

«Sicuramente» disse.

«Quest’immagine pertanto, caro Glaucone» io dissi, «va applicata tutta intera a quel che dicevamo prima: la regione che ci appare tramite la vista è da paragonare alla dimora dei prigionieri, la luce del fuoco che sta in essa alla potenza del sole; ponendo poi la salita quassù e la contemplazione di quel che vi è quassù come l’ascesa dell’anima verso il luogo del noetico non t’ingannerai sulla mia aspettativa, dal momento che vuoi conoscerla. Dio solo sa se essa può esser vera. Questo è comunque quel che a me appare: all’estremo confine del conoscibile v’è l’idea

del buono e la si vede a stento, ma una volta vistala occorre concludere che essa è davvero sempre la causa di tutto ciò che vi è di retto e di bello, avendo generato nel luogo del visibile la luce e il suo signore, in quello del noetico essendo essa stessa signora e dispensatrice di verità e di pensiero; e che deve averla vista chi intenda agire saggiamente sia nella vita privata sia in quella pubblica.»

«Sono d’accordo anch’io» disse, «almeno come mi è possibile.»

«Su, allora» dissi io: «convieni anche su questo fatto, che non c’è da sorprendersi se chi è giunto fino a tal punto non voglia poi occuparsi delle faccende degli uomini, e la sua anima aspiri sempre a restare lassù: è in effetti del tutto verosimile che sia così, se anche questo sta nel modo descritto dalla nostra immagine.»

«Verosimile, certo» disse.

Platone - Repubblica, libro VII, 514

Diffidente.

«Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

San Tommaso apostolo

Quella vecchia canaglia di San Tommaso era convinto di molte cose, anche lui. Non mi sembra di ricordare che lui stesso fosse sotto la croce di Cristo, insieme alle tre Marie. Sapeva di quei chiodi, e della ferita sul costato di Gesù, solo per sentito dire. Eppure, in quelle cose, credeva. E sono anche sicuro che se fosse stato insieme agli altri discepoli, nella prima apparizione di Gesù dopo la resurrezione, sarebbe stato propenso nel credere anche lui che si trattasse di un fantasma.

lunedì 13 maggio 2024

Tra intemperie e briganti.

Se come l'ultima ruota di un carro

tutti sanno qualcosa che io ignoro o

se come il primo dei muli che lo tirano

vedo qualcosa che gli altri non riconoscono,

non è poi di troppo senso il ruolo. 

La carovana, 

prima o poi, 

arriva.

Unisci i punti.

Quanti punti di vista ho cambiato negli ultimi anni. È però incredibile come possano essere tutti collegabili tra di loro.

sabato 11 maggio 2024

Se mai.

Lascerò questo blog e me ne andrò da questo spazio. Non credo smetterò di scrivere ma finirò di farlo qua. 
Come dissi una volta, questo accadrà quando starò bene. O quando sarò morto. 
Quando mi rileggerò per l'ultima volta e tutto mi sarà chiaro, capirò che quello sarà il momento di abbandonare questo posto. Ma fino a quel momento, finché non sarò in pace, resterò convinto che questo continui ad essere il luogo più adatto per lasciare la traccia di una storia incredibile e che nessuno ha mai voluto ascoltare.

Dialogo verosimile.

«Lei sta benone, signore»
«Dottore, ne è convinto?»
«Non convinto, io ne sono certo»
«Chiedo scusa, ma quella diagnosi di schizofrenia?»
«Nessuna schizofrenia»
«Ed il mio deficit dell'attenzione?»
«Nemmeno l'ombra»
«E che mi dice, invece, del mio disturbo 
borderline della personalità?»
«Non so di cosa stia parlando»
«Ed il mio narcisismo?»
«No»
«Tutti i miei doc?»
«Inesistenti»
«Mi perdoni dottore, 
ma per quale motivo devo allora 
prendere tutti questi farmaci?»
«Percepisco diffidenza nelle sue parole, 
potrebbe essere questo sintomo di una psicosi»
«Ah»
«...»
«Dottore, ma ha appena detto che sto bene»
«Semplicemente allucinazioni, 
predispongo subito un ricovero»
«Ma è stato lei a smentire tutto»
«Le sue sono interpretazioni»

giovedì 9 maggio 2024

Alan esce dal coma.

«Alan... Alan!» urla una voce in lontananza. Alan si guarda intorno senza vedere nessuno, se non il suo cane che ora corre libero nel prato davanti a lui. Si china per raccogliere un bastone da terra e glielo lancia, questo corre alla rincorsa del pezzo di legno. Nel frattempo si mette comodo all'ombra di un albero e la sua attenzione cade su uno dei rami. Nota in quel momento una crisalide. 
Alan non avrebbe saputo spiegarne il motivo, ma alla vista di quel bozzolo alcuni ricordi riaffiorano nella sua mente. Si rivede bambino in una giornata di scuola come tante, mentre disegna su un foglio una porta tutta colorata. Poi, ancora, vede un'immagine di sé al mare in una calda giornata estiva, mentre gioca a lasciarsi travolgere dalle onde, fino a quasi sentire per davvero l'acqua fresca che gli bagna il volto.
Ritorna in sé quando si rende conto che il suo cane gli sta leccando affettuosamente la faccia. Scodinzola e sembra voler giocare, ma non ha più con sé il suo bastone. Fa di tutto per attirare le attenzioni del suo padrone fino a quando Alan non si rimette in piedi. A quel punto il cane corre lontano, poi si ferma voltandosi per abbaiare sonoramente verso di lui. «Ehi bello, che c'è? » chiede Alan. Il cane torna ad allontanarsi ed allora lui lo segue. Lo rincorre finché l'animale non si ferma davanti ad un vecchio casolare abbandonato e diroccato. La vista di quella vecchia abitazione fatiscente tocca in Alan corde che lui stesso pensava essere ormai spezzate. «Sembra tanto la casa in cui sono cresciuto» dice tra sé sottovoce, mentre il cane lo guarda dal basso con la lingua di fuori ed ancora scodinzolante, prima di fiondarsi all'interno di quella catapecchia. Alan lo segue varcando la soglia di una porta in legno ormai marcio, ma variopinta da decine di murales e disegni fatti con la vernice. 
Una volta dentro Alan cerca in tutti i modi di richiamare il suo cane, ma di lui nemmeno più l'ombra e i suoi stessi fischi rimbombano in quegli spazi vuoti e decadenti. L'aria sembra essere diventata più pesante e l'atmosfera più tetra ed inquietante. È poca la luce del sole che riesce a filtrare dalle travi rotte e spezzate del soffitto. Facendo attenzione a dove mette i piedi, muove un passo dopo l'altro in quello che una volta doveva essere il soggiorno. Solamente un divano stracciato vi è nel mezzo della stanza. 
Allora la mente di Alan prova ad immaginare come dovevano essere quegli spazi decine di anni prima. Vede una vecchia tv in bianco e nero di fronte a quel divano posizionato su di un tappeto rosso con le frange, alcune stampe raffiguranti poco originali scene di caccia sono incorniciate ed appese alle pareti. Un antico e di forse qualche valore orologio a pendolo si trova sulla parete opposta, proprio dietro un tavolo il legno massiccio ricavato da un unico pezzo di tronco di una quercia secolare. Tutto sfuma quando, ancora una volta, una voce proveniente da un'altra stanza chiama: «Alan, seguimi». 
Alan si stupisce di sé per la freddezza con cui resta impassibile a quel curioso richiamo, decide anzi di seguirla. Percorrendo il lungo corridoio riesce a vedere, appese alle pareti, delle vecchie fotografie di famiglia. Quelle immagini non sono per lui immediatamente familiari ma ha comunque la sensazione di averle già viste. Alcune di queste ritraggono un piccolo bambino che festeggia il compleanno con i suoi genitori davanti ad una torta con panna e fragole. Alla fine del corridoio vi è una porta socchiusa. Appoggiandoci sopra il palmo della mano, Alan, la spalanca e questa emette un tetro cigolio nell'aprirsi. 
La stanza in cui si ritrova è quella che potrebbe appartenere ad un bambino di non più di otto anni. A terra vi sono innumerevoli giocattoli sparsi in disordine. Questa volta, nella stanza, vi è una finestra dalla quale entra una forte luce ed Alan la spalanca, facendo entrare una fresca brezza che inebria l'ambiente di profumo di gardenie. In quello stesso momento, sempre dalla finestra, entra svolazzando leggera una farfalla che si posa proprio sul petto di Alan. Lui con lo sguardo basso contro il suo petto la fissa con gli occhi incrociati quando viene distratto dalla stessa voce che chiama con insistenza: «Alan, parlami, Alan!»
Alan prova ad emettere un suono dalla bocca e si spaventa solo nel momento in cui si accorge di non essere più in grado di parlare. Proprio come in un sogno, si sforza nel tentativo di urlare ma dalla sua bocca esce a malapena una folata di aria calda che condensa nella stanza «Alan, ci sei quasi!» continua a chiamarlo quella misteriosa voce. Ma Alan ora fatica anche solo a respirare, la sua vista si annebbia e socchiude gli occhi provando a mettere a fuoco, ma tutto si fa sempre più buio. Fino a quando: «Alan!».
Il suono di un elettrocardiogramma risuona nell'ambiente. Alan schiude a fatica le palpebre e percepisce subito una situazione in fermento intorno a lui. «Alan, sei stato bravissimo» gli dice qualcuno vestito di bianco. «Ce l'hai fatta Alan, sei fuori» gli ripete qualcun altro a lui vicino. «Alan, ora pensa a riposare... Ti sarà tutto più chiaro, te lo prometto». La vista già appannata torna ad offuscarsi fino al buio di un profondo sonno, mentre il ritmo dell'elettrocardiogramma echeggia sempre più lontano.

mercoledì 8 maggio 2024

Potrebbe essere questo l'inizio della fine.

Parole in fumo.

                                                          Percorriamo sentieri 
                                                                                                        faticando 
                                   e cadendo
                                                                                               per scoprire 
                                      solo infine
                                                                                                    che ci hanno portato
                          in spazi 
                                                                     irreali.

                                                                                                          
                               E tutta la fatica
                                                                   il tempo
                                                                                         le forze
                                                                                                        le emozioni
                                  belle o brutte
                                                            le promesse
                  e le parole
                                                            perdute 
                                                                                                           lungo il sentiero
                                          restano 
                                                            le sole cose
                          nelle quali                                          riusciamo a credere.

La profezia.

Meritiamo tutti il male. 

Ed il male, tutti, avremo. 

Il peggio deve ancora venire. 

Me lo sento.

sabato 4 maggio 2024

Annibale il maiale speciale.

Annibale vive, da quando ne ha memoria, in un allevamento. È uno di quegli allevamenti intensivi, dove i maiali sono solo bestie incattivite messe all'ingrasso e farcite di antibiotici. Tutti questi maiali finiscono la loro vita diventando dei succulentissimi prosciutti. Annibale si trova a metà della sua vita ed è il più grande fra tutti gli altri maiali. Questi vengono infatti uccisi quando raggiungono l'età adulta e si trovano nel fiore della loro crescita, questo per garantire una carne sempre più gustosa e fresca. Ma Annibale non è ancora diventato un prosciutto. Annibale, infatti, è un maiale speciale.
Annibale non vive come gli altri in una gabbia nella porcilaia ma ha una mangiatoia tutta sua con mangime sempre fresco, morbido fieno odoroso e acqua pulita. È qui che passa le sue giornate, crogiolandosi nel fango e rimpinzandosi di cibo. Ogni tanto, però, gli capita di vedere alcuni degli altri maiali venir portati all'esterno senza più fare ritorno, e senza sapere dove siano andati. La verità è che vanno a diventare prosciutti senza che lui lo sappia. Annibale ha sempre saputo di essere speciale perché gode di molti privilegi rispetto a tutti gli altri maiali, tuttavia spesso si sente solo e diverso. Vorrebbe un po' di compagnia e si chiede dove vadano a finire tutti i suoi compagni. Annibale immagina, al di fuori di quell'allevamento, un mondo in cui tutti i maiali vivono felici sguazzando nel fango e abbuffandosi di broda.
Un giorno tra i tanti, mentre Annibale sta facendo il suo pisolino, viene d'un tratto svegliato dal rumore del cancello della sua mangiatoia che si apre. Davanti a lui si ritrova un uomo grande e grosso che, con un bastone, gli fa segno di seguirlo verso l'uscita.  "È arrivato il mio momento, finalmente!" pensa entusiasta tra sé Annibale. Ma, mentre percorre il corridoio del troiaio, si accorge che gli altri maiali lo guardano incattiviti oltre le sbarre. "Chissà cos'ho fatto di male e perché mi guardano in questo modo" pensa tra sé Annibale finché non arriva alla fine del corridoio trovandosi davanti ad un cancello. L'uomo con lui spalanca quel cancello con un colpo di bastone. Annibale viene spinto oltre la soglia ed il cancello si richiude alle sue spalle. Si ritrova in questo modo in un grande piazzale circondato da degli spalti, sui quali vi sono seduti centinaia di spettatori accaniti. "Ma sono venuti tutti a vedere me" pensa quasi commosso Annibale. Poi, proprio di fronte a lui dalla parte opposta di quel piazzale, si apre un secondo cancello. Dall'oscurità esce avanzando minacciosamente un toro inferocito che punta ad Annibale. Il povero maiale riesce solo a sentire il vociare degli spettatori che lanciano scommesse a suo sfavore, prima che il toro finisca la sua carica incornando il suino pietrificato dal terrore.

Ultima fotografia di Annibale in vita, prima di essere incornato dal toro.

Morale: nessuno è speciale per un cazzo. Proprio no.

[...] Il Diavolo e Dio trovarono il loro equilibrio stringendo un accordo. Il Diavolo, infatti, avrebbe tormentato i buoni fino alla follia, portandoli alla cattiveria e Dio, a quel punto, li avrebbe puniti. [...]

Siamo soli, cazzo. Siamo tutti soli, mettetevelo in quella testa.

Life's game.

Mi metto a letto nel pomeriggio causa un forte mal di testa. Ci metto un po’ a prendere sonno ma alla fine i muscoli si rilassano, la mente si svuota e mi lascio andare. 

Mi ritrovo in una sala giochi. Prendo una moneta da un euro per giocare ad un videogame. Gioco la mia partita fino alla fine. Infine mi allontano fino alla porta d’uscita di quel locale, la oltrepasso e mi ritrovo in un enorme salone oscuro e buio pieno di porte di servizio, alcune di queste aperte che lasciano intravedere cavi elettrici, scale di emergenza ed attrezzi da lavoro. Sento delle voci lontane, non riesco a distinguere le loro parole. Ho ancora il portafogli in mano e lo guardo, accorgendomi che tra le carte ce n’è una che non avevo mai notato prima. La estraggo dal portacarte e la guardo. È blu e sopra riporta la scritta “Life’s game”. In quello stesso istante una voce rimbomba in quella enorme stanza, chiedendomi: “Giochiamo?”.

Nella mia mente mi ripeto con angoscia che devo svegliarmi, mentre correndo in lungo e in largo per il salone cerco un’uscita. Infine urlo: “Ale, svegliati!”.

Apro gli occhi ma qualcosa non torna. Non è pomeriggio, come quando mi sono messo nel letto, ma notte. Mi chiedo quanto io abbia dormito ma in un attimo mi rendo conto di stare ancora sognando senza capire più quale sia il dentro e quale il fuori. Mi spavento e mi sveglio.

giovedì 2 maggio 2024

Il dubbio del gufo.

Un piccolo gufo nero e marrone striato,

con rossi occhi arcigni e lucenti nel buio. 

Osserva tra rami spezzati e fronde brinate 

nel bosco dei sogni da tempo sperduto. 



Arduo per lui vederci più chiaro 

nel luogo più oscuro e temuto da tutti. 

Infatti coloro che vi erano entrati 

si son smarriti nel sogno più cupo. 



Cercando loro stessi nella foresta 

qualcuno ha perso la vita, altri solo la testa. 

C’è chi per sollievo ha invocato la morte, 

e per punizione non gli è stata concessa. 



Il piccolo gufo è il triste spettatore 

delle morti più atroci e delle vite più dure, 

ed ora che immobile dal ramo lui scruta 

si chiede il senso di questa tortura. 



Ma poi il dubbio del male lo prende: 

son io solo spettatore 

o invece il carnefice? 



Infine sale la nebbia e 

non si distingue più niente.

Statistica.

Quante probabilità c'erano che... ?

L'infelicità è la forma che prende la consapevolezza dell'esistenza di altro.