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mercoledì 29 maggio 2024
On air.
martedì 28 maggio 2024
Alt.
lunedì 27 maggio 2024
Il rasoio di Occam.
Mi ha sempre divertito il principio del rasoio di Occam. Per chi non ne fosse a conoscenza, si tratta dell'idea che nell'ambito di risoluzione di un problema qualsiasi la soluzione più semplice debba essere necessariamente quella valida. Dovrebbe essere un metodo per non complicarsi l'esistenza, o qualcosa del genere, in parole molto povere. L'uomo ha, nel corso dei secoli, alzato sempre più l'asticella delle pretese nei confronti della ricerca. Inutile girarci intorno: studiamo la realtà per conoscerla il più possibile, e mi sento di poter dire con serenità che il fine ultimo possa essere riconosciuto nella ricerca di Dio. Dio non è di certo semplice e con il rasoio di Occam lui ci si fa la barba. Ditelo a Galileo Galilei che ha dovuto inventare il telescopio per confermare la teoria copernicana eliocentrica, in un mondo dove alzando gli occhi al cielo era più "semplice" immaginare che fosse il Sole a ruotarci intorno, piuttosto che viceversa. Oppure, ancora, potremmo chiedere a Thomas Young come avrebbe svolto i suoi esperimenti nell'ottocento con le conoscenze, le intuizioni e le tecnologie che permisero cent'anni dopo di dimostrare il dualismo onda-particella della luce. Il rasoio di Occam è un pretesto per i materialisti di portare avanti un establishment scientifico ormai consolidato, perché di questo si parla. Il rasoio di Occam è l'arma usata dall'istituzione scientifica per tagliare quel filo che può portarci alla verità, alla conoscenza e alla consapevolezza. Stiamo parlando di un'antica arma medievale.
Pantomima #1.
domenica 26 maggio 2024
Deathbed.
Tutti, ne sono sicuro, pensiamo a quando prima o poi arriverà il nostro momento. Io, in quell'istante, me ne andrò con il pesante rammarico di non essere riuscito a trovare qualcosa che mi ha chiamato per tutta la vita.
sabato 25 maggio 2024
Play #6.
Errore diplomatico.
Problem solving.
venerdì 24 maggio 2024
giovedì 23 maggio 2024
domenica 19 maggio 2024
Tutto okay.
sabato 18 maggio 2024
Preghierina.
Caro Dio,
so che hai molte cose alle quali pensare ed io, a quanto pare, non sono tra le tue priorità.
Ti sono comunque grato per tutto ciò che mi hai sempre dato e mi stai dando.
Non posso però fare a meno di non riconoscere l'utilità dell'intelligenza di tipo esistenziale.
Non serve a niente chiedersi il perché di tutto questo, del prima, del dopo, del dentro, del fuori e di cosa io sia e di come certe cose si manifestino in questa mia esperienza di vita. Non serve proprio a niente. Non solo non ha alcuna utilità ma è addirittura troppe volte logorante.
Avrei preferito un'intelligenza emotiva, logica o motoria più sviluppate. Invece mi è toccato tutto questo.
Fa lo stesso.
Amen.
Difficoltà di comunicazione.
venerdì 17 maggio 2024
A testa bassa.
mercoledì 15 maggio 2024
Solo per i più coraggiosi.
La tragedia umana è la costante ricerca di approvazione dell'altro. Quella continua necessità di completarsi non è lo scopo ultimo della nostra esistenza, dal mio punto di vista. Questo è, oltretutto, un concetto mal posto. Perché non si tratta mai di completarsi, in quanto chiediamo sempre qualcosa all'altro. Qualcosa in più, non quello che ci manca per ritrovare la nostra totalità. L'errore successivo è quello di sperare troppe volte che la nostra totalità, il nostro sistema, si debba chiudere automaticamente con chi ci sta affianco in un modo o nell'altro. Mi piace visualizzare gli individui come degli insiemi. Dovremmo coltivare rapporti, legami e relazioni solo in virtù dell'intersezione che ne nasce dall'unione. Se è vero che la mia libertà finisce dove inizia quella dell'altro, allora, non dovremmo mai sentirci nella posizione di pretendere, ma nemmeno chiedere con cortesia, nulla a chi sta con noi. Ho sentito troppe volte dire che possiamo prendere dagli altri ciò che sanno darci, nulla di più. Questa cosa è vera ed è questo ad essere il qualcosa in più, del quale dobbiamo accontentarci senza cadere nella trappola di voler cambiarlo. Poi, certamente, dobbiamo avere un'onestà intellettuale tale che ci permetta di determinare se quel qualcosa ci piace o no, se ci fa bene o addirittura non ci stia danneggiando. Mai, mai e poi mai chiedere dell'altro. È come se il giorno del mio compleanno io mi aspettassi un regalo da una persona a me cara. Immagino che mi andrebbe di ricevere qualsiasi cosa, da questa persona. Ma qualora il regalo non sia di mio gradimento di certo non le chiederei di andarlo a cambiare e di portarmi qualcosa che non sia nemmeno alla sua portata. Ognuno di noi ha dei limiti, delle cicatrici che forse nemmeno conosciamo, e sono queste i confini delle nostre capacità relazionali. Non sarebbe giusto buttare sale su una cicatrice, pur di spingere una persona ad andare oltre. Vogliamo parlare di amore? L'amore è una cosa per pochi, un lusso. È terribilmente difficile amare, provare del bene in maniera assolutamente sincera, onesta e pulita. Il più delle volte è anch'essa una trappola. Cose paurose sono state fatte per amore di qualcosa o qualcuno, nella storia e non solo. Purtroppo l'amore non è quasi mai ciò che diamo, ma più che altro quello che ci aspettiamo. "Ti amo perché mi fai stare bene" o "Non ti amo più perché mi fai stare male", queste sono scusanti per le nostre emozioni o non-emozioni. Ed è di quelle che ci dobbiamo preoccupare, è quello che abbiamo dentro che dobbiamo coltivare e che dobbiamo interrogare. "Dimostrami che mi ami" non è una frase, è una pistola puntata contro il cuore. Abbiamo già, tutti noi, problemi di comunicazione che nemmeno possiamo immaginare. Figuriamoci dover spiegare o dimostrare l'amore. La differenza tra una carezza ed un pugno la conosciamo tutti, spero. Ma la verità è che l'amore non lo si trova e non è una scoperta, ma un'invenzione umana. Così la vedo io.
martedì 14 maggio 2024
Sottovoce.
"Parlami di questo muro".
Partiamo dalle basi.
«Vedo» disse.
«Vedi allora che dietro questo muretto degli uomini portano, facendoli sporgere dal muro stesso, oggetti d’ogni genere e statuette di uomini e di altri animali di pietra, di legno, foggiate nei modi più vari; com’è naturale alcuni dei portatori parlano, altri tacciono.»
«Strana immagine descrivi» disse, «e strani prigionieri.»
«Simili a noi» dissi io. «Pensi innanzitutto che essi abbiano visto, di se stessi e dei loro compagni, qualcos’altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte?»
«E come potrebbero» disse, «se sono costretti per tutta la vita a tenere la testa immobile?»
«E lo stesso non accadrà per gli oggetti che vengono fatti sfilare?»
«Sì.»
«Se dunque fossero in grado di discutere fra loro, non pensi che essi chiamerebbero oggetti reali le ombre che vedono?»
«Necessariamente.»
«E se la prigione avesse un’eco dalla parete verso cui sono rivolti, ogni volta che uno dei portatori parlasse, credi penserebbero che a parlare sia qualcos’altro se non l’ombra che passa?»
«Per Zeus, io no di certo» disse.
«Insomma questi prigionieri» dissi io «considererebbero la verità come nient’altro che le ombre degli oggetti artificiali.»
«è del tutto necessario» disse.
«Osserva ora» io dissi «che cosa rappresenterebbero per costoro lo scioglimento dai loro legami e la guarigione dalla loro follia, se per natura accadesse loro qualcosa di questo genere. Quando uno fosse sciolto e improvvisamente costretto ad alzarsi, a girare il collo, a camminare, ad alzare lo sguardo verso la luce, tutto questo facendo soffrirebbe e a causa del riverbero non potrebbe fissare gli occhi sugli oggetti di cui prima vedeva le ombre; che cosa credi risponderebbe, se qualcuno gli dicesse che prima vedeva semplici illusioni, e che ora, più vicino all’essere e rivolto verso oggetti dotati di maggiore esistenza, vede in modo più corretto, e se inoltre, mostrandogli ognuno degli oggetti che sfilano, gli chiedesse che cosa è, e lo costringesse a rispondere? non credi che sarebbe in difficoltà e riterrebbe che ciò che vedeva prima era più vero di quel che adesso gli si mostra?»
«Molto di più» disse.
«E se ancora lo si obbligasse a rivolgere lo sguardo verso la luce stessa, non proverebbe dolore agli occhi, e non si volgerebbe per fuggire verso ciò che può guardare, non penserebbe che questo è in realtà più chiaro di quanto gli viene mostrato?»
«Proprio così» disse. «E se poi» dissi io «lo si portasse via con la forza, su per la salita aspra e ripida, e non lo si lasciasse prima di averlo trascinato alla luce del sole, non soffrirebbe forse, non protesterebbe per essere così trascinato? ed una volta giunto alla luce, gli occhi abbagliati dal suo splendore, potrebbe vedere una sola delle cose che ora chiamiamo vere?»
«No di certo» disse, «almeno di primo acchito».
«Avrebbe dunque bisogno, penso, di assuefazione, per poter vedere le cose di quassù. Prima potrebbe osservare, più agevolmente, le ombre, poi le immagini riflesse nell’acqua degli uomini e delle altre cose, infine le cose stesse; di qui potrebbe passare all’osservazione dei corpi celesti e del cielo stesso durante la notte, volgendo lo sguardo alla luce degli astri e della luna con maggior facilità che, di giorno, al sole e alla sua luce.»
«E come no?»
«E finalmente, penso, potrebbe fissare non già le parvenze del sole riflesse nell’acqua o in luoghi estranei, bensì il sole stesso nella sua propria sede, e contemplarlo qual è.»
«Necessariamente» disse.
«E allora giungerebbe ormai, intorno al sole, alla conclusione che esso, oltre a provvedere alle stagioni e al corso degli anni, e a regolare ogni cosa nel mondo visibile, è anche in qualche modo la causa di tutto ciò che essi vedevano nella caverna.»
«è chiaro» disse «che a quel punto giungerebbe a queste conclusioni.»
«Ma allora, ricordando la sua precedente dimora e il sapere di laggiù e i suoi compagni di prigionia, non credi che sarebbe felice del proprio mutamento di condizione, e compiangerebbe gli altri?»
«Certo.»
«Quanto poi agli eventuali onori e lodi che i prigionieri si tributavano reciprocamente, quanto ai premi conferiti a chi scorgeva più acutamente le ombre che passavano, e meglio ricordava quali di solito venivano prime, quali ultime e quali contemporaneamente, e su questa base indovinava più efficacemente il futuro passaggio, pensi che egli sarebbe ancora desideroso di ottenerli e invidioso di quelli che ricevono onori e potere fra i prigionieri, o piuttosto, condividendo quel che dice Omero, preferirebbe di molto “esser bifolco, servire un padrone, un diseredato”, e sopportare qualsiasi prova pur di non opinare quelle cose e vivere quella vita?»
«Così» disse «credo anch’io: tutto accetterebbe di soffrire piuttosto che vivere in quel modo.»
«Rifletti ancora su questo» dissi io. «Se costui, ridisceso, si sedesse di nuovo al suo posto, non avrebbe forse gli occhi colmi di oscurità, venendo di colpo dal sole?»
«Certo» disse.
«Ma se dovesse di nuovo discernere quelle ombre e disputarne con quelli che son sempre rimasti in catene, mentre vede male perché i suoi occhi non si sono ancora assuefatti, ciò che richiederebbe un tempo non breve, non si renderebbe forse ridicolo, non si direbbe di lui che, salito quassù, ne è tornato con gli occhi rovinati, e dunque non val la pena neppure di tentare l’ascesa? e chi provasse a scioglierli e a guidarli verso l’alto, appena potessero afferrarlo e ucciderlo, non lo ucciderebbero?»
«Sicuramente» disse.
«Quest’immagine pertanto, caro Glaucone» io dissi, «va applicata tutta intera a quel che dicevamo prima: la regione che ci appare tramite la vista è da paragonare alla dimora dei prigionieri, la luce del fuoco che sta in essa alla potenza del sole; ponendo poi la salita quassù e la contemplazione di quel che vi è quassù come l’ascesa dell’anima verso il luogo del noetico non t’ingannerai sulla mia aspettativa, dal momento che vuoi conoscerla. Dio solo sa se essa può esser vera. Questo è comunque quel che a me appare: all’estremo confine del conoscibile v’è l’idea
del buono e la si vede a stento, ma una volta vistala occorre concludere che essa è davvero sempre la causa di tutto ciò che vi è di retto e di bello, avendo generato nel luogo del visibile la luce e il suo signore, in quello del noetico essendo essa stessa signora e dispensatrice di verità e di pensiero; e che deve averla vista chi intenda agire saggiamente sia nella vita privata sia in quella pubblica.»
«Sono d’accordo anch’io» disse, «almeno come mi è possibile.»
«Su, allora» dissi io: «convieni anche su questo fatto, che non c’è da sorprendersi se chi è giunto fino a tal punto non voglia poi occuparsi delle faccende degli uomini, e la sua anima aspiri sempre a restare lassù: è in effetti del tutto verosimile che sia così, se anche questo sta nel modo descritto dalla nostra immagine.»
«Verosimile, certo» disse.
Diffidente.
lunedì 13 maggio 2024
Tra intemperie e briganti.
Se come l'ultima ruota di un carro
tutti sanno qualcosa che io ignoro o
se come il primo dei muli che lo tirano
vedo qualcosa che gli altri non riconoscono,
non è poi di troppo senso il ruolo.
La carovana,
prima o poi,
arriva.
Unisci i punti.
sabato 11 maggio 2024
Se mai.
Dialogo verosimile.
giovedì 9 maggio 2024
Alan esce dal coma.
mercoledì 8 maggio 2024
Parole in fumo.
La profezia.
Meritiamo tutti il male.
Ed il male, tutti, avremo.
Il peggio deve ancora venire.
Me lo sento.
martedì 7 maggio 2024
sabato 4 maggio 2024
Annibale il maiale speciale.
Life's game.
Mi metto a letto nel pomeriggio causa un forte mal di testa. Ci metto un po’ a prendere sonno ma alla fine i muscoli si rilassano, la mente si svuota e mi lascio andare.
Mi ritrovo in una sala giochi. Prendo una moneta da un euro per giocare ad un videogame. Gioco la mia partita fino alla fine. Infine mi allontano fino alla porta d’uscita di quel locale, la oltrepasso e mi ritrovo in un enorme salone oscuro e buio pieno di porte di servizio, alcune di queste aperte che lasciano intravedere cavi elettrici, scale di emergenza ed attrezzi da lavoro. Sento delle voci lontane, non riesco a distinguere le loro parole. Ho ancora il portafogli in mano e lo guardo, accorgendomi che tra le carte ce n’è una che non avevo mai notato prima. La estraggo dal portacarte e la guardo. È blu e sopra riporta la scritta “Life’s game”. In quello stesso istante una voce rimbomba in quella enorme stanza, chiedendomi: “Giochiamo?”.
Nella mia mente mi ripeto con angoscia che devo svegliarmi, mentre correndo in lungo e in largo per il salone cerco un’uscita. Infine urlo: “Ale, svegliati!”.
Apro gli occhi ma qualcosa non torna. Non è pomeriggio, come quando mi sono messo nel letto, ma notte. Mi chiedo quanto io abbia dormito ma in un attimo mi rendo conto di stare ancora sognando senza capire più quale sia il dentro e quale il fuori. Mi spavento e mi sveglio.
giovedì 2 maggio 2024
Il dubbio del gufo.
mercoledì 1 maggio 2024
L'infelicità è la forma che prende la consapevolezza dell'esistenza di altro.
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Un'abitudine collettiva, diventata con il passare dei millenni una vera e propria dinamica comportamentale umana consolidata, come può ...
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(INTERFERENZA) Come se stessi guardando un film e, invece di seguire le vicende del protagonista che si snodano nella trama, mi fossi concen...
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L'abbiamo vista attraversare le stagioni, eppure nella mia mente è avvolta da un forte ma gradevole profumo di pioggia appena scesa. Cir...