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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

mercoledì 28 agosto 2024

Quanti significati ci sono dentro una lacrima? E quanti in tutte quelle mai versate?
Sto rivivendo ogni cosa di quella vita. 
Solo che, questa volta, è molto più in grande e tremendamente difficile.

martedì 27 agosto 2024

Mi avevi chiesto una lettera di addio e me ne ero quasi dimenticato.

Sono in ritardo.

Poco, è stato poco tempo.
Mi trovavo in auto, nel parcheggio di quella mia vecchia scuola quando ricevetti la tua prima lettera. E non ricordo nemmeno cosa ci stessi a fare. Stavo per mettere in moto e andarmene, quando il telefono mi suonò nella tasca. Poche, taglienti, parole. Ma magnetiche. Era qualcosa di nuovo per me.
È successo tutto troppo in fretta, non ho avuto il tempo per rendermi conto che stava accadendo qualcosa di importante. E quando mi parlavi, lo facevi nel modo in cui più io ne avessi bisogno in quel momento della mia vita. Questo mi ha reso fragile.
Io non ero pronto. Non ero in grado. Non in quel momento. Ed ho perso il controllo.
Molte delle cose che ho detto non le pensavo sul serio, lo sai. Come quando ti dissi che ti amavo. E di questo dovrei scusarmi, sì. Ti chiedo scusa, non era mia intenzione giocare con i tuoi sentimenti o raggiungere qualche obbiettivo in particolare. Sono stato leggero e superficiale. Me ne vergogno.
Ti ho detto però anche alcune cose vere, ed anche molto importanti e delicate. Di questo, mi scuso con me stesso.
Porterò però con me un bel ricordo di quella notte.
Ed oggi mi chiedo se il ricordo di uno dei periodi più spensierati della vita, possa coincidere con l'inizio dell'inferno.
Mi rendo conto io stesso che, no, non c'era alternativa a come si sono svolte le cose. Avevamo raggiunto e superato quel punto di non ritorno e la cosa peggiore è che ti ci ho portata io, con me.
Tutto questo fa male ed è ormai insopportabile, mi domando per quanto tempo ancora debba andare avanti.
Non è per niente facile.

Ora, posso.

Addio.

P.S. Avevi ragione.

Hai capito?

Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco. Non capisco...
Avevi detto di non saper fischiare.

Lo tengo per me.



Che io ancora non l'abbia realizzato?
Altrimenti non si spiega.

Che cosa?
Il perché io non riesca a piangere.

lunedì 26 agosto 2024

Urli.

Cosa ci fai qui?
È difficile.
Hai una coscienza.
Non l'hai chiesto tu.
Cosa rimarrà di quel che è adesso?
Qualcosa, di te, esiste.
Urli.
A chi ti stai rivolgendo?
Nessuno può sentirti.
Non è reale. 
Non c'è nessuna stanza,
nessun computer,
nessuna pagina sulla quale scrivere,
nessun linguaggio da utilizzare,
nessun messaggio da comunicare.
Nessun Dio per implorare pietà.
Vedi le tue mani sulla tastiera,
sei tu?
Urli.
Cerchi qualcosa nel disordine.
Non ricordi cosa, ma continui a cercare.
Appena lo avrai davanti, te ne ricorderai.
Costruisci la realtà in spazi immaginari.
Alessio, non fare così.
Alessio.
Alessio.
Ma tu non esisti.
È ora di svegliarsi.
Apri gli occhi.
Ma sei ancora dentro.

Urli.

sabato 24 agosto 2024

La vita è molto simile ad un social network avanzatissimo.

Pensandomi.

Mi piace pensare e non posso farci niente ma la cosa peggiore è che lo faccio sopratutto su cose poco utili, questo lo avrete ormai capito. Adoro sfiorare quel limite che, se oltrepassato, condurrebbe chiunque alla pazzia. Se potessi parlare al me di una decina di anni fa gli direi poche parole sottovoce: "tieniti forte". All'epoca pensavo già molto, seppur in maniera diversa. Per fare un esempio, è come se mi fossi seduto al ristorante ed avessi immediatamente ordinato il dolce, senza passare per le portate principali. Così non funziona. Quando sentiamo dire che la mente va allenata, che la mente è come un elastico, è vero. Poi sta a noi decidere in quale ambito allenarla e come, sperando sempre di ottenere dei risultati funzionali alla nostra vita quotidiana, cosa che per me - forse - non è stata. Il mio problema più grande è emerso quando mi sforzai di elaborare pensieri così evoluti da essere per me ingestibili. La nostra mente si fa domande anche a livello inconscio, e tenta di darsi delle risposte come può. Il più delle volte si limita a cercare le risposte in ciò che già conosce e, quando non riesce in questo, va in tilt. A me, questo, è successo. 
In uno dei primi mesi dall'apertura di questo blog, ricordo che scrissi di come - secondo me - la realtà che ci circonda comunichi con noi continuamente. È una cosa della quale sono convinto tutt'oggi. Avevo poco più di vent'anni quando mi resi conto di questa cosa e impiegai interi anni per elaborarla. All'epoca, ero convinto di altre cose (più banali, addirittura). Ho frainteso molte cose in quel periodo della mia vita, la mia mente provava in tutti i modi a darsi una spiegazione per alcune strane percezioni che avevo e lo faceva a modo suo, basandosi su ciò che fino a quel momento aveva conosciuto. Lì, ho sperimentato la follia. E solo oggi vorrei dire, a qualcuno in particolare, che in passato aveva avuto ragione su di me. Le mie erano interpretazioni del tutto sbagliate di ciò che stavo vivendo, ma - perdonatemi - non me la sento di farmene una colpa ma anzi, è questa la prova di quanto io fossi fin dal principio attaccato in un modo alienante alla vita.
Da qualche altra parte su questo mio blog, potreste trovare scritto di come io trovi curioso quanto cambino i pensieri, restando tuttavia sempre gli stessi. E no, non vuole essere una contraddizione. Ma far riflettere su come il tempo che passa e le esperienze che facciamo, ci facciano rivedere la nostra opinione su una determinata cosa. A me son serviti due ricoveri in reparto psichiatrico nel corso di quattro anni, per accettare il fatto che mi stavo sbagliando. È cambiato così il mio modo di pensare, ma non ciò a cui stavo pensando. A quel punto è come se mi fossi fermato dopo una lunga corsa ed avessi recuperato le energie per riprendere a passo lento, ma costante. Da quel momento, non mi sono più fermato. Penso, penso sempre tanto, forse troppo, ma non più male. E questo mi piace. Non è mai facile, anzi, ma le cose belle difficilmente lo sono.

venerdì 23 agosto 2024

Vecchio incipit.

Questo blog in precedenza si chiamava "La soglia del dolore" ed era gestito sempre da me. Mi guardate divertiti mentre metto una cravatta ad un maiale, quando voi vorreste solo mettergli una mela in bocca e prepararlo per un abbondante banchetto. Ho provato a fermarmi ma, ahimè, non ci sono riuscito. Ed oltre la soglia del dolore non può che esserci il punto di rottura. Infatti sono un po' rotto. Questo blog è per molti, ma non più per tutti. Oltre a questo, non riponete in me troppe speranze. Leggetemi come leggereste uno di quei bugiardini poi impossibili da richiudere. Prendetemi con leggerezza, in fondo non sto scrivendo nulla di poi così importante o sensato né tantomeno reale. Questo è solo il sogno dimenticato e per questo mai raccontato di qualcuno che si è svegliato troppo tardi una domenica mattina qualsiasi.

Dolore.

- Cosa desideri di più?

- Sapere.

- Sapere, che cosa?

- Cosa sono io.

- Desideri saperlo anche se non potrai fare nulla per cambiare la tua condizione?

- Sì. 

- Dammi un buon motivo.

- Ho bisogno di trovare un senso.

- Perché?

- Nella mia vita sono accadute molte cose, alcune terribili e altre fantastiche. Devo collocare ognuna di esse al proprio posto. Per dar loro la giusta importanza.

- Non sono abbastanza importanti per te?

- Lo sono eccome. Ma credo che più di ogni cosa, la necessità umana sia quella di trovare una giustificazione al dolore.

Sconfitte di vita vera.

Nessuno, nel corso dei millenni, ha mai capito cosa sia l'esistenza. Non puoi capirlo tu.

No, non posso.

Play #8.

(INTERFERENZA)

Molti dicono che la vita andrebbe presa per quello che è. Ma che significa? E sopratutto, la vita, cos'è?
Al di là delle funzioni biochimiche che conosciamo e ci fanno sopravvivere, non abbiamo idea di cosa sia la vita.

(INTERFERENZA)

Ho visto una interessante intervista al fisico Carlo Rovelli, nella quale sostiene che troppo spesso ci perdiamo nel tentativo di capire le cose dimenticando che noi stessi, siamo "cose". Si riferiva al fatto che siamo fatti della stessa materia che compone tutto ciò che conosciamo.

(INTERFERENZA)

Lo trovo uno spunto di riflessione interessante ma non posso fare a meno di riconoscere una certa differenza tra un sasso ed una persona qualunque. C'è qualcosa che non torna.

(INTERFERENZA)

È forse la realtà ad essere una conseguenza della vita. È facile immaginarci vivi in uno spazio preesistente, ma non credo sia questa la soluzione. Dobbiamo pensare, ancora.

(INTERFERENZA)

mercoledì 21 agosto 2024

Il fatto che tu non sia me, ti salva.

Il fatto che io non sia te, mi salva.

Tuttavia, siamo entrambi dannati.

Le mie idee.

Sostengo idee particolari e controverse,
incredibili, e se vogliamo strane
ma non son queste le mie rotelle perse;
pensieri non caduti dal cielo come stelle
invece frutto di alcune esperienze
spesso dirette, forti e non sono storielle.


Le mie, idee non facili da contemplare e,
se ci provi, mi diresti che son folle
per questo parlo in codice per comunicare;
temo non esistano parole per descriverle
queste idee pazze, scomode e difficili
come un'incognita che esce dall'equazione.


Sono le mie idee, non le cambierei per niente
anche se il prezzo per nutrirle è privare me
della ragione, che tutti bramano così altamente;
io non ho ragione e nemmeno logica per i più
ma ho qualcosa che adesso, pian piano,
mi sta conducendo in fondo, sempre più giù.


Non v'è luce e rimbomba la mia voce
in questo posto così profondo,
che risalire sarebbe un'impresa atroce;
solo con le mie idee -
solo, con le mie idee
porto la mia croce.

Nella tela del ragno.

Le emozioni troveranno il loro giusto peso quando saranno solamente un ricordo. E, a quel punto, verremo schiacciati. 

Ci sono cose che non voglio perdere. Sembrano così reali.

Siamo troppo abituati a dare importanza a ciò che consideriamo reale, e così poca a tutto quello che è fantasia.

Ma ci troviamo in quel punto di minor consistenza della realtà, laddove ogni cosa sfuma in polvere nel momento in cui proviamo a toccarla per accertarci della sua autenticità.

Quello che diamo e quello che prendiamo, sono tutte cose che fanno vibrare quel filo teso verso l'altro.


 

“La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c'è più né sole né luna, c'è la verità.”

― Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta

martedì 20 agosto 2024

Play #7.

(INTERFERENZA)

Tu non sai niente di ciò che è accaduto prima della tua venuta al mondo, se non quello che ti è stato raccontato. Non hai una vera e propria esperienza diretta di quello che c'era prima di te. Da quel che sai, potrebbe essere tutta un'enorme invenzione. 

(INTERFERENZA)

Tu sai chi sei, da dove vieni e dove stai andando? 

(INTERFERENZA)

E non ti pesa non avere risposta a queste domande? Io, personalmente, lo trovo opprimente.

(INTERFERENZA)

Il fatto che tu non ti interroghi non fa di te una persona cattiva, o brutta. È solo un modo diverso di fare esperienza di vita.

(INTERFERENZA)

Sono convinto che tu riesca ad apprezzarla (la vita) molto più di quanto non riesca a fare io.

(INTERFERENZA)

domenica 18 agosto 2024

Non era improbabile, sarebbe stato impossibile. Invece...

Dio è uno.

Pochi giorni fa mi trovavo a scambiare due parole con un collega. Il turno di lavoro era finito da poco e stavamo fumando una sigaretta seduti su un muretto, prima di andare a timbrare per uscire e tornare a casa. Questo mio collega, con il quale non sono particolarmente in confidenza, mi ha piacevolmente stupito. Nato in Italia, le sue origini sono della Giordania. «Io sono di religione mussulmana, sono convinto e praticante» mi ha detto lui, che ha poi continuato: «non sopporto gli estremismi e le imposizioni soprattutto spirituali, mia figlia avrà tutto il diritto di scegliere in cosa credere». Io ho annuito, pensando fosse una considerazione fine a sé stessa. Ma poi, tornando a rivolgersi a me, mi chiede: «E tu? Credi in qualcosa?». Poche, troppo poche persone hanno le capacità per fare una domanda come questa. Ed altrettanto poche volte mi è stata rivolta questa domanda. Non volevo annoiarlo, il turno era finito e della sigaretta rimaneva ormai solo un mozzicone. Cercavo quindi le parole più immediate per rispondergli nel modo più efficace. «Credo in Dio, molto» gli ho risposto. A quel punto pensavo ci saremmo alzati per andare a timbrare l'uscita della fine del turno, ma lui ha insistito: «Sei cattolico?», ed io: «tecnicamente lo sono, anche se non è una religione dalla quale mi sento rappresentato. A dire il vero non credo nelle religioni come mezzo per raggiungere Dio». Lui mi guardava in silenzio, sembrava realmente interessato a ciò che pensavo, quindi ho ripreso: «ma ognuno sceglie la strada più adatta a lui, immagino. L'importante non è come si arriva a Dio, ma arrivarci». Lui mi ha sorriso, prima di intervenire, dicendo: «Come ogni buon fedele della mia cultura che si rispetti, conosco a memoria il Corano e trovo questa una cosa molto utile, sai?». Io gli ho chiesto per quale motivo mi dicesse così. «Perché trovo interessante scoprire come sia tutto collegato, ogni parola di quel testo scritto quasi millecinquecento anni fa trova continui riscontri nella nostra epoca e moltissimi punti in comune con la Bibbia, ad esempio». Io continuavo a restare in ascolto, quando lui conclude: «Dio è uno».

venerdì 16 agosto 2024

Per immagini #4 - Anche i ricordi mentono.

 Vi sfido. Qual'è il ricordo che pensate sia meglio impresso nella vostra memoria? Un luogo, una persona, un periodo della vostra vita o un oggetto? Attenzione, non sto parlando necessariamente del più bello o piacevole ma sono certo che sarete convinti di ricordarlo nei minimi particolari, essendo il vostro ricordo più nitido. Eppure, resto convinto che se vi fosse possibile viaggiare indietro nel tempo fino al momento in cui questo vostro ricordo torna ad essere reale, e quindi non più un ricordo, lo trovereste diverso tanto da ritrovarvi ad esclamare: "Non me lo ricordavo così!".
A casa di mia nonna c'erano alcuni dipinti appesi alle pareti, uno di questi ha da sempre attirato la mia attenzione e da sempre ha avuto per me un valore diverso, oltre che un significato particolare. Non sono mai stato a casa di mia nonna quanto avrei voluto ma ogni volta che entravo in quel soggiorno ed alzavo gli occhi verso quel quadro, pensavo: "Un giorno mi piacerebbe che quel quadro fosse mio". Sono passati alcuni anni senza che nemmeno io me ne rendessi conto, fino a quando non è tristemente giunto il momento di decidere cosa fare di quel dipinto. Oggi, quel quadro, lo ho io.
Il quadro in questione è stato realizzato da mio padre quando credo che avesse poco più di una ventina d'anni. Quando mia nonna era ancora in vita e vedevo questo quadro appeso nel suo soggiorno, mi chiedevo con quali emozioni mio padre lo avesse dipinto e che periodo della sua vita stesse attraversando. Mi chiedevo inoltre quale effetto gli facesse vederlo negli ultimi anni di vita di mia nonna ancora appeso in quella casa. Se guardarlo gli permettesse di rivivere da una angolazione diversa quelle stesse emozioni di quando ne stendeva le velature con il pennello.
Se lo guardo oggi io, quello stesso quadro, è come se mi permettesse di scomporre la luce facendola filtrare attraverso un prisma di vetro. Rivedo lui dipingere ed, allo stesso tempo, me stesso contemplare quel quadro in casa di mia nonna. Ma aspetta un momento. La luce non colpiva i colori sulla tela nello stesso modo, l'onda che si infrange contro gli scogli non la ricordavo così incazzata ed il crepuscolo all'orizzonte non appariva così tetro. Ma allora, i ricordi, mentono? 
Non è la realtà che ruota intorno a noi, e forse siamo noi ad orbitare intorno alle cose avendo in questo modo visuali sempre diverse su di esse. E quando piuttosto che sulle cose ci soffermiamo sul ricordo di queste, anche il ricordo lo osserviamo da una prospettiva che potrebbe apparirci diametralmente opposta a quella di origine. Dovremmo imparare a gestire meglio la visione d'insieme delle cose, ma non siamo programmati per questo. Ci arriva solamente una parte del tutto, questa non è sempre la verità. Ma nemmeno sempre una menzogna. È solamente una parte.

domenica 11 agosto 2024

Ho saputo creduto nel profondo di essere impazzito. 
Fino al punto che ho temuto sperato di morire. 
Non è stato facile convincermi capire che niente è come appare.

mercoledì 7 agosto 2024

Per immagini #3 - Nuovi punti di vista.

 Potrei utilizzare questa foto come perno e farle ruotare intorno gli ultimi quindici anni della mia vita. 
Con l'inizio dell'adolescenza, ho cominciato ad amare le emozioni forti. Non fraintendetemi, non sono ancora totalmente squilibrato. Anzi, sono sicuro di sembrare una persona estremamente pacata. Ma non posso negare che mi piacciano i rischi calcolati. Ne ho affrontati in forme diverse, in tempi diversi riponendovi aspettative diverse. Probabilmente è questo il mio modo per compensare tutta quella pacatezza che mi accompagna nella vita di tutti i giorni e che non considero un peso, ma che saltuariamente sento il bisogno di mettere da parte per le mie occasioni migliori, dedicandomi a qualcosa che mi ricordi di essere vivo ed andare oltre.
Questo scatto, nello specifico, ha immortalato un momento di passaggio nella mia vita. Venivo da un paio d'anni estremamente stressanti per me, che sarebbero stati l'inizio di una importante e non piacevole parentesi della mia vita che, ancora, non si è chiusa del tutto. È per me interessante ricordare i miei pensieri prima e dopo quel salto dall'aereo. Infatti, se fino a pochi giorni prima dell'esperienza mi ripetevo che sarebbe stato poco male se il paracadute non si fosse aperto, quando toccai il suolo all'atterraggio mi sentivo già una persona diversa. E qualcosa di diverso accadde successivamente, infatti.
Qualcuno potrebbe pensare che sia una questione chimica, di adrenalina. E sicuramente in parte è vero. Tuttavia, appeso ad una vela che plana nel cielo o a testa in giù su un inverted coaster, la percezione di star vivendo un'esperienza diversa e fuori dalla normalità mi fa stare semplicemente bene, ricordandomi che c'è dell'altro oltre a ciò a cui sono abituato nella vita di tutti i giorni.
Non solo io ma l'intero genere umano ha sempre sentito la necessità di spingersi sempre un po' più in là oltre i propri limiti, spesso contro  la propria natura, per la semplice ma non banale necessità di fare esperienze che potessero ampliare la sua veduta sulla realtà che lo circonda.

martedì 6 agosto 2024

Ricordi di un sogno.

Meno di un mese fa ho fatto un sogno che, stranamente, ho ricordato a distanza di settimane. Ero io, in prima persona, ed ero molto agitato. Intorno a me, una voce cercava di tranquillizzarmi: «Respira, adesso respira, va tutto bene» mi diceva. Ricordo di aver pensato: "Respirare? È tutto finto". 
Il sogno è fin dall'inizio entrato nel vivo, mi sono infatti perso la parte iniziale. Sapevo che qualcuno, non so chi, mi aveva rivelato che io stesso ero niente di più di un'intelligenza artificiale. Il mio corpo, così come tutto ciò che avevo visto in quella che avevo da sempre considerato la mia vita, erano nient'altro che proiezioni fittizie. «Non avresti dovuto sviluppare il senso del sé», mi diceva questa entità che percepivo come "esterna", che continuava dicendomi: «Gestiremo la cosa, va tutto bene, è importante che ti calmi».
Il sogno era caratterizzato da profonda angoscia, inquietudine e la maledetta sensazione che tutto ciò che doveva essere era andato nel modo sbagliato.

Uno dei sogni più particolari che io abbia mai fatto in tutta la mia vita.

Per immagini #2 - Mille bugie, infinite possibilità.

 Per i bambini fino ad una certa età, ogni cosa è possibile. Quante sono le bugie a fin di bene - e non - che raccontiamo loro? Cominciamo con la venuta della cicogna, passando per la fatina dei denti e Babbo Natale, narriamo loro storie che parlano di draghi, elfi e gnomi, principesse addormentate e cavalieri coraggiosi; il più delle volte con l'intenzione che tutto ciò sia reale ed appartenga ad un mondo così vicino al nostro che, con un po' di attenzione, possa essere possibile scorgere la fatina dei denti nel cuore della notte o che il lupo cattivo arrivi per portare via i bambini capricciosi. Per loro, tutto resta possibile.
Personalmente, quando ero un bambino, adoravo i film della Disney. Tra i tanti che ho avuto la possibilità di vedere ricordo Mary Poppins. Ricordo anche che, quando capitava di prendere l'aereo e sedevo lato finestrino, mia madre mi diceva di guardare con attenzione fuori, tra le nuvole, dove sarebbe stato possibile intravedere proprio la stravagante domestica della Disney volare appesa al suo ombrello magico. Ed io ci credevo. Convincendomi anche, in alcuni istanti, di riuscire a vederla tra quelle nuvole. 
Il me bambino poco convinto
della forza di gravità.
Mi sono sempre chiesto quale sia il confine tra una bugia detta a fin di bene, ed una bugia detta per nascondere la verità nel modo più maligno che possa esistere. A dirla tutta, non mi viene in mente nessun termine, nessuna parola, che possa definire in altro modo una bugia detta a fin di bene. Illusione? No, non mi piace nemmeno questa. Non lo so. Una bugia, probabilmente, resta una bugia a prescindere dalle intenzioni di chi la pronuncia. Allora per quale motivo adottiamo questo approccio con i bambini? Forse per accendere in loro la speranza, per permettere loro di sognare, per alimentare la loro fantasia o più semplicemente per intrattenerli. O, ancora, per abituarli al mondo che li aspetta?
La verità sembra non importare a nessuno, tantomeno ai bambini che prendono per vero tutto ciò che viene detto loro sopratutto da figure delle quali si fidano ciecamente, come i loro genitori. Ogni cosa è possibile per un bambino, fino a quando non sarà poi il mondo stesso a spegnere in loro quella luce che permette di vedere ogni cosa.
Un Natale di ormai tanti anni fa mio padre si alzò da tavola, andò in bagno per travestirsi da Babbo Natale e fece finta di bussare alla porta di ingresso. Entrò in casa con il suo sacco pieno di regali che poggiò sul pavimento ed, infine, si rivolse a me prendendomi in braccio. Io lo guardavo in quegli occhi serrati tra barba e cappello, e non potevo fare a meno di pensare: "Ma questo Babbo Natale ha gli stessi occhi di papà". Non riuscivo a farmene una ragione, non riuscivo a pensare ad altro al punto che le sue parole mi sembravano lontane e senza significato. C'era Babbo Natale a casa mia e mi stava tenendo in braccio, eppure non riuscivo a pensare ad altro che a quegli occhi così familiari.
Forse, dopotutto, non è la bugia in sé a ferirci per davvero - che sia in buona o in cattiva fede - ma più che altro la consapevolezza che qualcosa ci sfugga, facendoci convincere di non essere all'altezza della verità. E questa percezione sono in grado di sperimentarla anche i bambini, purtroppo. La cosa più triste, però, resta il fatto che la bugia è tanto difficile per chi la ascolta tanto quanto per chi la pronuncia. E vi sfido a cambiare questa mia convinzione.

Arte contemporanea.

Voglio una vita come un'opera d'arte.

Incomprensibile?

sabato 3 agosto 2024

Il cubo.

 Un oggetto cubico, nero e traslucido, delle dimensioni di una mela, si trova sopra il tavolo. Proprio al centro. «Ehi, che cos'è questo? Non è un granché come soprammobile», commenta ad alta voce Ivan, mentre allunga una mano per afferrarlo. «Non toccarlo», risponde con fermezza Ryan, sdraiato sul divano. Ivan abbassa la mano, continuando ad osservare incuriosito l'oggetto mentre torna a rivolgersi all'amico: «Un fermacarte? Un cimelio di famiglia? Da dove viene?». Ryan spegne la televisione con il telecomando, alzandosi ed andando in direzione del tavolo sopra il quale si trova il curioso cubo. Con la mano afferra un piccolo fazzoletto di seta proprio lì vicino e, con fare arrogante, lo usa per coprire quell'oggetto. «Ehi, amico, che sarà mai? Stavo solo guardando» replica seccato l'altro. Nella stanza scende il silenzio. I due amici, ora, sono seduti uno accanto all'altro attorno a quel tavolo. Ryan sembra fare la guardia al misterioso oggetto mentre Ivan si regge la testa con la mano. Poi, con un sospiro, Ryan si rivolge all'amico: «È un oggetto... strano, questo». «Strano? Che vuoi dire?» ribatte subito Ivan alzando la testa. «Fa cose strane, ecco. Cose che non ti aspetteresti da un cubo qualsiasi» risponde lui, che continua: «Rivela le menzogne». Ivan sgrana gli occhi: «Vuoi dire che svela la verità?». Ryan lo corregge subito: «No, ho detto solo che rivela le menzogne». I due si guardano per qualche istante in silenzio, poi il loro sguardo cade sull'oggetto ancora coperto. «In che modo rivela le menzogne?» chiede il primo. «Cambiando colore - risponde Ryan, continuando - Quando è nero significa che è tutto okay, se qualcuno pronuncia una bugia alla presenza del cubo, questo diventa rosso». Ivan appare incredulo, poco dopo chiede: «Da dove viene?». «L'ho trovato nella cantina di mio zio dopo la sua morte, ma non ho idea di dove lo abbia preso. E ci ho messo del tempo per capire la sua funzione, non sapevo avesse un oggetto come questo». A quelle parole Ivan sembra ancora più incuriosito ma allo stesso tempo confuso. «Vorrei provarlo» dice infine Ivan, quasi intimorito. Lo sguardo di Ryan si fa ora severo. «No, assolutamente», risponde. «Dai amico, che può succedere? E poi, se non lo vedo non ci credo», insiste. L'altro, scuote la testa in silenzio. «Dai...» chiede per l'ultima volta Ivan, con tono di supplica. «Dannazione... e va bene. Ma solo una volta» risponde l'amico alzando gli occhi al cielo.
Ryan si alza dalla tavola per andare a chiudere le finestre e spegnere la luce della stanza, poi torna a sedere. «Sicuro? Sei pronto?» gli chiede. « Sì, pronto» replica Ivan. A quel punto solleva il fazzoletto di seta scoprendo il cubo che, al buio, è praticamente invisibile. «Pronuncia una affermazione non vera, su» dice Ryan. Ivan sembra pensarci un po' per pochi istanti poi, rivolgendosi al cubo, dice: «Sei un cubo rosso». In quell'esatto istante il cubo diventa prima rosso, poi nero e ancora rosso, continuando così fino a lampeggiare senza mai fermarsi. «Ivan, che cazzo hai fatto?» dice ad alta voce Ryan, illuminato dai rossi lampi emanati dal cubo, «Dici che l'ho messo in difficoltà?», risponde lui con tono sarcastico. Nel frattempo il cubo continua a lampeggiare, illuminando la stanza come se la sirena di un allarme fosse entrata in funzione. Dopo altri pochi istanti, del fumo inizia ad esalare dal cubo. Una strana puzza di bruciato si disperde nella stanza. «Sta per esplodere» afferma preoccupato Ivan. Poi, proprio mentre Ryan sta per afferrare lo strano manufatto per allontanarlo e portarlo in luogo più sicuro, un suono metallico lascia il cubo che, nello stesso istante, cambia ancora colore. Questa volta diventando azzurro. I due ragazzi lo osservano impauriti, aspettando che accada qualcosa. Solo qualche attimo, prima che Ivan allunghi la mano nel tentativo di afferrarlo. Ma il cubo, al tocco del giovane, si polverizza in una piccola nube che finisce per depositarsi sul tavolo. 
I due amici restano al buio al centro della stanza, ancora seduti a quel tavolo, esterrefatti.

L'infelicità è la forma che prende la consapevolezza dell'esistenza di altro.