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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

lunedì 30 ottobre 2023

La melodia del Carillon.

Quella mattina il piccolo Leo si trova nella sua stanza, intento a districarsi tra le decine di giocattoli che ha riversato sul pavimento e che ora lo accerchiano. Tra soldatini, trottole, costruzioni, trenini e macchinine lui sembra però molto impegnato a cercare qualcosa che non vuole saltare fuori tra tutta quella confusione. Quasi innervosito ed imbronciato si alza da terra e, facendo sbattere furiosamente i suoi piedini, si dirige in cucina dove la sua mamma sta preparando da mangiare per il pranzo. «Mamma, dov'è il mio carillon?» le chiede con decisione. La mamma di Leo lo guarda stupita, ci pensa qualche istante e poi risponde: «Carillon? Quale carillon, tesoro?». Il bimbo ci riflette e le parole sembrano non volergli uscire dalla bocca. In effetti nemmeno lui ricorda come sia fatto questo carillon. Non se lo ricorda più. Però ne ricorda bene la melodia, ed allora prova ad intonarla alla mamma con un sonoro «la la la - la, la la la - la». 

La mamma guarda suo figlio meravigliata perché quella canzoncina non gli faceva venire in mente nulla. «Bé, se ne ricordi il suono, quel carillon dev'essere per forza lì da qualche parte. Ti aiuterò a cercarlo dopo mangiato, va bene?» risponde lei dando un'amorevole carezza sul volto del piccolo che, sconfortato, torna a dirigersi verso la sua camera. Proprio in quell'istante, passando davanti alla porta d'ingresso, questa si apre. Il papà di Leo è appena rientrato a casa da lavoro per il pranzo ed il bambino gli si lancia tra le braccia per accoglierlo. «Papà, tu ricordi dove è il mio carillon?» chiede poi Leo al suo papà, che ribatte: «Uhm... No, direi di no. Non ricordo nessun carillon, ma se provi a mettere in ordine tra i tuoi giocattoli sono certo che salterà fuori». 

Una volta di nuovo dentro la sua camera, Leo, decide che avrebbe rimesso tutto in ordine fino a ritrovare quel carillon del quale era così convinto di ricordare il suono. "Da che parte inizio?" si chiede tra sé il bambino. C'era a dire il vero un gran subbuglio in quella piccola stanzetta, ma da qualche parte doveva pur cominciare a riordinare. Leo allora si china per raccogliere una vecchia bambola di pezza, rotta ed un po' malconcia e senza un occhio e, mentre sta per riporla sullo scaffale delle altre bambole, questa sussultando gli chiede: «Stai cercando il carillon, vero, Leo?». Il piccolo bambino rimane di stucco nel sentir parlare quella vecchia bambola rotta e, dopo qualche attimo di esitazione, le risponde: «Io... sì, sto cercando il carillon. Ma tu parli? Sei solo una bambola rotta...». La bambola sembra quasi offendersi ma poi torna ad addolcirsi e gli si rivolge dicendo: «Sai, piccolo, tutti noi giocattoli veniamo utilizzati e, prima o poi, ci rompiamo o ancora più spesso andiamo perduti, proprio come il tuo carillon - la bambola sospira, poi continua - Tutti noi giocattoli in questa stanza ne sentiamo il suono durante la notte, proprio mentre anche tu stai dormendo». Una luce di speranza si accende negli occhi del giovanissimo Leo, che ora sa con certezza che quel carillon dev'essere lì da qualche parte. «Potresti provare a chiedere al soldatino di plastica, magari lui saprà dirti dove finiscono tutti i giocattoli perduti» conclude la bambola rotta. Leo la stringe forte tra le sue braccia prima di riporla sullo scaffale e, questa, torna poi ad assopirsi priva di vita.

Leo si dirige verso il soldatino di plastica e, con gran stupore, scopre che anche lui è ora vivo oltre che evidentemente impegnato in un furioso combattimento militare con altri soldatini. «Giovane Leo, avanziamo con l'artiglieria pesante!» gli si rivolge proprio il soldatino. «Chiedo scusa, soldato, a dire il vero io ero venuto per chiederle del mio vecchio carillon... Mi manda la bambola rotta». Il soldatino di plastica si blocca, come se il conflitto armato alle sue spalle non esistesse più per lui. Volge il suo sguardo autoritario al piccolo e risponde: «Bene, bene. Quindi staresti cercando il carillon dimenticato? È così?» Il piccolo si sente in difficoltà nel rispondere, come se ci fosse qualcosa di sbagliato nel ricordare la melodia di un carillon che nessuno ha mai visto. «Sì, comandante, sto cercando il carillon... Lei può aiutarmi?» Il soldatino gli fa cenno con la mano di chinarsi verso di lui ed il bimbo esegue l'ordine poi, sottovoce, il minuscolo militare gli sussurra timidamente qualcosa all'orecchio: «Io ti aiuterò, ma tu non dovrai più farci combattere. La guerra è orribile per noi soldatini». Leo rimane perplesso perché non si aspettava una richiesta simile da un soldatino di plastica ma, comprendendo le atrocità che i combattimenti comportavano per quei soldatini, accetta l'accordo chinando la testa. «Molto bene, ti attende un lunghissimo viaggio, mio giovane Leo. Il trenino velocissimo saprà indicarti la strada per il luogo in cui finiscono i giocattoli perduti e dimenticati, recati da lui e... Grazie, Leo». A quel punto il soldatino di plastica torna ad irrigidirsi, ormai inerme ma questa volta con un'espressione serena. Leo ripone così tutti quanti i soldatini di plastica nella loro cesta ponendo fine alla loro guerra.

«In carrozza! In carrozza!» fischia il trenino velocissimo facendo risuonare la campana sulla sua locomotiva  ed emettendo nuvole di vapore. Il piccolo Leo ne interrompe la partenza e gli si rivolge con pacata educazione: «Signor trenino velocissimo, vengo qua dal soldatino di plastica e, prima ancora, dalla bambola rotta perché in cerca del mio carillon dimenticato. Mi è stato detto che lei potrebbe condurmi laddove finiscono i giocattoli perduti e dimenticati, è così?». Il trenino velocissimo borbotta in una nuvola di fumo nero: «Può darsi, Leo, può darsi». Il bambino resta timidamente in attesa del permesso di salire a bordo, ma il trenino velocissimo rimane in silenzio, come in attesa. «Ebbene, il biglietto?» chiede infine il trenino velocissimo con aria saccente. «Io... a dire il vero, ecco...» Leo non sa cosa rispondere con esattezza, era la prima volta che un trenino giocattolo gli chiedeva il biglietto di viaggio. Infine si infila una mano nel taschino e ne estrae una caramella e, dopo averla scartata con frenesia ed averla infilata in bocca, ne porge la carta al trenino. Questo la guarda in silenzio con espressione titubante ma, alla fine, esclama: «Oh, la carta di una caramella! Alla fragola! Questo andrà più che bene come biglietto di viaggio, puoi salire a bordo. Grazie tante». Leo, masticando la sua caramella alla fragola, tira un sospiro di sollievo, temeva che il trenino velocissimo potesse sentirsi offeso per quello scarto. Ma ora era sicuro che quel treno lo stava portando nel luogo in cui finiscono tutti i giocattoli perduti e dimenticati e, forse, avrebbe trovato anche il suo carillon. 

Durante quel lungo viaggio Leo vede sfrecciare accanto a sé tutti i suoi giocattoli preferiti. Il dondolio del vagone sulle rotaie lo fa assopire e si lascia cullare da quel rumore che, sempre più dolcemente, sembra diventare una tenera e nostalgica melodia che risuona "la la la - la, la la la - la". Leo sprofonda così in un profondissimo sonno. Vede nella sua mente sua la vecchia bambola rotta che gli corre in contro ma ora, no, non è più rotta: è come nuova e sembra essere felice di aver messo Leo sulla strada del carillon. Vede anche il soldatino di plastica che adesso, finita la guerra, torna dalla sua famiglia per passare con loro il resto della sua vita senza più dover combattere contro altri soldatini. Al di là del vetro vede la mamma ed il papà che lo salutano con la mano, contenti di vederlo partire per il mondo. Poi un sussulto lo riporta alla realtà quando la voce squillante del trenino velocissimo annuncia: «Capolinea!»

Scendendo così dal trenino velocissimo Leo, ancora assonnato, si ritrova davanti al gioco del dottore che, pochi giorni prima, aveva lasciato in disordine in un angolo della sua stanza. C'era ancora uno dei suoi orsacchiotti ricoperto da cerotti e pronto perché gli venisse fatta una puntura. «Guariscimi, Leo, sono terribilmente malato» gli dice l'orsacchiotto con il cerotto. «Cosa posso fare io? Sono solo un bambino, non sono un dottore» dice tristemente il bambino all'orsacchiotto, che poi continua: «Sto solo cercando il mio carillon, il trenino velocissimo doveva portarmi dove vanno a finire tutti i giocattoli perduti e dimenticati». L'orsacchiotto con il cerotto scoppia allora a piangere e Leo, ancora più triste, gli fa una carezza chiedendogli come avrebbe potuto aiutarlo. «Io sono uno dei giocattoli dimenticati, aiutami a guarire ed io ti mostrerò come arrivare al carillon che hai dimenticato», gli risponde questo. Allora Leo riprende in mano la siringa lasciata poco lontano e fa con delicatezza una puntura all'orsacchiotto con il cerotto. Questo sembra tornare in forze e stare meglio, tanto che inizia a scollarsi di dosso tutti quanti i cerotti che lo ricoprivano. «Grazie per non avermi dimenticato in questo postaccio, mio coraggioso Leo, adesso mi sento bene e posso portarti al tuo carillon». A quelle parole il bimbo è entusiasta e sente che finalmente è vicino a scoprire dove possa essere finito il suo vecchio carillon. 

"La la la - la, la la la - la" risuona una melodia in lontananza. «È la melodia del mio carillon!» esulta finalmente Leo, così stanco di cercare. A quel punto l'orsacchiotto ormai senza cerotto torna ad essere privo di vita tra le mani del piccolo Leo che aspettava da lui un nuovo indizio. La porta della sua stanza si spalanca e la sua mamma, con voce dolce, gli ricorda che il pranzo è pronto. Dalla stanza da pranzo ancora quella melodia che fa: "La la la - la, la la la - la", allora Leo corre verso la stanza da pranzo dove, con enorme sconforto, scopre che quel suono proviene dalla televisione accesa. «Eppure era così simile alla melodia del mio carillon...» dice ad alta voce lui, con espressione triste ed incredula allo stesso tempo. «Allora, hai trovato il carillon che cercavi?» gli chiede il papà con tono amorevole mentre si accinge a mangiare. Il bambino alza lo sguardo, gli occhi pieni di lacrime e, con difficoltà, risponde: «No, non l'ho trovato...».

domenica 29 ottobre 2023

E ancora, conversazione di vita vera.

Negli episodi precedenti.


Prevedo altri tempi duri, paurosamente cupi ed infinitamente profondi.

Andrà tutto bene, devi farti aiutare. Non essere nervoso.

Altra conversazione di vita vera.

Negli episodi precedenti.


Sai quando avrò realmente bisogno di uno psichiatra?

No, quando?

Quando starò bene.

Comunicazione di servizio n°3

Comunicazione di servizio:


Probabilmente inizierò a scrivere una mia inutilissima autobiografia qua, su questo blog. In pochi la leggeranno, ancora in meno la capiranno. Molti si chiederanno per quale motivo io debba raccontarmi su questo spazio web dimenticato da Dio. La verità è che non lo so nemmeno io. Ho una storia ridicola, patetica e noiosa, piena di bugie ed inganni e non so che altro farmene se non raccontarla. Nessuno ha mai voluto ascoltarla quindi, ripeto, la scriverò qua. A chi la leggerà, auguro buona fortuna. A chi potrebbe ritrovarci qualcosa di sé, chiedo scusa in anticipo e dico inoltre che mi dispiace già tanto per questo. A chi non la leggerà, meglio per lui.

venerdì 27 ottobre 2023

L'ho fatto o, meglio, ci ho provato.

Non credevo sarei mai stato in grado di farlo. Eppure è già passata una settimana ed ho avuto modo di rifletterci molto in questi giorni. Ora sono qui a scriverne. Purtroppo facciamo tutti cose che ci siamo sempre ripromessi di non fare o che non avremmo mai immaginato di riuscire a fare. Questa cosa dovrebbe terrorizzarci, toglierci il sonno. Eppure la vita continua nel suo corso e continuiamo a dormire profondamente. Il mondo continua a girare e nessuno sembra voler scendere da questa giostra. Le persone che ruotano insieme a me non ne parlano. Come fosse una vergogna, uno stigma. Molto ingenuamente, il giorno dopo, ho cercato un confronto con i miei genitori. Non hanno voluto parlarne. Solo la mia compagna, ogni tanto, dice qualcosa ma sempre ironicamente. Lei dice di sentirsi tradita. È come aggiungere dolore alla sofferenza. Io non ricordo niente. Volevo farlo davvero, Dio santo, volevo farlo davvero! Non posso crederci. Non è andata come doveva andare. Non trovo giusto io debba sentirmi in colpa per aver cercato una via d'uscita da qualcosa che mi tiene in gabbia da così tanto tempo. Guardo al futuro e non riesco a vederci niente di buono. Sto riflettendo su alcune decisioni da prendere e che inevitabilmente si ripercuoteranno non solo su di me nei mesi e negli anni che verranno. Sono molto stanco ed, oltretutto, demoralizzato perché non sto più riuscendo a scrivere come prima. Scrivere mi ha sempre aiutato, è una buona valvola di sfogo. Quello che più mi preoccupa è che se smettessi di scrivere sarebbe un po' come dimenticare, e questo l'ho già ripetuto fin troppe volte. Il cosiddetto blocco dello scrittore è per lo scrittore stesso come un'amnesia. Ho dentro tante, troppe, cose per riempire queste pagine. La sensazione è però quella di tendere una mano a qualcosa che, piano piano, sta sempre più svanendo alla mia vista.

giovedì 26 ottobre 2023

Il gioco delle anime sole.

Mettiamo il dolore in piazza, 

giochiamo a chi soffre di più, 

combattendo per un premio di consolazione 

che sfiora con una carezza 

la desolazione delle anime più sole. 

Tra rovi e rose.

Mi hai parlato, 
ascoltando la mia voce
in ciò che non ho detto.
Mi hai parlato,
leggendo tra le righe 
di quel che ho scritto. 
E non una sola parola,
di ciò che hai detto
mi ha convinto a pieno.
Le tue parole
dovevano sfiorare al suolo
come piume che scendono
leggere e morbide. 
Le tue parole, 
invece dure e torbide
mi hanno colpito e
con un sordo rumore
mi hanno fatto impattare
su un letto di rovi.
Il peggio è che
vuoi ancora convincermi
si tratti solo di rose.

Una malattia chiamata "tempo".

Ho nel taschino un orologio,
così bello che nel suo ticchettio mi crogiolo.
Convinto che tenga il tempo,
è da anni che con me lo tengo
l'ho sempre appresso dentro il campo
sia nel mestiere che quando al bagno. 
Mai puntuale però mi ritrovo,
ahimè sempre prima, mai dopo! 
Al punto che mi chiedo, sarà mica rotto?
Tra leve, molle e mezzelune 
mi ci districo, 
giro all'interno di un meccanismo 
funzionante
eppure il tutto non gira da tempo. 
Guardo da fuori e mi accorgo che ci sono degli ingranaggi rotti.
Ora sento il mondo che mi crolla addosso e sono immobile, 
non mi sposto, 
sarò mica morto? 
Sembra che tutti vogliano sapere che ore siano. 
Anche mio figlio chiede che ore siano. Da poco più di tre anni.
La sensazione è quella di avergli trasmesso 
forse una malattia. 

Zan zan.

Ho visto falsi miti
appesi su vere pareti
in studi di credibili medici
intenti a curare 
finte malattie. 

Nessuno,
ovviamente,
ci crede.

giovedì 12 ottobre 2023

Torno in tutti quei posti in cui ho lasciato pezzi di me e l’aria era così leggera. Oggi è cambiata. Sembra una struttura diroccata. La ricordavo diversa e troppo a lungo sono rimasto convinto che lo fosse per davvero. 

Torno qui e scopro che tu non ci sei più. Mi chiedo dove tu sia. Forse non hai voluto aspettarmi o forse non hai potuto. Forse sei morta o, come mi piace pensare, sei tornata alla vita. In ognuno di questi casi è probabile che tu mi abbia dimenticato. Forse è questo che mi fa sentire un po’ morto in questa mia esistenza. Essere vivi non significa solamente essere percepiti e magari compresi ma anche ricordati. Torno a ripetere che so poche cose e queste cose sono forse anche sbagliate. Mi è però chiaro, ormai, che qualcosa non è andato come era previsto.

Io ti chiedo scusa.

Ho fallito. Ho perso di vista ciò che era realmente importante. Ho perso di vista l’obbiettivo. E sento forte il rimorso di non aver mantenuto una promessa. La mia mente inizia a cedere, la sento scricchiolare. Non è ormai facile. Non lo è mai stato. Una volta ero convinto che la mia vita sarebbe stata magnifica poi, per un periodo, ho desiderato una vita che fosse semplicemente “normale”. Oggi so che non avrò niente di tutto ciò e la cosa mi fa bruciare dentro, perché so che avrei potuto avere quel "tutto" che in fondo un po’ tutti noi meritiamo e di cui abbiamo bisogno ma che io non sono riuscito a raggiungere per una mia inettitudine.

Ho creduto tante cose in passato, senza tuttavia sapere nulla. L’unica mia consapevolezza, oggi, è quella di non sapere. Ho sbagliato tanto, in modi più o meno importanti. Avrei voluto fare cose che non ho fatto ed evitarne altre che non sono riuscito a risparmiarmi. Tutte le bugie e gli inganni. Chiedo scusa per ogni cosa.

Conosco solo una persona che oggi sarebbe forse orgogliosa di me e si guarderebbe con ammirazione.

Quella persona, però, non esiste più.


Alessio.

lunedì 9 ottobre 2023

È difficile.

Sto scrivendo delle cose. Qualcuno legge e pochi capiscono. Troppi fraintendono. 
Ricordi quella statua che lucidavi? Aspetta che ti do una mano volentieri. Tanto non la vedrà mai nessuno. Però mi piace sapere che c'è. Arte a metà tra la distopia ed il realismo. Neuroscienze e biotecnologia applicate alla vera psicologia. 
Meno male che nella vita faccio altro. 
A volte forse potrebbe sembrare che su questo blog non si capisca bene mai chi parla a chi o di cosa e, soprattutto, perché. La realtà è che le parole che scelgo andrebbero quasi sempre più viste piuttosto che lette. Il messaggio verbale arriva in maniera sempre più contorta al destinatario e troppo spesso anche distorta. Le immagini visive e retoriche restituiscono un impatto ben diverso. Come fossero universali ed oggettive ed allo stesso tempo immediate, emozionanti, paurose, quasi umane. 
Sento di essere immerso in qualcosa di per me enorme. Sto attraversando un periodo difficile per qualcosa che non comprendo mai a pieno. E non è facile ormai. Sento che potrebbe star finendo una fase ed iniziarne una non necessariamente nuova, ma almeno diversa, per me. Dopo tutto questo tempo. Anzi, temo che non sarà nemmeno bella ed ancora meno facile o leggera. Ho registrato un file audio sul quale parlo proprio di speranza. Quella è morta. Ho sentito tante cose, visto tante cose in quelli che ho misurato come i miei primi trent'anni in questa condizione. Ma la mia vita procede su una retta parallela rispetto a quello che ho sempre ritenuto essere la normalità. Tutti parlano ma nessuno dice nulla. Ho spesso voglia di piangere davvero. Neanche le lacrime sono in grado di raccontare qualcosa di me. Scorrono però come parole. Mi chiedo quando le finirò entrambe. Ho finalmente capito di non capire. Questo mi fa sentire totalmente spiazzato e preoccupato. Sembra un esperimento dimenticato da tutti. Io non sono l'on e l'off. Io sono in un cazzo di standby. Fuori sta succedendo qualcosa. Da qua riesco a malapena ad origliare parole troppo spesso distorte. Non vorrei avere paura perché sono un grande presuntuoso ma il terrore mi sveglia la mattina e dopo avermi appiccicato un ghigno sul volto a calci in culo mi manda ad esistere, agghindato dalla scritta Io sulla fronte. Qualcosa dev'essere andato storto. Ed anche a questa cosa possiamo attribuire parole, suoni o addirittura nomi: interferenza, bug, cortocircuito fino a diventare una vera e propria disabilità perché non permette una vita cosiddetta normale. Vengo da tempi bui in strade sconosciute e pericolose. Vorrei vedere le persone intorno a me sempre serene almeno quanto mi sono apparse in tutti questi anni. Sono in una situazione dalla quale non posso uscire e dentro alla quale non voglio stare. E non so come io ci sia finito. So solo alcune cose delle quali non so cosa fare, ripeto inoltre di aver capito di non aver capito. Eppure la sensazione è quella di sapere qualcosa in più rispetto a molti ma questo mi pone sempre in svantaggio, oltre che una preda facile. È una guerra ad armi impari. Lancio coriandoli mentre una fanteria mi sta caricando. Per quale motivo muovere una guerra come questa? 
L'unica cosa che posso fare è rimanere a guardare finché avrò occhi e studiare finché avrò quel poco di intelletto rimasto. Siamo immersi in qualcosa nel quale sento di avere un ruolo diverso dagli altri ma, soprattutto, una visuale diversa. Diversa, attenzione: non ho detto privilegiata. So solo che mi arriva una visuale distorta e confusa.

Da Eva a Newton a New York.



La vedo così a rallentatore cadermi sulla testa, finalmente. 

Ed oltre la soglia del dolore vi è il punto di rottura. 

Estrazione.

Qui Sierra, Oscar, Foxtrot, Foxtrot, India, Oscar. 

Mi ricevete?

Abbiamo dimenticato la parola. 

Ripeto.

Abbiamo dimenticato la parola. 

Chiediamo estrazione immediata dalla zona. 

Ripeto.

Chiediamo estrazione immediata.

Sta crollando.

"Nascita".
"Morte".
"Tempo".
"Linguaggio".

Sono questi i quattro pilastri portanti della baracca.

domenica 8 ottobre 2023

La parola mancante.

Dovete sapere che ho da ieri aperto ufficialmente un nuovo "diario di bordo". Al quale però nessuno di voi avrà accesso. Perché si tratta di un progetto estremamente riservato. Sarà una raccolta di registrazioni audio, non diverse da memo vocali. Serviranno a me per tenere nota delle mie riflessioni personali nel corso delle giornate, appuntando inoltre nuove idee e spunti per continuare a raccontare su questo mio blog una storia icredibile ed infinita. 
A tal proposito ieri sera, in una delle mie prime annotazioni vocali, ho espresso per la prima volta a voce un piccolo ragionamento cresciuto in me nel corso delle ultime settimane. È come se fossi riuscito a vedere l'ombra di quel famoso tassello mancante del puzzle. Non so qual è la sua immagine ma so dove si proietta nello spazio. È molto difficile da spiegare per me. Mi spremo in una smorfia di dolore e fastidio, mi dispero forse troppo spesso per in fondo nulla. Le giuste distanze ho detto, sì. Ma nessuno può immaginare quanto questa cosa possa essere magnetica, paurosamente pericolosa, decisamente difficile e potenzialmente miracolosa. 
La vita e la morte. La nostra idea di esistenza è un dualismo. Il che non implica la possibilità di una vera scelta. Perché non possiamo immaginare altro, detto in maniera semplice. Dico allora che questo tassello del puzzle possa essere uno stato di esistenza a noi ancora sconosciuto. Qualcosa di totalmente nuovo per noi dalla più inspiegabile "nascita" alla più a volte inquietante "morte". Mi viene da pensare che potremmo esistere anche in altri modi. Là fuori la situazione non è semplice. E da questo posto non posso che vederla ulteriormente distorta.



Nel caos della mischia, la vista si offusca. Devo ricordarmi di ricordare.

sabato 7 ottobre 2023


 

Abracadabra.

Nel momento in cui tutto svanirà mi sarà impossibile non tendere una mano. 

Lettera aperta.

Ciao,

sono passati pochi anni dall'ultima lettera che ti ho scritto. 
Ciclicamente sento questo forte bisogno di rivolgermi a te usando questo codice. 

Non dirmi che sbaglio perché sai bene che è per me inevitabile farlo. La psicologia in questo ci ha preso. Si genera un certo tipo di imprinting che immagino come inflazione della coscienza in ogni nostra nuova nascita dovuta al BigBang del nostro essere catapultati in questa realtà. 

Forse sbaglio, forse è una mia ossessione. 

Non riesco a vederla come una cosa disturbante perché non nasce con brutte intenzioni. Ero molto giovane. Ora potrei risultare infantile, non mi importa. 
Di qualunque cosa si tratti non può che essere per me una cosa ancora nuova. E lo rimarrà, finché non troverà un modo per essere esorcizzata come uno spettro medioevale non diverso ad una caccia alle streghe. È una repressione dello scibile cosmico. 

Non mi piace sapere che sarà sempre così nella storia di questa mia vita. 

È un campo di concentramento mentale. 

Uno di quei posti che per uscirne fuori, devi essere "di dentro". Sennò prima strisci e poi muori. La morte, sì. Vogliamo parlarne?

Questa è la prova che siamo ad uno stadio di evoluzione cosmica drammaticamente basso, mi segui?
A questo punto le possibilità sono infinite. 
Un soffio entropico rimescolerebbe le carte in gioco fino a farti chiedere "Quali carte?"

Perché quindi viviamo di così poco? 

Ci sono momenti in cui la paura mi mordicchia ironicamente il collo. 
Io sono a dir poco terrorizzato. 
Sono il gufo a cui il bracconiere da la caccia. 

Lancio messaggi radio in ventisette megahertz. Perlopiù cerco altri "sopravvissuti". 

Quando ci siamo incontrati ci siamo scontrati a tutta velocità fino a dissolverci in una nuvola che ci ha avvolto oscurando la visuale e alzando densa nebbia. Io sto ancora tentando di uscirne. 

È sempre più difficile e demoralizzante. 
Non è un buon terreno fertile dal quale potrebbe crescere un forte e fruttuoso ciliegio. 
Spesso sono così infantile che mi chiedo "Perché proprio a me?". E subito dopo una vocina mi ribatte "E perché proprio te?". 

Non capisco. 
Sono stanco. 
Questo è un inferno.

E tu mi mandi a dire di stare sereno da un succo di frutta. 

Ti ho riletta nelle tue pagine strappate, quelle che poi, una volta accartocciate, finiscono nel cestino. Sono andato a recuperarle rovistando tra la spazzatura. Senza paura o il ribrezzo di sporcarmi e ad un certo punto, finalmente, le ho trovate. Le ho riaperte con cura, erano buttate nell'immondizia da tanto, tanto tempo. Ed in ogni singola piega e in ogni singolo strappo, ho rivisto qualcosa di quello che sei stata con me. Ti ho riletta nelle pagine che non hai mai considerato le tue migliori e, in effetti, posso confermare che anche per me è così. Ma so che quelle pagine erano dedicate a me e già solo per questo non potevo permettere che venissero gettate via in quel modo. Mi chiedo cosa ti passasse per la testa in quel momento. Ti ho riletta e dopo molti anni devo ammettere che ti ho probabilmente sopravvalutata. 

Resti però un'esperienza veramente particolare, sicuramente "di impatto" e paurosamente interessante. 

Spesso mi chiedo chi o cosa possa essere in grado di fornire una prova schiacciante della verità, pur sapendo che questa è per noi fino ad un certo punto soggettiva, prima di sconfinare in etica, morale ed umanità. 

Arrivare a Dio non è tanto un percorso, ma secondo me più un "tragitto". E questo lo sceglierebbe proprio lui. 

Sai di cosa parlo quando dico di aver paura. 

Siamo umani, coraggio.

Un saluto,

Io.


Dovremmo mettere tutti più coerenza, verità e semplicità ogni qualvolta esprimiamo un desiderio. 
Il rischio è quello di trovarci a vivere il nostro peggior incubo. 


Pensiero laterale.

Mi continuo a ripetere che dobbiamo pensare in grande. Siamo ad un livello pericolosamente basso di comprensione della realtà ed ignoriamo totalmente la natura della nostra condizione. Ci siamo convinti di alcune cose e queste cose sono anche per lo più sbagliate. Così non va. 
Dobbiamo
pensare
in grande
ed in maniera
completamente

nuova. 

venerdì 6 ottobre 2023

Megalomane, egocentrico e narcisista, sì.

Sento il peso del mondo su di me. 

Il motivo.

Non il solo ma l'unico.
Non tra tutti ma il primo o l'ultimo.
Non per la ragione ma per l'intelletto. 
Non per curiosità ma per la consapevolezza.
Non per gioco ma per la verità. 

Dalla serratura.

Qualcosa sta guardando in silenzio attraverso i nostri occhi.

Serendipity.

Sto forse imparando a fare qualcosa. O forse ho sempre fatto questa cosa nella maniera scorretta o più probabilmente sbagliata, inconsapevolmente. Ma devo capire come e perché la sto facendo. Devo capirne le dinamiche per provare almeno a gestirla. Non posso non provarci. La verità salva sempre. Mi prendo una notte per provare non tanto a capire ma quantomeno ad immaginare cosa ci spinga a questo. Un avversario bisogna sempre conoscerlo, ho già detto più volte. Così com'è bello conoscere la prima persona che vedi appena sveglio la mattina prima di dover andare a lavorare per un sistema che non funziona perché non ci piace o per il quale non siamo tutt'oggi pronti o degni ma è la spinta vitale che ci condiziona nel perseverarci. Spinta vitale. Mi viene in mente una molla. Vi ripeto che andiamo velocissimi. Forse c'è anche da starci molto attenti. L'unica domanda sensata che mi viene da pormi è: perché? Solo rispondendo a questa domanda, semplice e mai banale, riusciremo a capire come regolarci. Modularci come un suono, vibrare alla giusta frequenza fino a risuonare come musica. Per divenire finalmente armonici, puliti e forse estremamente sani. Non è un gioco e niente deve andare perduto o dimenticato. Perché la verità salva, sempre. Che Dio ci aiuti, ancora una volta.

mercoledì 4 ottobre 2023

Addirittura.

Se un giorno, aspettandomi 

non mi leggerete. 


Potreste non trovarmi più, 

sarò così su un altro spazio 

del quale taccio il nome. 


Non sulla Soglia.


A scrivere di come ricchi prati 

si facciano accarezzare 

dalle ombre dei ciliegi in fiore. 


E di come sotto questi 

qualcuno racconti al vento 

favole mai esaudite. 


Sfiorando con il palmo della mano 

un suolo che ha sapore di radici. 


Lungo le quali si articolano i germogli

di freschi pensieri sui quali piove

un alto e nobile gesto d'amore.

"Procediamo".

«Gli sembrerà tutto così normale e reale che, quando inizieremo a giocarci sul serio, non saprà più nemmeno riconoscere il sopra dal sotto, eh eh.»

«Come pensate di procedere?»

«Verrà fatto crescere in un ambiente tranquillo, sereno e tanto normale da risultare quasi noioso per lui.»

«E poi?»

«E poi inizierà inevitabilmente a voler vedere oltre, facendosi domande e viaggiando con la fantasia.
Il fatto di crescere e svilupparsi in una società lo farà sentire come tutti. Anzi, forse, addirittura un po' di meno. Questo dimostrerà quanto sia necessario essere percepiti per percepire un senso di "vita".»

«Cosa gli farete?»

«Lo faremo inizialmente abboccare all'amo ma, attenzione, quell'esca sarà "reale" come tutto il resto. Sarà poi lui a dargli consistenza. Finché mangerà possiamo stare a guardare. Il vero gioco inizia quando farà indigestione. A lui sembrerà un gioco di magia, nulla di più.»

«Ci sono dei precedenti nella sperimentazione?»

«Di nessun tipo.»

«Quali sono i possibili scenari?»

«Bé, potrebbe perdere la ragione. Potrebbero passare pochi mesi o interi anni.»

«In alternativa?»
«In alternativa potremmo riscrivere la storia ma, questo, non lo saprà mai nessuno.»

«Probabilità di successo?»

«Pari a zero.»
«E per quale motivo, allora, avete intenzione di procedere?»

«Lei ha idea di quante siano state le vittime sacrificate in nome della ricerca, della conoscenza e del progresso?»

«Tante... Immagino.»

«Mai abbastanza, a dire il vero.

Procediamo.»

Soffio, soffio, soffio, bla, bla, bla.

Soffio sta facendo resistenza in una guerra non da lui voluta. 
Soffio sta combattendo da tanto, tanto tempo.
Soffio ha piantato un seme e lo sta curando da anni. 
Soffio scrive, per far sì che i suoi testi riaffiorino dalle macerie dopo la distruzione. 
Soffio sente che qualcuno lo sta chiamando da molto lontano. 
Soffio è stanco e senza forze.
Soffio conosce colui che protegge il segreto. 
Soffio ha bisogno, 
adesso, 
di 
pace.

martedì 3 ottobre 2023

Adesso mi è chiaro che qualcosa non torna. 

Esperimento di Milgram.

Miss Valerie, una giovane donna della nobiltà inglese. Ben istruita, colta ed educata. La sua era una antica dinastia centenaria che nel corso del medioevo si era contraddistinta nell'antichissima alchimia e, successivamente nei secoli, nella scienza e nella chimica. Un'acerba dottoressa che, alla fine dell'ottocento, aveva sposato un cercatore d'oro in cerca di fortuna nel Klondike. Intratteneva nei suoi momenti di solitudine una vorticosa corrispondenza con un allora giovanissimo Sigmund Freud, subendone tutto il fascino. Aveva un debole per l'oro, le gemme preziose ed i brillanti. Quando era libera dagli impegni della vita sociale, dai banchetti e dai ricevimenti, adorava dipingere sassi trovati nel corso delle sue passeggiate lungo il cortile reale. 

Si trova in questo momento davanti allo specchio della sua stanza da notte proprio intenta ad ammirare estasiata l'ultimo smeraldo ricevuto mezzo posta dal marito in trasferta per lavoro. Sul comò davanti a lei una lettera scritta di pugno dal suo amico Freud, che lei chiamava amichevolmente "Sig", un paio di spazzole per capelli ed un libro rilegato a mano in una copertina rossa. D'un tratto, con non poche difficoltà, scosta il suo sguardo da quel gioiello e si alza dalla sedia. Si dirige verso un quadro alle sue spalle raffigurante una vecchia scena di caccia in campo aperto. Afferra un lato della cornice di quel quadro e questo si apre come l'anta di un armadio facendo perno su dei cardini che si trovano sul lato opposto della cornice. Uno scomparto segreto, oltre quel quadro, racchiude una cassaforte. Con disinvoltura Miss Valerie ne inserisce la combinazione numerica, facendo ruotare le manopole con un sapiente gioco di mani e, all'istante, il piccolo caveau si sblocca aprendosi. All'interno innumerevoli preziosi, denaro, documenti, titoli azionari e atti di proprietà. La sua mano scivola però decisa su un'antichissima pergamena arrotolata e richiusa su se stessa con un sigillo di cera rossa. Si tratta di un antico testo alchemico ereditato nel corso dei secoli da un vecchio trisavolo di famiglia: niente di meno che la formula della mitica pietra filosofale. Lei stringe la pergamena tra le mani poi, quasi con tenerezza, la porta al volto annusando l'aroma della cera. Guarda per un istante quell'antica ricetta ed in un sorriso la ripone dentro la cassaforte, chiudendola. 

In quello stesso istante entra la dama di compagnia nella camera da letto. «Chiedo scusa Miss Valerie - dice la dama imbarazzata, che poi continua - Avrei dovuto bussare. Vi ho portato la vostra tisana». La giovane donna sorride alla sua dama, facendole capire che non vi è problema alcuno. «Miss Valerie... Potrei farvi una domanda?» chiede con titubanza la dama che appare ora nervosa per la paura di essere stata invadente. Valerie fa un cenno in segno di approvazione, senza fiatare. «Ecco, Miss Valerie, non è la prima volta che vi vedo osservare ammaliata quell'antica pergamena e... Insomma, mi chiedevo per quale motivo non la apriate». Nella stanza scende il silenzio. Interrotto poi solo da una leggera risata della nobile donna che alla fine, in un sospiro, risponde: «Perché così sarebbe troppo facile, mia dama. A me piace dipingere sassi, lo sapete». 

SETTA - SORDO - VOLPI - IRANIANE

lunedì 2 ottobre 2023

Il viaggio in un Soffio #4 - Il primo messaggio.

Soffio! Forse ricordo qualcosa!

Ah sì? E cosa ricordi?

Non lo so con esattezza, 

sembrerebbe un ricordo non mio.

Perché pensi questo?

Ricordo una figura, che mi sussurra qualcosa all'orecchio.

Sembra un ricordo ma non ho memoria di questo episodio.

E cosa ti dice?

Mi dice infine: "Ti faccio vedere".

E cosa vedi?

Vedo ora un uomo che sorridendomi mi comunica il primo messaggio.

Il primo messaggio... 

Interessante. 

Sì, ti suona familiare?

Forse. C'è altro? 

Ha detto inoltre che ci saremmo rivisti.

Ho capito.

Tu cosa ne pensi?

Penso che dobbiamo continuare a scendere. 

Forse emergerà qualcos'altro. 

Sì ma... Fa male. 

Fa male, sì. 

Continua...

domenica 1 ottobre 2023

Super 8.

Ognuno di noi ha qualcosa da imparare nel proprio percorso di vita all'interno di questa realtà. Nell'esatto istante in cui abbandoniamo questa esistenza, significa che abbiamo fatto le esperienze che eravamo tenuti a fare. E, no, non parlo di destino. È qualcosa di molto più complesso. Un disegno. Tutti noi attraversiamo gioie e dolori anche se in maniera diversa. Molti potrebbero chiedersi quando si porrà fine alle loro sofferenze o dispiaceri. Altre, invece, potrebbero apprezzare in particolare modo la loro vita. Il nostro esistere è una delicata velatura che sfuma, attraversando l'intero spettro cromatico. Questo non è per forza un bene, secondo me. Qualcuno si concentra con maggiore intensità sulle ombre, altri apprezzano per lo più i punti luce. Altri si accontentano dei riflessi. C'è un motivo se apprezzo particolarmente il bianco e nero nelle arti visive. Mi consente di cogliere al meglio la verità racchiusa nell'opera che, come si dice spesso, starebbe sempre nel mezzo. Mi riesce così più facile individuarla. Molti si ostinano a guardare un'opera qualsiasi dal punto di vista più vicino possibile; quasi convinti che il messaggio, dovendo percorrere meno strada, arrivi prima. Non penso sia così. Personalmente preferisco avere una visione d'insieme e totale di un'opera e, solo dopo, andare a stuzzicarmi la curiosità scoprendo i più piccoli dettagli di quest'ultima. 
Quando soffriamo e quando gioiamo riusciamo a vedere in quel momento solo il nostro dolore o la nostra gioia, dimenticando che quelle sono condizioni momentanee. Dettagli. Dimentichiamo troppo spesso di osservare l'insieme dalla giusta distanza. Ci viene così troppo semplice sentirci fieri ed appagati, quando siamo felici. Allo stesso modo diventa così facile sprofondare e lasciarsi cadere nel vuoto. 
Io non mi accontento più di questo. Io voglio vedere l'opera nel suo insieme, dalla giusta distanza. Voglio un'immagine chiara, pulita e totale del disegno. Ed, infine, sciogliermi nell'ammirare la perfezione maniacale con cui sono stati realizzati i più piccoli dettagli, cadere nella profondità delle ombre e scaldarmi sotto le luci che - cazzo - sembrano così reali. 

Interferenza.

Qui Sierra, Oscar, Foxtrot, Foxtrot, India, Oscar.

Mi ricevete? Passo.

Ripeto.

Qui Sierra, Oscar, Foxtrot, Foxtrot, India, Oscar.

Mi ricevete? Passo.

Ricominciamo a trasmettere ma la nostra strumentazione sta subendo delle interferenze. 

Siamo entrati in contatto con qualcosa di non identificato. 

Lo vediamo oltre la finestra dell'abitacolo ma non [...]

Non riusciamo ad orientarci e a localizzarci.

Chiediamo supporto immediato. 

Ripeto.

Chiediamo supporto immediato [...]

L'infelicità è la forma che prende la consapevolezza dell'esistenza di altro.