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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

sabato 7 ottobre 2023

Lettera aperta.

Ciao,

sono passati pochi anni dall'ultima lettera che ti ho scritto. 
Ciclicamente sento questo forte bisogno di rivolgermi a te usando questo codice. 

Non dirmi che sbaglio perché sai bene che è per me inevitabile farlo. La psicologia in questo ci ha preso. Si genera un certo tipo di imprinting che immagino come inflazione della coscienza in ogni nostra nuova nascita dovuta al BigBang del nostro essere catapultati in questa realtà. 

Forse sbaglio, forse è una mia ossessione. 

Non riesco a vederla come una cosa disturbante perché non nasce con brutte intenzioni. Ero molto giovane. Ora potrei risultare infantile, non mi importa. 
Di qualunque cosa si tratti non può che essere per me una cosa ancora nuova. E lo rimarrà, finché non troverà un modo per essere esorcizzata come uno spettro medioevale non diverso ad una caccia alle streghe. È una repressione dello scibile cosmico. 

Non mi piace sapere che sarà sempre così nella storia di questa mia vita. 

È un campo di concentramento mentale. 

Uno di quei posti che per uscirne fuori, devi essere "di dentro". Sennò prima strisci e poi muori. La morte, sì. Vogliamo parlarne?

Questa è la prova che siamo ad uno stadio di evoluzione cosmica drammaticamente basso, mi segui?
A questo punto le possibilità sono infinite. 
Un soffio entropico rimescolerebbe le carte in gioco fino a farti chiedere "Quali carte?"

Perché quindi viviamo di così poco? 

Ci sono momenti in cui la paura mi mordicchia ironicamente il collo. 
Io sono a dir poco terrorizzato. 
Sono il gufo a cui il bracconiere da la caccia. 

Lancio messaggi radio in ventisette megahertz. Perlopiù cerco altri "sopravvissuti". 

Quando ci siamo incontrati ci siamo scontrati a tutta velocità fino a dissolverci in una nuvola che ci ha avvolto oscurando la visuale e alzando densa nebbia. Io sto ancora tentando di uscirne. 

È sempre più difficile e demoralizzante. 
Non è un buon terreno fertile dal quale potrebbe crescere un forte e fruttuoso ciliegio. 
Spesso sono così infantile che mi chiedo "Perché proprio a me?". E subito dopo una vocina mi ribatte "E perché proprio te?". 

Non capisco. 
Sono stanco. 
Questo è un inferno.

E tu mi mandi a dire di stare sereno da un succo di frutta. 

Ti ho riletta nelle tue pagine strappate, quelle che poi, una volta accartocciate, finiscono nel cestino. Sono andato a recuperarle rovistando tra la spazzatura. Senza paura o il ribrezzo di sporcarmi e ad un certo punto, finalmente, le ho trovate. Le ho riaperte con cura, erano buttate nell'immondizia da tanto, tanto tempo. Ed in ogni singola piega e in ogni singolo strappo, ho rivisto qualcosa di quello che sei stata con me. Ti ho riletta nelle pagine che non hai mai considerato le tue migliori e, in effetti, posso confermare che anche per me è così. Ma so che quelle pagine erano dedicate a me e già solo per questo non potevo permettere che venissero gettate via in quel modo. Mi chiedo cosa ti passasse per la testa in quel momento. Ti ho riletta e dopo molti anni devo ammettere che ti ho probabilmente sopravvalutata. 

Resti però un'esperienza veramente particolare, sicuramente "di impatto" e paurosamente interessante. 

Spesso mi chiedo chi o cosa possa essere in grado di fornire una prova schiacciante della verità, pur sapendo che questa è per noi fino ad un certo punto soggettiva, prima di sconfinare in etica, morale ed umanità. 

Arrivare a Dio non è tanto un percorso, ma secondo me più un "tragitto". E questo lo sceglierebbe proprio lui. 

Sai di cosa parlo quando dico di aver paura. 

Siamo umani, coraggio.

Un saluto,

Io.


Okay, ma com'è possibile?