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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

lunedì 26 febbraio 2024

Play #4.

(INTERFERENZA)

A me non piace generalizzare ma posso dire senza problemi che le persone si possano tendenzialmente suddividere in alcune categorie. Chi crede nella religione, chi crede nella scienza e chi non si pone il problema di credere. Le ultime, a parer mio, sono quelle che vivono meglio ma questo è un altro discorso. Le prime due categorie si pongono entrambe delle domande, alle quali rispondono ognuno a modo proprio. 

(INTERFERENZA)

Chi si trova dalla parte della scienza, più volte, mi ha fatto l'esempio della forza di gravità. Questa sarebbe universale "sia sulla terra che su Proxima Centauri". Dio, invece, no. A quanto pare su Proxima Centauri nessuno si pone il problema di un dio, mi è stato detto. Questo ragionamento posso anche capirlo, mi viene però da rispondere che su Proxima Centauri non ci sarebbe nemmeno nessuno in grado di osservare la forza di gravità in questione, nessuno in grado di contemplarla e quindi di affermarne l'esistenza nonostante i suoi tangibili effetti. Effetti che non esisterebbero, forse, se non osservati.

(INTERFERENZA)

Non voglio ora tirare fuori l'argomento dell'osservatore che crea la realtà. 

(INTERFERENZA)

Mi chiedo, qualcuno su Proxima Centauri non si interrogherebbe su Dio?

(INTERFERENZA)

Immagino di sì. Ma non lo so con certezza. Mi piace pensare che una specie intelligente e consapevole sia riuscita ad andare addirittura oltre. 

(INTERFERENZA)

Assimiliamo, come spugne.

(INTERFERENZA)

Io resto convinto che la scienza e la religione sbatteranno le loro teste l'una contro quella dell'altra, a forza di camminare a testa bassa entrambe troppo distratte nel cercare la risposta, piuttosto che guardare dove la cercano. E quando solleveranno i loro volti, si guarderanno con un sorriso ed esclameranno: "Wow".

(INTERFERENZA)

 

Un secondo, piccolo estratto.

Qualche istante dopo si trova seduto al bancone di un bar a bere un forte brandy con l’intenzione di schiarirsi le idee. L’ambiente è avvolto da un brusio di persone divertite, tutte molto prese e coinvolte dalla loro vita e dalle loro storie. Lui, da solo con il suo bicchiere, è solo. Solo, senza nemmeno più una storia da poter raccontare. «Posso averne un altro?» chiede sollevando il bicchiere al barman, che conferma con un cenno di mano. Un altro bicchiere. E poi ancora uno. Il brusio in sottofondo diventa un sonoro vociare che rimbomba nella testa di Paolo, ora inebriato dall’alcol. Le figure intorno a lui gli appaiono distorte e vorticose. Tutto, intorno a lui, gira fortissimo. Infine, con forza poggia sul bancone quello che doveva essere il sesto, o forse settimo, bicchiere di brandy. In quello stesso momento, il telefono gli squilla nella tasca dei pantaloni. Si era dimenticato che Anna glielo aveva dato non appena uscito dall’ospedale, per le emergenze. Con movimenti lenti ed impacciati dall’ebrezza, tira fuori lo smartphone: “Papà”. «Sì?» risponde con tono seccato e alticcio. «Paolo, sono papà, dove sei? Anna mi ha chiamato preoccupata, ha detto che hai preso l’auto» chiede dall’altra parte del telefono Carlo. «Papà… Sì, ehm… Sono uscito a bere una cosa, non state in pensiero per me» risponde lui, faticando a mettere insieme le parole. «Dimmi dove sei, ti raggiungo». Paolo sospira, infine: «Sono al bar all’angolo, non ho fatto poi molta strada». «Okay, sto arrivando. Non muoverti da lì», dice il padre riagganciando in tutta fretta. Più tardi, una mano poggia sulla spalla di lui: «Eccoti - dice suo padre mentre prende posto al bancone vicino al figlio - posso bere qualcosa insieme a te?». A quella domanda alza il braccio facendo segno al barman di portare un bicchiere a suo padre. «A cosa brindiamo?» chiede Paolo. «Ai ritorni, figlio mio» risponde suo padre, facendo tintinnare i bicchieri e bevendo tutto in un sorso il suo liquore. In una smorfia ne assapora il forte sapore, poi si rivolge al figlio: «So che non è facile ma…» e Paolo lo interrompe immediatamente: «No, non lo sai. Non puoi saperlo, ed è giusto così». Carlo, imbarazzato, riprende: «Hai ragione, non posso saperlo ma so che sei lo stesso figlio che ho lasciato dieci anni fa, e conosco la forza che hai dentro. Puoi farcela. Devi solo avere fiducia e pazienza». Paolo annuisce scuotendo il volto, fissando il bicchiere nella sua mano e facendolo roteare per ossigenare il distillato. «Tua madre sarebbe felice di sapere che ti sei svegliato», continua. A quella affermazione del padre, Paolo, ha come un brivido sulla schiena. Non ricorda sua madre, non poteva quindi sapere che se ne era andata durante il suo lungo coma. «Come è successo?» chiede in maniera composta. «Lei… Non ha retto al dolore della tua scomparsa. Ha dato anima e corpo nelle ricerche ma quando le hanno interrotte… Lei non ha retto», risponde commosso Carlo. «Infarto?» chiede lui. «No, no, si è tolta la vita. Una mattina ha ingerito della candeggina e non c’è stato niente da fare per lei». A quella risposta, Paolo, non può fare a meno di sentirsi un po’ colpevole ed il suo corpo si contrae in una espressione dolorante. Non riesce a dire niente, se non afferrare la mano di suo padre che ora è tremante sul bancone in legno. «Sarebbe felice di sapere che ti sei svegliato», ripete il padre che poi continua: «Non prendertela con Anna, non è stato facile nemmeno per lei in tutti questi anni, è sempre stata accanto al tuo letto sperando, e pregando, per un tuo risveglio». «Io non ce l’ho con Anna, io non ce l’ho con nessuno. Noi siamo il risultato delle nostre storie - prende un attimo di pausa Paolo, poi - mi chiedo chi io sia, se non ricordo la mia». Carlo, tornando a stringere la mano del figlio: «Figlio mio, noi siamo chi scegliamo di essere, giorno dopo giorno - dopo un momento di silenzio, ride - Ah! Questo brandy era davvero pessimo! Andiamo che è tardi, ti riaccompagno a casa». Una volta a casa, Paolo si lascia cadere sul divano in soggiorno. La moglie Anna sta già dormendo in camera da letto. Pensieroso e sufficientemente sbronzo, fissa il soffitto in penombra fino a sentire gli occhi pesanti per poi lasciarsi andare ad un profondo sonno. Sul comodino un orologio digitale segna le ore tre e trentatré.

domenica 25 febbraio 2024

mercoledì 21 febbraio 2024

Undici decimi.

Ieri sera pensavo, quando ad un certo punto un ricordo fa la sua comparsa nella mia mente. 

Avevo tredici anni circa quando, non ricordo come, entrai in contatto con una ragazza online. Non ricordo con quale nome questa ragazza si presentò a me in chat. Ricordo tuttavia la sua foto profilo, ritraeva una nota attrice di Hollywood. La prima cosa che pensai è che con quella fotografia lei volesse, in un certo senso, identificarsi con il suo idolo, forse. Dopo pochi giorni questa ragazza mi chiese una mia foto. Per curiosità, immagino. Quando venne per lei il momento di mostrarsi in foto a sua volta, iniziò a fare discorsi strani riguardo al fatto che se lei mi avesse mandato una sua foto, io non le avrei mai creduto. Non capivo il perché di quella sua convinzione. Dopo poco affermava di essere lei, la ragazza nella foto profilo. Sostenendo di essere un sosia della famosa attrice, spesso comparsa in set fotografici o in funzione di controfigura della stessa. Io rimasi spiazzato, non riuscivo a crederci. A quel punto presi le distanze, rendendomi conto di non poter sapere con chi stavo parlando. Lei, a quella mia reazione, reagì in maniera curiosa: si scusò confessandomi che aveva provato a prendermi in giro. 

E niente, ho ricordato questa cosa. 

Le cinque maledizioni.

  1. Guarda, e non crederci. 
  2. Senti, e non ascoltare.
  3. Parla, e non dirlo.
  4. Pensa, ma senza capire.
  5. Agisci, con le mani legate.

No.

 No, no e... No. 

Non ci sto. 

Non così, non in questo modo.

Il pensiero come un'arma.

domenica 18 febbraio 2024

Urlo in lontananza.

 Teniamoci forte.

C'è da diventarci pazzi.

Alternative.

In radio, proprio oggi, sentivo ripetere che i cani, in un certo senso, vedono con il naso. 
Questo dovrebbe sempre ricordarci che non si vede esclusivamente con gli occhi,
e quasi mai si sente con le orecchie.

"Finalmente".

Questa mattina camminavo per il centro della città in cui vivo. Ogni terza domenica del mese c'è un mercatino dell'antiquariato. Cianfrusaglie polverose e cose vecchie, ma curiose. Passavo davanti ad una di quelle bancarelle che vendono cose piccole, minuscole, tipo calamite, bottoni, monete e spille. La mia attenzione è stata catturata proprio da una vecchia spilla. L'ho guardata qualche minuto, ho chiesto quanto costasse e la signora mi ha risposto molto gentilmente che sarebbe costata tre euro. Ero molto tentato di acquistarla, poi me lo sono vietato. 

In fondo, una vecchia spilla degli anni ottanta e raffigurante un volto alieno con sotto la scritta "Finally", non ha ragione di esistere.

giovedì 15 febbraio 2024

Un primo, piccolo estratto.

«Paolo, svegliati» dice sottovoce con tono amorevole Anna. «Vieni a dormire di là, con me nel letto» conclude. A quelle parole gli occhi di Paolo si schiudono. È ancora notte, l’orologio segna le quattro e dieci. In poco tempo si mette a sedere sul divano e si passa le mani sulla faccia. Mette a fuoco Anna strizzando gli occhi. Poi, si alza in piedi guardandosi intorno. Anna gli si avvicina, lo prende per mano e porta il suo petto contro quello di lui, aspettando un bacio. Tanto vicini da sentire l’uno il battito cardiaco dell’altra, oltre al respiro. I loro sguardi si scontrano. «Non mi ricordo come si fa…», dice con un filo di voce rotta lui. Lei si avvicina, percorrendo la distanza dalle labbra di lui con un silenzioso «Così…», fino a baciarlo.

domenica 11 febbraio 2024

La bestia.

In lui dimora un'antica bestia che a cicli alterni prima veglia e poi riposa,

dentro lui si sposta tra amnesie, segreti e memorie,

distorta e senza forma, senza tempo e senza noia con la mente lei ci gioca,

con calma e dedizione dà sfogo alla sua perversione.


Gli solletica nel cranio ansimando piano piano un forte piacere disumano,

dei pensieri lei si nutre e gode, mentre semina paure estirpando poi le gioie,

di emozioni e sentimenti fa una strage senza precedenti nella storia

quando lui dispera e si contorce provando a urlare senza che esca voce. 


Quel che resta è un corpo ora freddo senza forze e forse senza senso

o piuttosto una mente senza prospettiva e senza un giusto verso 

poi la bestia, sempre lei, ne sposta il ricordo in latenza nell'inconscio

per far sì che alla prossima violenza la vittima sia ancora nell'innocenza. 


Ora stanca e sazia sbadiglia e si stiracchia, saluta e come un ospite ringrazia, 

poi si accascia sonnolente con un ghigno soddisfatto sulla faccia,

si assopisce già sognando con minaccia le sue prossime torture sulla preda.

Lui si sveglia nel suo letto sudato e rigido, convinto si sia trattato solo di un incubo.

sabato 10 febbraio 2024

Se un giorno, voltandomi, riconoscerò questo come il periodo più difficile della mia vita, vorrà dire che ce l'avrò fatta. Se quel giorno, guardandomi indietro, non dovessi più riuscire a trovare la strada di casa, nessuno potrà farmene una colpa. Aspetto così di tornare alla vita.
Già è difficile.

giovedì 8 febbraio 2024

Il sogno.

Ho fatto un sogno, tanto tempo fa, che ricordo ancora nitidamente.

In questo sogno parlavo con una persona durante una passeggiata. Questa persona mi metteva in guardia sul futuro annunciando avvenimenti o situazioni che si sarebbero poi verificate negli anni seguenti. Di quella conversazione ricordo la forma delle parole, le vedevo prendere realtà nello spazio intorno a me. E diventavano così reali, che in quel calmo passeggiare dovevo scostarmi leggermente per non andargli addosso. Poi, sempre questa persona, mi pone delle domande ben precise alle quali io stesso rispondo con enorme stupore. Dopo un po’ viene il momento di salutare questa persona. Le nostre strade si dividono. Nel sogno continuo a camminare ora da solo. Poco dopo ripenso alla conversazione appena avuta e mi chiedo come avesse fatto quella persona a sapere tutte quelle cose. Capisco allora di aver sognato e mi sveglio.

Sono passati dieci anni.

mercoledì 7 febbraio 2024

Play #3.

(INTERFERENZA)
Se non posso arrivare a comprendere le regole del gioco per ottimizzare questa mia partita, posso almeno mettere a fuoco quelli che sembrano essere gli obbiettivi da raggiungere. Non è tuttavia semplice nemmeno questo piano ma potrebbe essere un tentativo quello di ragionare all’indietro, in un certo senso.
(INTERFERENZA)
Quello che hai detto oggi lo capisco in buona parte, riuscire a fare arrivare un messaggio a qualcuno può essere qualcosa di utile su più aspetti.
(INTERFERENZA)
È il momento di porre le domande giuste.

Il peggio del peggio.

Troppo arroganti, presuntuosi e distratti per renderci conto che stiamo facendo esperienza di qualcosa di grande.

domenica 4 febbraio 2024

Perché in fondo è vero e hai ragione. Questa, dopotutto, è follia.

Tra le pieghe del sipario.

Ho bisogno di una nuova crisi spirituale. Questo deve ora crollare. Ed i tempi non sono solo maturi, ma per la precisione "marci". Non c'è un bisogno di "credere", alla base. Ma di sapere di credere. Di percepire tutto in maniera "nuova" e magari allo stesso tempo diversa. Non posso sapere che potrebbe essere in questo modo "per sempre". Farlo è una cosa che mi viene molto difficile ed è un mio limite. Sono umano. In un modo che mi fa paura. Una cosa che mi è ormai chiara è che la consapevolezza passa per il dolore. Ma bisogna avanzare in questo percorso che ci porta a comprendere il nostro senso in ogni cosa e per quanto questo senso possa essere in molte occasioni "buono" o "cattivo", rimarrà sicuramente il più delle volte incomprensibile. 

Ognuno sta già scontando la pena di qualcun altro. 

Ognuno sta già vivendo il proprio paradiso, il proprio purgatorio e qualcun altro il proprio inferno.

A me non tocca più niente.

sabato 3 febbraio 2024

Residui.

Questa scrivania di legno è così scura, tagliata per il lungo dalle nere nervature. Noto il segno di un bicchiere rimasto troppo a lungo poggiato sulla superficie. Dev'essere la traccia lasciata da un umano stato qui prima di me, è ancora fresca. La biblioteca ha appena aperto, dovrebbe quindi trattarsi di qualcuno passato in questi spazi durante l'apertura mattutina; qualcuno deve essersi accomodato sulla sedia di plastica nera proprio di fronte a me e la vedo ancora riposta male, probabilmente in maniera sbadata, al di sotto di questa scrivania. Se la mia realtà e la realtà di questo  individuo si fossero  sovrapposte, ci saremmo trovati uno di fronte all'altro ognuno intento a fare le proprie cose. Invece, in un certo senso, abbiamo "viaggiato" insieme ma non sullo stesso percorso, essendo comunque molto vicini. Non paralleli. I nostri tracciati avevano però un punto di maggiore vicinanza, e siamo passati per quel punto entrambi nello stesso momento arrivando a sfiorarci. Se solo ci fossimo "toccati", se solo le notre realtà si fossero davvero sovrapposte, solo in quel caso ci sarebbe stato un "contatto". Ti avrei percepito, riuscendo in questo modo a comprendere la tua esistenza. Ma di te, chiunque tu sia, mi rimane in ogni caso la traccia di un bicchiere appiccicoso, poco lontano dal tablet dal quale sto scrivendo queste righe adesso. Un residuo. Nonostante questo son certo tu abbia una storia, una tua individualità con le tue gioie ed i tuoi dolori ed io, tutto questo, l'ho sfiorato questo pomeriggio. Due sistemi in rotta di collisione che, se solo si fossero scontrati, avrebbero aperto profonde spaccature nelle nostre rispettive realtà apportando infinite variabili sul nostro percorso.

giovedì 1 febbraio 2024

Tentativo numero uno.

«La prego, si accomodi» dice con tono autoritario l'uomo con la giacca appena entrato nella stanza. Alex, con aria perplessa, si guarda intorno e, dopo un po', confuso, risponde: «Non vedo nessuna sedia, signore». L'uomo a quel punto sorride silenziosamente, controllando l'ora sul suo orologio da polso. Infine alza ancora lo sguardo e si rivolge nuovamente ad Alex: «Ci hai impiegato meno di cinque secondi ad associare la comodità ad una sedia. Hai una mente troppo elementare, ragazzo». Il giovane fatica a non fare trasparire la sua delusione. «Elementare? Per cosa esattamente? Non so nemmeno dove mi trovo...» ribatte. «Alex, giusto?» chiede l'uomo. «Alex, sì» risponde lui. A quel punto il silenzio nella stanza è rotto solamente dai passi dell'uomo che, in tutta calma, cammina intorno al ragazzo. Poi, «Alex... Cosa ricordi esattamente?» gli chiede sottovoce, continuando a camminare. Il giovane Alex appare confuso e cerca di seguire con lo sguardo l'uomo che gli passeggia intorno, mentre si sforza di ricordare. «Mi trovavo... Su un aereo pronto a decollare» risponde balbettando. L'uomo annuisce, e sorridendo replica: «E poi?». Il suono di quei passi echeggia nella stanza, innervosendo sempre di più il povero ragazzo confuso e spaesato. «Poi... Io... Sono andato in bagno, credo, prima del decollo» dice con difficoltà. «Alex, suvvia, ricorda. Cosa è successo dopo? Qual è il tuo ultimo ricordo?». Alex sente la testa che gira, sente di stare per perdere i sensi. «Alex, ricorda!» urla l'uomo intorno a lui. Ma tutto si fa sempre più buio. «Io... Io...» mormora piano il ragazzo, prima di accasciarsi al suolo.

Siamo circondati dai nostri mille riflessi.

Non ne saremmo degni. 

L'infelicità è la forma che prende la consapevolezza dell'esistenza di altro.