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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

lunedì 26 febbraio 2024

Un secondo, piccolo estratto.

Qualche istante dopo si trova seduto al bancone di un bar a bere un forte brandy con l’intenzione di schiarirsi le idee. L’ambiente è avvolto da un brusio di persone divertite, tutte molto prese e coinvolte dalla loro vita e dalle loro storie. Lui, da solo con il suo bicchiere, è solo. Solo, senza nemmeno più una storia da poter raccontare. «Posso averne un altro?» chiede sollevando il bicchiere al barman, che conferma con un cenno di mano. Un altro bicchiere. E poi ancora uno. Il brusio in sottofondo diventa un sonoro vociare che rimbomba nella testa di Paolo, ora inebriato dall’alcol. Le figure intorno a lui gli appaiono distorte e vorticose. Tutto, intorno a lui, gira fortissimo. Infine, con forza poggia sul bancone quello che doveva essere il sesto, o forse settimo, bicchiere di brandy. In quello stesso momento, il telefono gli squilla nella tasca dei pantaloni. Si era dimenticato che Anna glielo aveva dato non appena uscito dall’ospedale, per le emergenze. Con movimenti lenti ed impacciati dall’ebrezza, tira fuori lo smartphone: “Papà”. «Sì?» risponde con tono seccato e alticcio. «Paolo, sono papà, dove sei? Anna mi ha chiamato preoccupata, ha detto che hai preso l’auto» chiede dall’altra parte del telefono Carlo. «Papà… Sì, ehm… Sono uscito a bere una cosa, non state in pensiero per me» risponde lui, faticando a mettere insieme le parole. «Dimmi dove sei, ti raggiungo». Paolo sospira, infine: «Sono al bar all’angolo, non ho fatto poi molta strada». «Okay, sto arrivando. Non muoverti da lì», dice il padre riagganciando in tutta fretta. Più tardi, una mano poggia sulla spalla di lui: «Eccoti - dice suo padre mentre prende posto al bancone vicino al figlio - posso bere qualcosa insieme a te?». A quella domanda alza il braccio facendo segno al barman di portare un bicchiere a suo padre. «A cosa brindiamo?» chiede Paolo. «Ai ritorni, figlio mio» risponde suo padre, facendo tintinnare i bicchieri e bevendo tutto in un sorso il suo liquore. In una smorfia ne assapora il forte sapore, poi si rivolge al figlio: «So che non è facile ma…» e Paolo lo interrompe immediatamente: «No, non lo sai. Non puoi saperlo, ed è giusto così». Carlo, imbarazzato, riprende: «Hai ragione, non posso saperlo ma so che sei lo stesso figlio che ho lasciato dieci anni fa, e conosco la forza che hai dentro. Puoi farcela. Devi solo avere fiducia e pazienza». Paolo annuisce scuotendo il volto, fissando il bicchiere nella sua mano e facendolo roteare per ossigenare il distillato. «Tua madre sarebbe felice di sapere che ti sei svegliato», continua. A quella affermazione del padre, Paolo, ha come un brivido sulla schiena. Non ricorda sua madre, non poteva quindi sapere che se ne era andata durante il suo lungo coma. «Come è successo?» chiede in maniera composta. «Lei… Non ha retto al dolore della tua scomparsa. Ha dato anima e corpo nelle ricerche ma quando le hanno interrotte… Lei non ha retto», risponde commosso Carlo. «Infarto?» chiede lui. «No, no, si è tolta la vita. Una mattina ha ingerito della candeggina e non c’è stato niente da fare per lei». A quella risposta, Paolo, non può fare a meno di sentirsi un po’ colpevole ed il suo corpo si contrae in una espressione dolorante. Non riesce a dire niente, se non afferrare la mano di suo padre che ora è tremante sul bancone in legno. «Sarebbe felice di sapere che ti sei svegliato», ripete il padre che poi continua: «Non prendertela con Anna, non è stato facile nemmeno per lei in tutti questi anni, è sempre stata accanto al tuo letto sperando, e pregando, per un tuo risveglio». «Io non ce l’ho con Anna, io non ce l’ho con nessuno. Noi siamo il risultato delle nostre storie - prende un attimo di pausa Paolo, poi - mi chiedo chi io sia, se non ricordo la mia». Carlo, tornando a stringere la mano del figlio: «Figlio mio, noi siamo chi scegliamo di essere, giorno dopo giorno - dopo un momento di silenzio, ride - Ah! Questo brandy era davvero pessimo! Andiamo che è tardi, ti riaccompagno a casa». Una volta a casa, Paolo si lascia cadere sul divano in soggiorno. La moglie Anna sta già dormendo in camera da letto. Pensieroso e sufficientemente sbronzo, fissa il soffitto in penombra fino a sentire gli occhi pesanti per poi lasciarsi andare ad un profondo sonno. Sul comodino un orologio digitale segna le ore tre e trentatré.

Okay, ma com'è possibile?