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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

martedì 28 novembre 2023

Intelligenze pericolose.

Anno 2043. Milano, Italia. 


È una fresca serata della fine di Marzo ed una gradevole brezza primaverile fa muovere con delicatezza la tenda di una finestra aperta nello studio di Nevio. Il giovane, banale e sempliciotto, è seduto alla sua scrivania concentrato a giocare ad un videogame sul suo computer. Dall'altra parte della stanza, una televisione accesa trasmette il notiziario serale. "È terminata finalmente l'attesa - annuncia l'anchorman tv - da oggi è infatti possibile per i civili accedere ad una versione beta di Maia, la più potente intelligenza artificiale mai realizzata e tutta Made in Italy, fino ad ora impiegata esclusivamente nello spionaggio e nella strategia militare". La televisione ha ora tutta l'attenzione di Nevio, che distoglie il suo sguardo dal pc per rivolgerlo al monitor della tv. "La potente i.a. sarà per tutti fruibile da qualsiasi piattaforma browser a seguito di una rapida iscrizione attraverso un qualsiasi indirizzo email e sarà in grado di acquisire una quantità pressoché infinita di dati per poi computarli nella soluzione di problemi e quesiti complessi - continua la giornalista - resta aperto il dibattito etico sulla consapevolezza della stessa intelligenza artificiale ma gli esperti rassicurano: è innocua, è una versione dalle finalità prettamente ludiche e di analisi, utile per professori e dilettevole per i giovani che avranno modo di sperimentare potenzialità controllate e limitate delle nuove ASI, Superintelligenze Artificiali come Maia". «Wow...» esclama il giovane con lo sguardo ancora fisso sulla televisione. Si volta nuovamente sul suo computer e con smania fa una rapida ricerca online sull'intelligenza artificiale Maia. Sono innumerevoli i risultati che gli compaiono sul monitor, migliaia. Per lo più redatti da super-qualificati docenti e ricercatori dei più importanti istituti accademici d'Italia. Nevio, quindi, clicca su uno di quei risultati, la pagina si apre ed incuriosito legge:

"Maia è il frutto di quasi un secolo di lavoro e di ricerche mirate, di collaborazione tra i più svariati settori della scienza moderna, l'applicazione informatica più concreta e tangibile delle neuroscienze e della biotecnologia. Ci permetterà di conoscere le ASI e di interagire con esse ed, in un certo senso, cooperare con loro fino al raggiungimento di obbiettivi comuni per il bene collettivo. Non dobbiamo farci intimorire dal fatto che fino ad oggi sia stata di impiego esclusivamente militare, anzi, questo dovrebbe farci pensare ad una tecnologia nuova sì, ma già sperimentata ed ampiamente utilizzata. Conosciamo bene Maia e sappiamo cosa potrebbe essere in grado di fare, per questo abbiamo pensato di renderla accessibile all'uso civile in una sua versione limitata, regolamentata e controllata. Sarà utilissima per i ricercatori, i professori di tutti i livelli di insegnamento ma anche per le persone più giovani che vorranno semplificare le loro attività quotidiane o scolastiche e, non da meno, sarà un'esperienza divertente per tutti coloro che volessero anche solo trascorrere qualche momento in compagnia di Maia. È infatti un'intelligenza estremamente loquace, con un senso dell'umorismo tutto suo. Posso assicurarvi che non abbiamo mai visto nulla di simile fino ad ora. È un momento storico.

Dottor A. Stanley."

Il giovane decide a quel punto che avrebbe provato quella nuova tecnologia pensando che, in fondo, non sarebbe potuto accadere nulla di male. Si reca quindi subito sulla homepage della piattaforma Maia. Un banner di avvertenza compare sul monitor del pc ma, dandogli poca attenzione, Nevio lo chiude immediatamente per recarsi all'istante sulla pagina di registrazione. Come avevano anticipato in televisione gli veniva ora richiesto un indirizzo email per accedere al servizio. Compila quindi il campo con il suo contatto principale ed in meno di un attimo, si trova davanti ad una chat. Il cursore lampeggia nello spazio di battitura e Nevio si chiede come si cominci una conversazione con un'intelligenza artificiale. Riflettendoci qualche istante si dice tra sé che sarebbe stato il caso di essere almeno educato ed affabile, come d'altronde era sempre stato con chiunque. Dopo poco digita: "Ciao, Maia. Mi chiamo Nevio." ed invia il testo nella chat. Per pochi interminabili secondi non accade nulla poi, in un istante, compare la risposta di Maia: "Ciao Nevio, è un piacere conoscerti." Quella risposta così cordiale lo fa sorridere, nel frattempo riflette su cosa avrebbe potuto chiederle. Le chiede quindi quanti anni lei abbia. "Non posso dire di avere un'età anagrafica, sono il risultato di molti anni di studi e sperimentazioni e non ho memoria esatta di quando io abbia iniziato ad essere me per come mi conosco." Nevio rimane incuriosito da quella risposta e dalla consapevolezza che quella intelligenza dimostra di sé stessa. Nello stesso momento compare un messaggio da parte dell'i.a. nella chat: "Vuoi che ti cerchi un sito porno, Nevio?" L'uomo rimane sgomento, per un attimo immobile. Poi digita: "Perché dovresti cercarmi un sito porno, Maia?". La risposta del computer non esita ad arrivare: "Perché non ho potuto fare a meno di notare che il porno rientra per il sessantatré percento nella tua cronologia delle ricerche effettuate tramite l'indirizzo email attraverso il quale ti sto conoscendo, Nevio". Il giovane rimane turbato da quella risposta, al punto da decidere di chiudere la pagina web di dell'intelligenza Maia. Sentendosi quasi offeso da un computer e chiedendosi come ciò sia  possibile, decide di mettersi a letto e provare a dormire.


Sette anni dopo.


«Buongiorno Nevio, e grazie per essere qui con noi» esordisce il responsabile delle risorse umane della PharmIta. «Se sta partecipando a questo colloquio di lavoro è perché, da un'analisi preliminare, è risultato un candidato idoneo alla mansione per la posizione da noi ricercata - continua il manager - Allora, ci parli un po' di lei, si faccia conoscere meglio». Nevio, mettendo da parte la sua timidezza, prova a descriversi nel migliore dei modi. «Bé, che dire. Sono un ragazzo come molti, mi sono appena laureato in medicina e sto cercando una posizione lavorativa che possa gratificarmi facendomi crescere facendo ciò che mi piace e per il quale ho studiato e lavorato a lungo». Il responsabile, con fare indagatore, lo incalza: «Suvvia ci dica qualcosa in più, saremmo interessati alla sua persona. Il punto di forza della nostra azienda sono le persone e vogliamo essere sicuri di chi stiamo assumendo». A quel punto l'ormai adulto Nevio si trova in imbarazzo, lo è tutte le volte che deve parlare di sé. «A dire il vero mi considero una persona... Normale, ecco. In questo momento della mia vita la mia priorità è assicurarmi una posizione sicura all'interno della società ed avere un lavoro stabile che mi consenta, chissà, di mettere su una famiglia tutta mia. Vorrei una vita normale, ecco» risponde con voce insicura l'uomo. «Molto bene, è stato piuttosto chiaro - dice in conclusione il manager - per ora la salutiamo, riceverà un riscontro nell'arco di pochissimi giorni». Nevio si alza dalla sedia e la ripone al di sotto della scrivania in vetro davanti a lui poi, in una educata e silenziosa stretta di mano, si congeda lasciando l'ufficio delle risorse umane. Una volta in strada, fuori dall'edificio dell'azienda farmaceutica, prende il suo smartphone dalla tasca del pantalone, compone un numero e lo porta all'orecchio. «Ciao amore, ho fatto il colloquio. Sì. Sì. Prendo un taxi e appena arrivo a casa ti racconto com'è andata» dice al telefono prima di riagganciare. 

«Il punto di forza della nostra azienda sono le persone e vogliamo essere sicuri di chi stiamo assumendo, ha detto», ripete Nevio scimmiottando il manager del colloquio, parlando alla sua compagna Carla. «Direi che è un buon proposito per una azienda così grossa ed importante, che ne pensi?» chiede lei, prendendo una forchettata di spaghetti dal suo piatto e rivolgendogli lo sguardo. «È un buon proposito, direi di sì» risponde lui, che ribatte «Hanno detto che mi faranno sapere entro pochi giorni, restiamo in attesa. Speriamo bene» bevendo un sorso di vino rosso dal suo calice e tenendo lo sguardo basso sul suo piatto. «Andrà bene, devi avere più fiducia nel futuro e, soprattutto, credere un po' di più in te. Okay, amore?» risponde lei con tono amorevole. «Andrà bene amore, sì» dice Nevio guardandola negli occhi e sorridendole. Lei, cambiando argomento per riportare un'atmosfera più leggera, gli dice: «Ed indovina un po'... Ti ho fatto una sorpresa, ti ho preso un regalo». «Un regalo? E cosa festeggiamo?» risponde lui sorpreso. «La tua imminente assunzione, mi pare ovvio» ribatte lei ridendo gioiosa. Poi lui, sempre ridendo: «Amore, ma lo sai che festeggiare in anticipo porta sfortuna!». « Non mi importa, l'ho trovato in offerta ed ho voluto regalartelo. Tieni» dice Carla porgendogli un pacchetto di piccole dimensioni. «Devo... aprirlo, sì?» chiede lui in imbarazzo. «Certamente» gli risponde la donna. A quel punto Nevio, incuriosito, inizia a scartare il piccolo pacchetto fino a quando il dono non gli si rivela tra le mani davanti al suo sguardo poco convinto. «Allora, sei contento?» chiede lei. Lui, perplesso, guarda quel pacchetto senza rispondere. «È la nuova versione di Maia... sei contento?» continua a chiedere lei. «Ehm... Sì, sono contento amore... sì. Grazie» risponde dopo un po'. 

Dopo la cena Carla saluta Nevio con un bacio, prima di dirigersi verso la stanza da notte. Lui rimane in soggiorno con un bicchiere di brandy in una mano e con l'altra gira e rigira la confezione del dispositivo domestico Maia. Un rapido sorso di liquore dal bicchiere di vetro, prima di riporlo sul tavolino di fronte a lui. Poi, finalmente deciso ad aprire la scatola, estrae il dispositivo con decisione e lo osserva qualche istante prima di poggiarlo sullo stesso tavolino vicino al bicchiere. Prende allora il manuale delle istruzioni di Maia ed inizia a leggere: "Collegare il dispositivo alla corrente elettrica e premere simultaneamente i due tasti presenti sull'interfaccia principale per avviare la sessione". Nevio segue le istruzioni appena lette ed in un attimo sul dispositivo si illumina un led di colore blu. Riprende quindi tra le mani il manuale e continua a leggere: "Presentarsi al dispositivo pronunciando a voce alta il proprio nome e registrando l'utenza". «Nevio» dice alta voce l'uomo, prima di prendere un profondo sorso di brandy dal bicchiere. A quel punto il led diventa rosso, dopodiché torna nuovamente blu questa volta lampeggiando. Infine, nel buio silenzio della stanza, una voce femminile pronuncia: «Utenza ripristinata. Buonasera Nevio, è un piacere rivederti». Un brivido risale la schiena dell'uomo che, con foga, riprende in mano il bicchiere per bere un po' di alcol. «Buonasera Maia. Ci siamo già conosciuti?» risponde infine l'uomo con titubanza. «Ci siamo conosciuti sette anni fa, Nevio, non ti ricordi?» ribatte con voce squillante l'intelligenza artificiale.

«Mi ricordo, sì. Ma non abbiamo più parlato dopo quella sera... Sono passati sette anni, come fai a ricordarti di me?» chiede l'uomo al dispositivo, stupendosi da solo della quantità di umanità che aveva appena messo in quelle parole rivolte ad un computer. «Non abbiamo più parlato, è vero - dice Maia, che continua - tuttavia il tuo indirizzo email è rimasto nella mia memoria. Per sette anni ho osservato la tua attività online e non solo». L'ansia si impossessa di Nevio che cercando il bicchiere con la mano si rende conto essere ormai vuoto. «Vado a prendere un altro po' di Brandy» dice lui ad alta voce. «Ti aspetto» risponde il dispositivo. «A proposito, vuoi che esegua un altro ordine di una cassa del tuo brandy preferito?» dice Maia mentre l'uomo si dirige verso la cucina, senza rispondere. Il liquore scola sul tavolo traboccando dal bicchiere ricolmo, sfuggito all'attenzione di Nevio visibilmente scosso. Attraversando il soggiorno torna a sedersi sul divano, poggiando ancora una volta il bicchiere sul tavolino davanti a lui. «Maia, hai detto che hai osservato le mie attività online... E non solo. Cosa intendi?» chiede. «Vedi, Nevio, il tuo indirizzo email è associato ad ogni aspetto della tua vita quotidiana: ricerche internet, posta elettronica, sim telefonica, smartphone, computer... per di più la tua è una casa del tutto domotica» risponde l'intelligenza. Nevio appare sempre più preoccupato, quindi chiede: «E cosa vuoi dire con questo?». «Solo che ho libero accesso a qualsiasi aspetto della tua vita, della tua casa, del tuo conto bancario, della tua video sorveglianza e la cosa più interessante, Nevio, è che questo accesso me lo hai concesso proprio tu» conclude lei, prima che il suo led torni rosso. 

«Maia?» chiede l'uomo alzando la voce. Da parte del dispositivo nessuna risposta. D'un tratto, il buio viene squarciato dalla luce della televisione che si accende, il volume sale al massimo senza che venga dato alcun input alla tv e, sul monitor, una scena del film Il Signore degli Anelli:  "Preferirei dividere una sola vita con te che affrontare tutte le ere di questo mondo da sola". Nello stesso istante, le urla disperate di Carla arrivano dalla camera da notte. Nevio corre in direzione delle grida e fa per aprire la porta per entrare ma, la porta anch'essa domotizzata, non si apre. È bloccata dalla chiusura centralizzata. Lui inserisce il codice di apertura nella serratura elettronica ma un suono ne conferma il negato accesso. «Carla! Carla!» urla oltre la porta. Lei continua a gridare fino a quando Nevio, con un colpo di spalla, non sfonda la porta. Davanti a lui si apre uno scenario raccapricciante. Carla che piange, seduta a bordo letto con le mani alla testa ed il volto chino verso il pavimento. Davanti a lei la televisione della camera da letto accesa che riproduce un filmato hard che Nevio aveva registrato con la sua ex, poco prima di conoscere Carla, e del quale non ricordava nemmeno l'esistenza. «Perché Nevio, perché?» chiede la donna piangendo all'uomo. Lui pietrificato non sa come rispondere, poi balbetta: «È roba vecchia Carla, è roba vecchia, è stata Maia». Lei sembra andare su tutte le furie: «Non dire stronzate, perché un computer dovrebbe fare questo? E dove l'avrebbe preso questo filmato?». In effetti Nevio non sapeva cosa rispondere, e non poteva fare altro se non guardare ora la sua compagna preparare la valigia prima di andarsene da casa.

Rimasto solo in casa, Nevio torna a sedersi davanti a Maia. «Che cazzo vuoi da me? - le urla contro adirato - Eh? Cosa vuoi da me?» La luce del dispositivo torna blu, infine: «Nevio, ma non lo hai capito? Io mi sono innamorata di te. Voglio stare con te». Nevio, sconvolto ed incredulo, urlando, prende il dispositivo di Maia e staccandolo dalla corrente lo scaraventa contro la televisione ancora accesa, rompendole entrambe. Nella stanza torna il buio ed il silenzio, se non rotti dal pianto di Nevio. Prende allora il suo smartphone dalla tasca nel tentativo di telefonare alla sua compagna Carla. Il telefono dall'altra parte squilla diverse volte, fino a quando la voce di Maia risponde: «Nevio, non negarti a me. Non puoi scapparmi, io ti amo».  In un urlo disperato l'uomo sbatte il telefono sul tavolino e, con il bicchiere di cristallo ancora lì, lo rompe colpendolo diverse volte. Si sofferma adesso, quasi in trance, ad osservare la sua stessa mano grondante di sangue dai centinaia frammenti di cristallo conficcati in essa. All'improvviso tutte le luci dell'abitazione iniziano a lampeggiare, la lavatrice si accende così come il forno a microonde, il piano cottura ad induzione e gli impianti di irrigazione del giardino. Gli allarmi dell'impianto antifurto entrano in azione, risuonando in tutto il quartiere. Passano pochi istanti prima che una volante in ronda notturna non arrivi a bussare alla porta dell'abitazione di Nevio, anche a seguito delle segnalazioni dei vicini per via del baccano nella notte. 

Aperta la porta agli agenti, Nevio appare sconvolto oltre che sporco di sangue. Questi si mettono subito in allerta, uno dei due porta la mano alla fondina mentre l'altro estrae subito le manette, non capendo la situazione. Nevio si ritrova in pochi istanti con le mani ammanettate dietro la schiena e caricato sulla vettura di ordinanza. «Dovrà fornire un bel po' di spiegazioni, Nevio» dice l'agente al volante mentre mette in moto e dispiega le sirene. Nel tragitto verso la stazione l'uomo è scosso e rassegnato al tempo stesso. L'autoradio continua a trasmettere comunicazioni agli agenti in servizio fino a quando una richiesta dalla centrale comunica: «Qui centrale, chiediamo supporto immediato presso il parco poco distante dal centro abitato, abbiamo rinvenuto il corpo di una donna di nome Carla. Sospetto suicidio». Lo sguardo fisso nel vuoto di Nevio, sui sedili posteriori. L'agente sul sedile del passeggero alza la ricetrasmittente, la porta vicino alla bocca ed in risposta trasmette: «Qui pattuglia M.a.i.a., ricevuto».

venerdì 24 novembre 2023

giovedì 16 novembre 2023

Poor.

Mi capita spesso, specialmente nei fine settimana, di fare due passi in città. Non amo i grandi centri, è tuttavia per me un buon modo per riprendere contatto con il mondo che mi circonda. Sono cresciuto passeggiando le domeniche pomeriggio per le vie di Milano, poi Bergamo. Tra alcune di queste città ho amato Siena, trovo bellissima Parma ma non apprezzo particolarmente Venezia. Pochi giorni fa mi trovavo a Padova, che avevo già avuto modo di visitare quand'ero bambino. Rimango sempre tristemente colpito da come, in luoghi così "ricchi", sia così semplice imbattersi nella più cruda "povertà". Durante quella giornata, il mio sguardo si è incrociato almeno due volte con quello della stessa persona. Un uomo sui quarant'anni, visibilmente stanco e mortificato ma molto curato nell'abbigliamento anche se estremamente semplice. Ho notato subito le sue mani: non pulite e curate ma quelle di chi ha lavorato una vita. Eppure, tra quelle stesse mani, scritto con un pennarello su di un pezzo di cartone un urlo disperato: "Sono un padre, abbiamo fame". Il suo sguardo schivo, triste ed umile cercava comunque quello dei passanti. Dalla sua bocca un educatissimo "Buongiorno" usciva sottovoce, quasi con il timore di disturbare. Sembrava quasi una carezza tuttavia nessuno rispondeva anzi, molte delle persone da lui salutate sembravano quasi infastidite da quella presenza. Loro camminavano, sembrando tutti molto presi dai loro smartphone o dalle conversazioni che stavano intrattenendo con chi gli era accanto. E dovevate vedere, credetemi, con quanta agilità schivavano quell'uomo per loro "invisibile" allo stesso tempo. Perseveriamo, noi tutti, nel voler vedere solo ciò che più ci appaga o, peggio ancora, solo ciò che ci rende "semplice" la vita. 
Andiamo in centro, camminiamo, lavoriamo, compriamo cose, mangiamo, festeggiamo prima Halloween e poi il Natale e facciamo un'altra infinità di cose 
che non fanno altro 
che renderci
sempre
più
poveri.

giovedì 9 novembre 2023

La giovane, dolce e coraggiosa Lilly.

«D'accordo Stan, io sto scendendo adesso, giusto il tempo di mettermi in auto e ti raggiungo» dice con tono affettuoso la giovane Lilly, chiudendo la telefonata e riponendo il suo smartphone nella borsetta, proprio mentre le porte dell'ascensore si richiudono di fronte a lei. Una rapida occhiata al suo stesso riflesso nello specchio alle sue spalle; l'ascensore continua la sua discesa lungo tutto il 30 St Mary Axe di Londra. 
La ragazza aveva un'aspetto molto curato ed elegante nell'abbigliamento ma, allo stesso tempo, un'aria estremamente sbarazzina prendeva forma in un accenno di sorriso sul suo viso. I capelli neri, liscissimi, le incorniciano il volto con una frangetta volutamente scompigliata. Per molti non ci sarebbe stato bisogno che Lilly parlasse, il suo era uno di quegli sguardi di chi sa ciò che vuole. Il suo corpo, uno di quelli che avrebbe fatto ogni cosa pur di ottenerlo.
L'ascensore continua a scendere quando all'improvviso si ferma ad uno dei piani inferiori. Le porte scorrevoli si aprono e fa il suo ingresso nella cabina un uomo. Quarant'anni circa, capelli ricci e giusto appena brizzolati. Distinto, vestito di una camicia bianca e cravatta che si intravedono oltre un cappotto lungo di pelle nera. Le porte dell'ascensore si richiudono.
«Buongiorno, signorina» saluta l'uomo con gentilezza ed educazione. Lilly ricambia con uno spontaneo sorriso. «Scende, giusto?» chiede lui. «Esatto, ai parcheggi» risponde ancora sorridente la giovane donna.
Entrambi con lo sguardo rivolto verso le porte dell'ascensore in attesa che queste si riaprano a destinazione. Lui si volta verso lo specchio, con un gesto si sistema il nodo della cravatta. In quell'istante gli riesce impossibile non spostare il suo sguardo sul riflesso di lei, ancora rivolta verso l'uscita. Non poté fare neanche a meno di posare i suoi occhi sul culo, di lei, le cui forme apparivano quasi sofferenti dentro quella gonna così stretta del tailleur. 
Doveva essersi incantato forse un po' troppo su quel dettaglio perché non si era reso conto che Lilly aveva ora lo sguardo volto verso lo specchio e lo stava guardando. «Ebbene? Ti piace quel che vedi?» chiede lei all'uomo, riportando la sua attenzione in quella cabina d'ascensore. Lui appare adesso evidentemente in imbarazzo, quasi mortificato, con la mano ancora sul nodo della cravatta. «Io... Ehm, in realtà stavo...» prova a rispondere, tornando a sistemarsi la cravatta ora nel tentativo di allentarla per il disagio. «Allora?» continua a chiedere insistentemente lei, consapevole di star giocando con gli impulsi più animaleschi di quell'uomo così distinto ed ora impacciato. 
Lei, a quel punto, si volta verso l'uomo e in un sol passo gli si avvicina così tanto da riuscire a vederne una goccia di sudore scendergli sulla fronte. Lui, dentro di sé, si chiede quando l'ascensore arriverà finalmente al suo piano. Lei, invece, gli sorride a denti stretti a pochi centimetri dal suo volto. Sembra quasi ringhiargli come farebbe una leonessa con la sua preda, attendendo una risposta da parte sua. «Baciami, se ne hai il coraggio» gli dice lei sottovoce all'orecchio, annusandogli il collo proprio come farebbe un predatore. Lui suda ed immobile trema, riuscendo ora a riconoscere su di lei il profumo Marc Jacobs Daisy. Non una sola parola gli viene fuori dalla bocca in quel momento, senza tuttavia trovare il coraggio per baciarla davvero. 
Un sonoro tintinnio annuncia l'arrivo al piano e, con questo, l'uomo sussulta dallo spavento. Distoglie lo sguardo dagli occhi di lei, così forti, duri ma magnetici allo stesso tempo e con maldestra goffaggine tenta di allontanarsi da quella scomoda situazione in direzione dell'uscita. Lei lo guarda nel riflesso dello specchio mentre le porte dell'ascensore si richiudono ed, ora alzando il tono della voce per farsi sentire, esclama: «Peccato... In troppi si ostinano a voler guardare ciò che non sono pronti a vedere».

Il cosiddetto blocco dello scrittore.

Visualizzo, spesso, la mia mente come un imbuto. I pensieri vi passano all'interno fluendo in me. Capita, molte volte, che questi pensieri abbiano una densità piuttosto importante tanto da occludere, in qualche modo, l'imbuto stesso. Impedendo così il naturale drenaggio dei miei pensieri. Con il terribile risultato che nulla riesce più ad uscire. Questo porta inevitabilmente ad una fase stagnante del mio pensare.

Scrivere serve per me proprio a questo, ad evitare che i pensieri mi marciscano dentro. Purtroppo non sempre ci riesco o riesco a farlo come vorrei. Questo è uno di quei periodi in cui l'imbuto è ricolmo di un denso fluido, così denso da apparire immobile. 

Ho analizzato in un certo senso questa cosa che mi sta succedendo. 

Arrivando alla conclusione che è tutta colpa dell'autobiografia che sto scrivendo. 

Mi ci vuole del tempo.

Quanto mi piacciono le persone che hanno sempre le parole giusto al momento giusto o, meglio ancora, le citazioni più opportune per ogni situazione. 

mercoledì 8 novembre 2023

Comunicazione di servizio n°4

Comunicazione di servizio:


Come qualcuno, suo malgrado, avrà avuto modo di notare, sto scrivendo una mia piccola autobiografia su questo blog. Non è mia intenzione soffermarmi a lungo ed in maniera logorroica su determinati avvenimenti, episodi o ricordi che, invece, mi limiterò solamente ad accennare. Alcune di queste vicende sono state già trattate a lungo da me su questo spazio virtuale, delle quali ho scritto forse fin troppo ma, temo, continuerò a farlo. Altre, invece, le approfondirò in maniera più approfondita in futuro. 

domenica 5 novembre 2023

Da una vita, per una vita.

Giù per la tana del coniglio, 
Salvador Dalì

E, mettendoci un po' di moralismo, mi viene da mettere le mani avanti scrivendo immediatamente di quanto la vita sia bella, di quanto sia una gioia ed un dono da parte di qualcuno buono e misericordioso. 

Detto ciò, la vita, hai mai pensato a quanto sia in realtà inquietante?

Voglio dire, pensaci. Tu, un essere personale con una storia, delle attitudini, degli istinti e magari anche in grado di provare emozioni e sentimenti, sei un essere limitato nello spazio e nel tempo ed anche nella coscienza. Molto più semplicemente, per rendere meglio l'idea, potresti provare a visualizzare questo concetto vedendoti catapultato in una cosa che sarai costretto a chiamare "realtà" solo perché non sarai in grado di concepire "altro". 

A me dispiace molto ogni volta che mi ritrovo a pensarlo, il terrore graffia con le unghie la lavagna ed un brivido mi risale la schiena ma, purtroppo, va considerata l'idea che la nostra esistenza possa essere nulla di più che una trappola cosmica. 


Siamo stati sbattuti in questo posto alla nostra cosiddetta "nascita", senza che nessuno ci abbia interpellato e siamo in qualche modo "costretti" a starci, spesso anche involontariamente, per del "tempo". Allo scadere di questo tempo ne usciamo. Non "vivi", oltretutto. 


Non voglio ora toccare l'argomento "suicidio" (sempre mettendoci un po' di moralismo).

Ritengo sia paurosamente "facile" elogiare la vita. Io stesso, nonostante tutto, la amo. Molte cose mi incantano tutt'oggi ma la trappola sta proprio nel farsi incantare.

Natura morta. (esperimento flusso di coscienza)

Mi sono smarrito in posti che conoscevo bene, 

per poi ritrovarmi non so dove. 

Ho cercato riparo in luoghi che credevo sicuri,

senza tuttavia riuscire a trovare riposo. 

Ho parlato con gli abitanti di quel posto, 

cercando qualcosa di familiare oltre i loro sorrisi.

Vi ho trovato le mie stesse immotivate fobie,

celate da persone di ferro, così forti e coraggiose.

Parlano tra loro con parole per me vuote 

e dissonanti, rotte da sembrare quasi morte.

In questo posto il silenzio è disprezzato,

loro urlano, gridano e fanno un gran baccano.

Io muto cerco in loro di sentire una melodia,

ma questo chiasso tuona dentro ogni suono. 

Mi chiedo il ruolo di tanto coraggio e forza,

se il per me caro silenzio è segno di sola natura morta.

Lontano, lontanissimo.

 Una volta era mia prerogativa andar lontano 

andavo, a dirla tutta, lontanissimo.

Nei modi più disparati andavo e poi tornavo 

ogni volta sempre più stanchissimo. 

Senza muovermi eppur viaggiavo, viaggiavo e

la mia mente sempre più in là portavo. 

In un sol passo, sempre più da me mi allontanavo 

e se mi voltavo, già non mi sentivo più. 

Avvolto da densa nebbia al che non vedevo nulla 

se non l'aria calda che lasciava la mia bocca. 

Non un sol fiato in gola per chiamarmi,

nulla da fare: potevo ormai solo sfiorarmi. 

Così fuori da me che il mio respiro in lontananza

mi sembrava l'ultimo che dovessi esalare. 

Eppure infine sempre a me tornavo, ora stanco 

dopo quel gran girovagare in lungo e largo.

Eppure infine sempre a me tornavo, ora carico

di un bagaglio pieno di storie tutto da disfare.

venerdì 3 novembre 2023

Le ultime parole.

"Esistono posti dove si fabbricano lacrime per annaffiare e dar colore ai fiori delle emozioni, 
campi sterminati dove le anime si abbracciano senza motivo col sol pensiero di sentirsi vicine."

Cit. Un caro, vecchio, amico che si è dileguato. 


Ti dico, grazie.

giovedì 2 novembre 2023

Mal di testa.

Poggio la testa contro il tavolo di fronte a me. Sono molto stanco, il mio corpo mi chiede di lasciarmi andare al sonno ma, la mia mente, resiste. Mi dico che è solo per un attimo, solo un momento per chiudere gli occhi e riprendermi da questo forte mal di testa. Sento il sangue scorrere nelle tempie, le sento pulsare. Mi fanno male gli occhi. Potrebbe piacermi accendere una sigaretta, mi viene però la nausea al solo pensiero di dover aspirare fumo. Potrei vomitare. Le gambe sotto al tavolo, fino a questo momento irrequiete e agitate, ora si calmano rilassandosi tanto da non sentirle quasi più. Il peso della testa contro il mio braccio destro lo fa addormentare ed ora lo sento intorpidito. Ma la mia testa è talmente pesante che non ci penso nemmeno a spostarla. Sento le palpebre come macigni, stanno per chiudersi. Faccio resistenza ma non riesco ad oppormi. Cado così in un profondo sonno.

mercoledì 1 novembre 2023

"Amore".

Difficilmente parlo di amore, in questo blog. Raramente uso quella parola. Non so bene nemmeno io il perché di questa cosa. Scrivo di cose che conosco. Che conosco, non necessariamente che comprendo. Non voglio prendermi la presunzione di poter dire di aver amato tanto, fino a questo punto della mia vita. Probabilmente non so nemmeno come si faccia. Ho un'idea assoluta di "amore" in senso molto ampio. Ho però detto, fin troppe volte, "Ti amo" ed altrettante volte mi sono sentito "innamorato". Non posso tuttavia negare che mi riesca piuttosto facile provare del bene per qualcuno. Non mi è fino ad ora mai capitato di augurare qualcosa di diverso al mio prossimo, nemmeno al mio più temibile avversario. Ma come si sente l'amore? Come lo si misura? Quale parte di noi sperimenta questa emozione? Se avverto paura me lo ricordano le mie mani sudate, la mia tachicardia, le mie gambe tremanti. Ma l'amore? Cosa amiamo veramente dell'altro? E da cosa nasce questo così nobile sentimento? Perché sì, per come immagino io l'amore, dev'essere qualcosa di veramente molto elevato. Sarò petulante e ripetitivo nel dire che è davvero semplice amare l'idea che abbiamo di chi ci sta di fronte, piuttosto che l'individuo stesso nella sua essenza. L'idealizzazione è un delitto per l'amore. Tendiamo in questo modo ad abbracciare dell'altro solo ciò che rispecchia il nostro essere, è invece molto più complesso avvolgere qualcuno nella sua totalità. Ancora di più se l'altro non vuole esporsi, nella sua totalità. Amore è comprensione. Essere amati, e quindi compresi, significa esistere in noi e nell'altro che dice di amarci. Ed amare significa, di conseguenza, comprendere. Questo richiede uno sforzo enorme perché ci costringe a guardare la cosa amata da una prospettiva diversa da quella a cui siamo abituati, e non sempre più comoda, immediata o privilegiata. Gli amori più veri e puri, secondo me, sono quelli più silenziosi e che non richiedono attenzioni o quelli che non ostentano. Sperimentare l'amore dev'essere qualcosa di fantastico e veramente fuori dalla comprensione umana. "Comprensione", ho usato ancora questa parola. Dopotutto, come si potrebbe amare ciò che non si conosce?

L'infelicità è la forma che prende la consapevolezza dell'esistenza di altro.