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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

martedì 9 gennaio 2024

Un caffè in silenzio.

Di quel momento ricordo un rispettabilissimo silenzio, quasi piacevole. Come se non ci fosse stato bisogno di parlare, forse perché le parole erano finite o forse perché nessuna di loro si sarebbe rivelata adeguata. Semplicemente, c'era silenzio. Ed in quel silenzio stavamo bene. Anche davanti alla morte. Il dolore ti riporta al tuo posto: il volto basso, la voce rotta e gli occhi lucidi. E soffrire insieme ci fa sentire tutti sempre un po' più vicini, senza tuttavia doversi parlare a lungo e ad alta voce di cose senza senso. Senza la necessità di guardarsi negli occhi. Seza l'arroganza di volersi toccare. È bastato stare attorno allo stesso tavolino, sorseggiando un caffè così tristemente amaro ma sì, lo sai ache tu che infondo non eravamo lì per il caffè. No. Quel momento ce lo meritavamo tutti e, forse, abbiamo tutti vissuto interamente per quel singolo momento. Per godere, nel dolore, di quell'attimo di pace dopo la tempesta. Come una coperta calda che ti avvolge dopo una doccia nella stagione più fredda. Credimi se ora ti dico che in quel momento avrei voluto abbracciarti, forte. Non l'ho fatto in quella situazione e sono contento di questo, perché avrei sminuito e rovinato un'aria quasi sacra che era solo per noi.

Okay, ma com'è possibile?