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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

martedì 12 settembre 2023

Drammi epistolari.

Scrivo da diverso tempo. Mi è sempre piaciuto molto, oltre ad essere una efficace valvola di sfogo. Nel corso degli anni non ho scritto solo per me. Ho avuto diverse corrispondenze, principalmente online. Forse anche troppe (siamo nell'ordine delle centinaia e non esagero). Incontrare persone e conoscerle per mezzo della scrittura è qualcosa di fantastico, a parer mio. Sempre pensato che leggere una persona sia come sentirne la voce dell'anima. Crea un rapporto profondo. Non sempre genuino e autentico, ma sicuramente su un altro livello nel quale anche in una menzogna si riesce a cogliere una qualche verità. Lo scambio di lettere abbatte il muro della fisicità tra i due interlocutori, con tutte le sue implicazioni e conseguenze. Non è da poco. 
Da giovane ero piuttosto timido e lo scambio epistolare mi ha aiutato, forse, ad aprirmi. Ricordo con esattezza molte delle corrispondenze che ho avuto e tante delle persone che in questo modo ho conosciuto. 

Sara di Bergamo che voleva diventare una psicologa (e ci è riuscita!), Massimo da Crema, pensionato che amava tanto la fotografia paesaggistica, Alessandra da Roma (eravamo l'uno il beta reader dell'altra), Laura dal Piemonte che mi chiedo se sia mai riuscita a fare pace con sua sorella, Cristian da Torino che cercava in maniera così forte un'amicizia maschile, Francesca da Firenze che voleva tornare a vivere a Capo Verde, Andrea che mi scriveva prima da Parigi e poi da Berlino dal quale sto ancora aspettando uno dei suoi quadri (non pisciare più sulle mura di Versailles, bastardo! Dipingi!), Monica dalla Puglia che non voleva mai toccare discorsi di stampo spirituale, Paola di Agrigento la ragazza sulla sedia a rotelle che mi ha raccontato con tanta dedizione la sua vita. E tanti, tanti altri. 

E come sono finite? Vi starete chiedendo. 

Purtroppo sono uno stronzo. Il novanta percento delle corrispondenze le ho abbandonate, scomparendo nell'immotivato silenzio. Per il restante dieci percento, invece, sono stato abbandonato (giustamente). E va bene così in entrambi i casi (forse). 
Ma qualcosa resta sempre e no, non sono solo le parole, è molto di più. È la condivisione, è l'armonia, lo stabilire un contatto o pensare in sincrono un termine e vederlo comparire sul monitor proprio nell'esatto istante in cui lo visualizzi nella tua mente. Il raccontarsi, lo scoprirsi. Lettera dopo lettera, parola dopo parola. Come un romanzo scritto a quattro mani, una storia avvincente che ti tiene incollato alle pagine ma, che piaccia o no, ogni romanzo, ogni libro, ogni grande storia finisce; e lo fa sempre con una parola che, presa singolarmente, non è poi molto diversa dalle precedenti. Personalmente porterò qualcosa di ognuna delle persone incontrate, lette, alle quali ho scritto. Tutte. 

E a me sono sempre piaciuti i finali aperti.

Okay, ma com'è possibile?