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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

lunedì 22 maggio 2023

Conosci te stesso.

Mi trovo spalle al muro, davanti a me un lunghissimo corridoio. Non riesco ad intravederne la fine, sembra sconfinato. Al suolo una moquette color bordeaux, usurata, con qualche bruciatura di sigaretta qua e là. Un po' sporca e trasandata, malconcia. Le pareti son ricoperte da una carta da parati barocca color senape. Lungo il corridoio, su entrambi i lati, vedo porte a perdita d'occhio alternate soltanto a dei candelabri fissati alle pareti. Questi sono vecchi, alcuni non funzionanti, altri emettono luce ad intermittenza. Non ho nessuna idea di come io abbia fatto a ritrovarmi in questo posto, la sensazione è quella di averlo però già visto, non so quando. Non riesco a voltarmi, decido quindi di avanzare. Un passo dopo l'altro e subito mi accorgo che le porte sono numerate, vedo la porta numero uno e decido di aprirla, curioso di vedere cosa nasconde il principio. 

La maniglia è un po' dura, un vecchio pomello sferico d'ottone. Mi dico che questa porta dev'essere rimasta chiusa a lungo. Poi, con uno scatto, si apre. Varco timidamente la soglia, riconosco una culla al centro della stanza. La stanza tende all'azzurro. Mi avvicino alla culla. Mi sporgo per guardarci all'interno: è vuota. Un vecchio carillon pendente sopra di essa gira ancora, non emettendo alcun suono. Mi guardo attorno e vedo dei vecchi giocattoli, sembrano quelli di un bimbo. Lui, però, non c'è. Torno sui miei passi intristito, mi chiedo dove sia. Esco dalla stanza richiudendomi la porta alle spalle. Proseguo lungo il corridoio seguendo la numerazione delle altre porte. 

Decido di fermarmi alla porta numero otto. È un numero che mi è sempre piaciuto, mi ricorda il simbolo dell'infinito. Questa volta la maniglia della porta non c'è, non la vedo. Probabilmente questa porta può essere aperta solo dall'interno. C'è però un vecchio battacchio arrugginito al centro della porta, esattamente alla mia altezza. Lo faccio risuonare con forza. Sento dei passi provenire oltre la porta, all'interno della stanza, avvicinarsi. La serratura scatta e la porta viene aperta. Ho paura, non so chi potrei trovarmi di fronte. La porta si spalanca ma, all'interno, ancora una volta non vi è nessuno. Mi guardo attorno, questa stanza è una libreria. Giro tra gli scaffali, come fossi alla ricerca di un libro. Ce ne sono migliaia. Uno di questi, però, attira la mia attenzione. È l'unico con la copertina rossa, lo riconosco perché l'ho già letto. Lo rimetto a posto con cura e poi mi volto in direzione dell'uscita. Voltandomi vedo una scrivania, non l'avevo notata entrando. È lì, proprio in mezzo alla stanza. Una vecchia scrivania di mogano, con dei cassetti ai lati. Ne apro uno a caso, il primo alla mia destra. Vi trovo dentro una chiave e ne resto stupito. Decido di tenerla e me la metto in tasca. Prendo la porta ed esco, ritrovandomi nel lungo corridoio. 

Supero la porta numero dieci e continuo a camminare, decido di recarmi alla porta diciannove. Il giorno della mia nascita. Anche questa può essere aperta solamente dall'interno, c'è però a lato un campanello. Lo suono e, in quello stesso momento, sento salirmi un brivido lungo la schiena. Attendo. La porta non si apre. Sento un pianto lamentoso straziante, provenire dall'interno della stanza, oltre la porta. Resto in attesa ma la porta rimane chiusa. Urlo "Chi c'è lì dentro? Aprimi!" ed all'improvviso il pianto cessa. Poi dei passi, di corsa, li sento allontanarsi nella direzione opposta alla porta. Il silenzio. Resto deluso ed angosciato allo stesso tempo. Proseguo lungo il corridoio. 

Cammino a lungo, la fioca luce dei candelabri sembra affievolirsi mano a mano che mi faccio strada. Mi accorgo che c'è una porta particolare, diversa dalle altre. Non è numerata ed è socchiusa. Una flebile luce esce dallo spiraglio aperto. La spalanco e mi ritrovo in una stanza completamente bianca, luminosa e spaziosa. Così vuota che anche il mio respiro affannato riecheggia. Mi rendo conto che al centro vi è qualcosa sul pavimento ma non riesco a mettere a fuoco. Mi avvicino ed intravedo un piccolo scrigno e d'un tratto mi torna in mente la chiave che ho riposto nella tasca. Me ne stavo dimenticando. Decido di provare ad aprire lo scrigno con la chiave. Questa entra, la faccio girare e... clack! Si è aperto. Timidamente sollevo l'apertura del piccolo bauletto e dentro vi trovo un vecchio pezzo di carta ripiegato su se stesso. Lo apro. C'è una scritta: Nosce te ipsum

Okay, ma com'è possibile?