Ho già scritto e ripetuto fin troppe volte di quanto, secondo me, sarebbe angosciante la nostra esistenza se riuscissimo a contemplarla nella sua totalità da una prospettiva esterna ed oggettiva da quella a cui siamo abituati. Non voglio risultare petulante e soffermarmi adesso, ancora, sulla condizione umana. Ma possiamo considerare così la vita:
Vita è la condizione degli esseri viventi, cioè quegli organismi caratterizzati da un grado di complessità e organizzazione che consente loro di crescere e svilupparsi, di muoversi autonomamente, di autoregolarsi, di adattarsi all’ambiente, di reagire agli stimoli esterni e di riprodursi (v. animale, vegetale, umana). 2. Nell’uso comune, si chiama vita il periodo di tempo compreso tra la nascita e la morte di un individuo (le età della v. dell’uomo; [...] 4. l’esistenza come la si immagina dopo la morte (passare a miglior v.) [...]Treccani
Vita, intesa come:
Eṡistènza s. f. [dal lat. tardo exsistentia, der. di exsistĕre «esistere»]. – 1. L’esistere, l’esserci: l’e. di Dio, dell’anima, degli uomini, del mondo, delle cose; affermare, negare, provare l’e. di Dio, dell’anima, ecc.; accertare l’e. di un documento; può darsi che uno strumento di questo tipo ci sia, ma io ne ignoro l’e., non so cioè se esiste, se ci sia; scoprire l’e. di un complotto. Più propriam., nel linguaggio filos., il termine indica sia lo stato di ogni realtà in quanto è tale, sia, in senso specifico, lo stato della realtà che può essere oggetto di un’esperienza sensibile; per la filosofia dell’e., v. esistenzialismo. In matematica, si chiama teorema di e. una proposizione la quale dimostri che esiste almeno una soluzione per un dato problema, e teorema di e. ed unicità una proposizione la quale dimostri che la soluzione esiste ed è unica. 2. a. Vita, il fatto di vivere, o il tempo che dura o è durata la vita: l’e. terrena dell’uomo; la lotta per l’e.; avere un’e. felice; ha avuto un’e. travagliata; di uso com. e fam., rovinare, amareggiare l’esistenza. In senso più ampio: l’e. di una nazione, di un popolo, di una società. b. In psichiatria, doppia e., lo stesso, ma meno com., che doppia personalità (v. personalità).Treccani
È da alcune settimane che mi chiedo se non possa esistere una vera e propria fobia* dell'esistere.
*Fobìa s. f. [uso sostantivato del suffisso prec.]. – In psichiatria, disturbo psichico consistente in una paura angosciosa destata da una determinata situazione, dalla vista di un oggetto o da una semplice rappresentazione mentale, che pur essendo riconosciuta come irragionevole non può essere dominata e obbliga a un comportamento, inteso, di solito, a evitare o a mascherare la situazione paventata; prende nomi diversi a seconda del suo contenuto: agorafobia, claustrofobia, ereutofobia, ecc. Nell’uso com., la parola indica genericamente e iperbolicamente una forma di avversione istintiva o di forte intolleranza per qualche cosa: ho la f. dei viaggi in treno; anche scherz.: ho una vera f. per la matematica; ha un’assurda fobia di mangiare cibi non cotti.
Treccani
E non parlo della così ormai gettonata depressione e nemmeno del cosiddetto male di vivere o del male dell'anima. Ma di qualcosa di diverso. Un vero e proprio stato psicologico di angoscia dovuto al fatto di percepirsi, letteralmente, all'interno di un involucro come potrebbe essere il proprio corpo, sentendosi schiacciati dall'inquietante consapevolezza che saremo costretti a restarci per del tempo.