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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

lunedì 4 marzo 2024

La verità rende folli.

«Professor Smith! Si fermi, aspetti un momento!» dice ad alta voce il giovane Leon, agitando in aria un vecchio taccuino stretto nella mano. L'uomo, un professore universitario di matematica, si volta a quel richiamo. «Le è caduto questo dalla sua valigetta, tenga» continua lo studente porgendoglielo. A quella vista il professore sembra impaurito ed incapace di rispondere, scuotendo la mano in segno di rifiuto. «Prenda professore, lo stava perdendo» insiste Leon, ma lui continua e rifiutare silenziosamente poi, balbettando, risponde: «Io... ehm, ti ringrazio, ma puoi pure tenerlo se ti fa piacere». «Tenerlo, prof? Che cos'è? A lei non serve?» chiede incuriosito il ragazzo. Il prof, allontanandosi di fretta, conclude: «Non pensarci troppo!». Leon si ritrova con quel taccuino tra le mani, interdetto. Lo fissa qualche istante poi lo infila nella borsa a tracolla che gli scende sul fianco, infine continua la sua strada verso la biblioteca universitaria. 

La sala studio è pressoché deserta, se non per due studenti troppo assorti nel loro studio. Leon decide comunque di sedersi in disparte e lascia cadere la sua borsa sulla scrivania, prende posto e inizia a tirare fuori i libri per ripassare l'esame che lo attende il giorno dopo. Tra questi libri, il taccuino del professor Smith fa la sua comparsa alla vista di Leon, che lo afferra. Con fare discreto e riservato si guarda intorno per essere sicuro che nessuno lo stia guardando. Apre allora quel taccuino, sollevando la copertina. A primo impatto non gli sembra, quella, la scrittura del professor Smith. In bella grafia, con una penna stilografica probabilmente di alta qualità, compare al centro della prima pagina la scritta "Uccidimi". Sempre più curioso volta pagina per scoprire che i seguenti fogli sono tutti scritti anch'essi a mano, ma questa volta dal professor Smith. 

Intere pagine ricolme di apparentemente incomprensibili formule matematiche e calcoli estremamente complessi, se non altro lo erano per il giovane Leon che studiava più semplicemente filosofia. Aveva sempre detestato la matematica. Eppure pensò che il professor Smith doveva averci impiegato davvero molto tempo ad eseguire tutti quei calcoli. Tra una correzione e l'altra, quelle pagine presentavano alcune annotazioni a bordo facciata. "Ci sono quasi" oppure "Manca poco" erano alcune di queste. Sembrava che il professore stesse provando a raggiungere un determinato risultato. Bramoso di sapere quale questo fosse, Leon fa scorrere le pagine tra le dita fino ad arrivare all'ultima del taccuino convinto di trovare una risposta. Rimane però deluso quando si accorge che le ultime righe dell'ultima pagina si riducono tutte ad un'unico simbolo: l'infinito. 

Un paio di ore dopo, è arrivata l'ora per Leon di raccogliere le sue cose e rientrare a casa. Nel rimettere tutti i suoi libri nella borsa, qualcosa scivola cadendo al suolo e aprendosi: il taccuino. È impossibile per Leon non accorgersi che pero, adesso, le pagine sono completamente bianche, limpide, come se non fossero mai state scritte. Rimanendo così di stucco. Chinandosi lo solleva da terra e lo sfoglia velocemente partendo dal fondo fino alla prima pagina dove ora, al centro, compare scritta la data e l'ora di quello stesso momento: "19 Febbraio 1993, ore 11:35". Lo sguardo incredulo di Leon, fisso, immobile su quella scritta viene distolto solo quando il custode annuncia la chiusura della sala studio da lì a pochi minuti, per la pausa pranzo. Con cautela ripone quel taccuino nella borsa e, quando alza lo sguardo, si rende conto di essere rimasto l'unico in quella sala ormai vuota. 

Dopo pranzo, una volta rientrato a casa, Leon si siede alla sua scrivania con l'intenzione di studiare. Tuttavia il pensiero di quell'inquietante quaderno lo assilla. Lo estrae nuovamente dalla sua borsa e lo apre davanti a sé per dare un'altra occhiata a quella scritta misteriosa. Senza rendersi conto di quanto tempo sia passato. Dopo un po', il telefono squilla. Nadir, un collega universitario di Leon, lo stava chiamando: «Leon, ti disturbo?» chiede, ma prima ancora che Leon potesse rispondere, continua: «Il professor Smith, hai già saputo? È stato trovato morto questa mattina alle undici e trenta, cause sconosciute». Intanto, Leon, fissa immobile l'orario scritto sulla prima pagina del taccuino, insieme alla data. «Leon, ci sei?» chiede il collega, «Sì... Sono qui, ma devo andare» risponde lui chiudendo la telefonata. Pensieroso, ricorda la scritta che lesse la prima volta che guardò il taccuino perso dal professore: "Uccidimi".

La data e l'ora apparse successivamente, una volta entrato in possesso del taccuino, segnavano quindi il giorno e l'ora della morte del professore. Ma perché? Questa domanda ora martellava con insistenza nella mente di Leon. E per quale motivo c'erano quella quantità di calcoli matematici con relative annotazioni nelle seguenti pagine? A cosa stava tentando di arrivare il professore? Tutti quei calcoli si risolvevano poi in un infinito. Il professore non sembrava molto dispiaciuto di aver smarrito quel taccuino anzi, sembrava volersene disfare. Inoltre, aveva detto chiaramente a Leon di non pensarci troppo. Lui, però, ne era già ossessionato. Fissa quel taccuino che si trova sopra la scrivania proprio di fronte a lui, come a volerlo interrogare. «Cosa sai?» chiede Leon, stupendosi da solo di aver pensato ad alta voce e per di più rivolgendosi ad un taccuino. Un soffio di vento solleva la tenda entrando dalla finestra socchiusa, facendo muovere le pagine di quel taccuino davanti agli occhi increduli di Leon, quando i fogli scorrono fino all'ultima facciata, dove ora compare la scritta: "Tutto, se me lo chiedi".

Okay, ma com'è possibile?