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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

mercoledì 24 gennaio 2024

Odore di solvente.

Prendo una tela. È grande, bianca e pulita. La accarezzo con la mano, per verificarne la tensione. È molto ruvida sotto le mie mani. Penso che il colore vi si applicherà bene ma stenderlo a dovere sarà dura. Prendo una matita morbida, una riga ed inizio a tracciarvi sopra lo scheletro dell'immagine che è già nella mia mente. Ci ho riflettuto alcune settimane, prima di acquistare questa tela ed iniziare a lavorarci, ma ora eccomi qui a tracciare righe. Quelle orizzontali vengono tagliate perpendicolarmente dalle verticali. È una griglia. Ho disegnato una rete. La guardo da diverse angolazioni, penso che così potrebbe andare. Poi mi soffermo a pensarci su e mi dico che quella rete non è poi molto diversa dalla stessa alla quale siamo ormai sempre tutti un po' connessi. Una rete. Penso e ripeso. Mi viene poi in mente una trappola

Guardo quella rete, quella trappola, e non posso fare a meno di vederci dei quadrati. Dei quadrati perfettamente innaturali. Dopotutto, è impossibile trovare in natura un angolo di esattamente novanta gradi. Dev'essere quindi stata realizzata da un'intelligenza superiore. Ed ora che la guardo da una certa distanza, mi accorgo che non è molto differente da uno zoom dell'infinitamente piccolo. Come i pixel di un monitor, o i tasselli che compongono un puzzle più grande. Guardo quella rete e mi sento importante, bravo, quasi un dio quando mi accorgo che ho appena disegnato la struttura della realtà.

È adesso il momento di renderla reale. Prendo la mia tavolozza e miscelo il vermiglio con il cadmio, diluendoli con una goccia di trementina. Prendo un pennello da quattordici e raccolgo un po' di colore dalla tavolozza. Poi, molto lentamente, inizio a velare uno di quei quadrati che compongono la rete, stando attento a non uscire dal bordo che lo delimita. Con un po' di nero avorio poi, nella parte inferiore del riquadro, traccio a spatola un paesaggio di montagna, facendo in modo che appaia controluce sul tramonto appena dipinto. Ho ultimato il primo riquadro, il primo pixel, il primo tassello del puzzle. 

Do vita al resto dei riquadri della griglia che ancora si intravede a matita ed, in ognuno di questi riquadri, raffiguro a modo mio alcuni aspetti della mia realtà. Dopo il tramonto dipingo alcuni alberi, il mare, un dettaglio umano come l'occhio, corpi celesti nello spazio e, piano piano, il mio quadro diventa reale. Composto da tutti elementi universali per noi esseri viventi e di immediata comprensione. Faccio ora un passo indietro rispetto alla mia tela, per guardare il mio lavoro dalla giusta distanza. Guardo bene e mi accorgo che mi sono rimasti solamente due riquadri da riempire con la pittura. Sono vuoti. 

Ripercorro il sentiero che mi ha portato a questo punto del lavoro e mi ritrovo alla rete. Al singolo pixel. Penso subito ad un computer che altro non è se non un involucro vuoto senza un software che vi giri all'interno. La realtà che ho appena dipinto è la stessa che, una volta tracciata la struttura, mi ha fatto sentire come un dio. Ho tracciato dei riquadri perfetti, sto dando le migliori tonalità alla mia pittura con le più fini velature di colore. Un lavoro maniacale ai limiti del perfezionismo. Eppure, qualche errore, c'è e lo vedo. Un bug nel software. Decido quindi che quei riquadri vuoti saranno finestre oltre la realtà. E dietro un software che gira, c'è sempre un codice scritto. 

Riempio gli ultimi due riquadri con qualcosa che non ha nulla a che vedere con la pittura, con il colore e l'arte figurativa in generale. Ci metterò dei numeri, mi dico ad alta voce. Uno e zeri, fino a comporre un messaggio in codice binario. Questo messaggio conterrà la mia verità, la mia realtà oltre le più immediate immagini, al di là dei più luminosi colori. 

Mi convinco che chiunque guarderà il mio quadro, che alla fine risulterà sporco e malconcio come tutti gli altri, potrà scorgervi un tramonto, o una mare agitato, riconoscere un occhio umano o alcuni alberi, lo spazio cosmico ed altre scene di vita "reale". Ma quei due riquadri, sono una falla nell'intero sistema. Starà poi all'osservatore decidere se farsi imbambolare dalle immagini e dai colori del dipinto, che possano piacere o meno, oppure utilizzare quei bug nel sistema per uscirne ed ottenere così un punto di vista privilegiato sull'intera immagine.

Okay, ma com'è possibile?