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Tocca le mie ferite e credi nella mia sofferenza, non ho altro da dimostrare di ciò che è rimasto di una partita al gioco più folle al quale io abbia mai partecipato. Ma se hai pochi minuti da dedicarmi, ho una storia da raccontarti. Mettiti comodo.

venerdì 1 settembre 2023

Burnout.

Pochi anni fa, per alcuni mesi, ho lavorato per la più grossa azienda italiana di servizi postali. 
Facevo il postino. 
Mi viene da sorridere essere qua a scriverne perché, dovete sapere, sembra che quella del postino sia una posizione ricoperta di dovere da chiunque ami scrivere porcherie incomprese. Charles Bukowski è stato uno dei miei scrittori preferiti quando ero più giovane e lo apprezzo tutt'oggi anche se in maniera diversa. Ad ogni modo sì, dicevo, ho lavorato anche io come postino. 
Oggi faccio tutt'altro e sono rientrato a lavoro da pochi giorni dopo le ferie estive. Proprio l'altro giorno ero con un paio di colleghi alla macchinetta del caffè. Si parlava di esperienze lavorative passate e di me è venuto fuori che ho consegnato posta. I miei colleghi son rimasti stupiti, immaginando forse si trattasse di un bel lavoro, magari tranquillo. In una grande, solida e importante azienda che da molti viene considerata un'eccellenza italiana. Peccato che la mia esperienza in quell'ambiente abbia qualcosa di grottesco. 
Inizio turno ore otto del mattino. Non appena dentro l'ufficio postale venivo puntualmente accolto dal Direttorino (così lo chiamavano). Quasi sempre vestito con una polo, il più delle volte rosa pallido, con il colletto alzato. Jeans attillati con risvoltino che incoronavano un paio di terribili Hogan color bronzo. Sembrava inoltre che una delle sue mansioni da contratto fosse quella di reggere un bicchiere di caffè con la  mano. 
«Buongiorno ragazzo! Oggi una giornata tranquilla. È arrivata poca roba» il che era un avvertimento per prepararmi al peggio. «È una bella giornata, oggi c'è il sole.» 
Era il mese di Luglio, si sfioravano i quaranta gradi già alle ore dieci. 
La giornata lavorativa iniziava con la presa in carico della zona da coprire. 
«Allora, oggi c'hai come sempre la zona attiva però mi devi fare anche la Linea Evolution della zona spenta. In più ti chiedo di consegnarmi i quotidiani della 2A e qualche estera della 2B, me lo fai questo favore?» mi chiede il Dirrettorino in una mattinata come troppe, con una faccia da sberle come poche. Oltre a decine di pacchi di riviste, corrispondenze, prioritarie, estere, giornali e stampe inutili c'erano mai meno di un'ottantina di raccomandate. Questo implicava il dover stilare almeno una settantina di avvisi per tutto ciò che non veniva recapitato ai destinatari, una volta rientrato in ufficio. 
«Forza, forza, forza! Facciamo andare le mani!» continuava a dire incitando la sua squadra di portalettere tutta intenta a prepararsi ad uscire per il giro di consegna; quando poi torna a rivolgersi a me sottovoce: «Senti, oggi prendi lo scooter quello scassato, è l'unico disponibile». Io annuisco mentre sistemo la posta da portare fuori. 
Quello scooter era una trappola su due ruote. Una volta ci sono anche caduto. 
La giornata lavorativa in strada prevedeva la consegna della posta, ovviamente. I primi giorni con in mano una cartina stradale vecchia di almeno vent'anni. Il giro di consegna non si articolava solo in zone urbane, anzi, dovevo recapitare molta posta anche a cascine quasi abbandonate e diroccate. Ho fatto non so quanti chilometri in scooter scappando, rincorso da cani rabbiosi lasciati liberi in zone di campagna. In quei giorni faceva un caldo estremo, ed io ero vestito con abbigliamento pesante da lavoro. Praticamente restavo ogni giorno senza acqua, dovendo concludere il giro ai limiti della disidratazione. Una volta, avvertendo una sete estrema, ho dovuto bussare alla porta di una persona sconosciuta chiedendo dell'acqua da bere. Per fortuna incontrai una persona buona che mi diede un'intera bottiglia d'acqua fresca.
Almeno tre volte in pochi mesi lo scooter mi ha lasciato a piedi. 

Umanità zero. 
La cosa importante era fare i numeri. 

La mia missione sarebbe dovuta durare un anno. Abbandonai pochi mesi prima del termine. 
Ero in burnout totale. 

Schiavizzato per due soldi con l'illusione del posto cosiddetto "fisso". 

Ho lasciato questa grande occasione ad altri. 
Mi piace vederla così.

Okay, ma com'è possibile?